L’impiegato di banca di Buenos Aires Morán sogna un piano per liberarsi dalla monotonia aziendale: rubare abbastanza denaro per mantenersi con una modesta pensione, poi confessare e scontare la pena in prigione mentre il suo collega custodisce i soldi. Ben presto, sotto la pressione di un investigatore dell’azienda, il complice Román decide di recarsi in una località remota per nascondere la refurtiva. Lì incontra una donna misteriosa che cambierà la sua vita per sempre…
film edito solo in Versione Originale Sottotitolata
Los Delincuentes
Argentina/Lussemburgo/Brasile/Cile 2023 (180′)
Román e Morán, due modesti impiegati di banca di Buenos Aires vivono un’esistenza grigia, regolata dalla routine di un lavoro che non regala nessun tipo di emozione. Per questo Morán escogita un folle progetto: rubare dalla cassaforte della banca una somma equivalente al loro guadagno da qui fino alla pensione: “Meglio 3 anni e mezzo di galera che altri 20 dentro la banca”. Coinvolge nel piano Román, che dovrà preoccuparsi di nascondere una parte dei soldi fintanto che lui sconterà la pena in prigione. Ormai delinquenti, i loro destini sono legati. E il percorso verso la libertà ha inizio… Heist-movie atipico, commedia malinconica dall’andamento lento, Los deliquentes si prende tutto il suo tempo per costruire un racconto che –partendo dai nomi anagrammabili dei due protagonisti (Morán e Román) –ragiona sulle possibilità di una nuova esistenza in seguito ad un gesto che scardina l’ovvio. In quest’ottica rientra anche la scelta di far interpretare allo stesso attore (Germán De Silva) dapprima il direttore della banca e poi il famigerato boss “Garrincha” all’interno del carcere. Ma quello che interessa maggiormente a Moreno è ipotizzare il viatico verso la libertà incarnato tanto da un luogo quanto da una donna, Norma (Margarita Molfino), colta nella parte bucolica del racconto – ovvero quando il film sposta il suo raggio d’azione dal grigiore della metropoli ai colori caldi delle montagne della Sierra di Córdoba – e figura che finirà per amplificare il discorso sui destini legati dei due personaggi principali. Ovviamente non è semplice tenere desta sempre l’attenzione (…) resta viva però la coerenza di chi sceglie di abbandonare l’ovvio, la routine, per una visione differente. Per cavalcare verso l’orizzonte, verso la libertà. Dove sì, forse non c’è spazio neanche per l’amore.
Valerio Sammarco – cinematografo.it
I delinquenti conferma la vitalità attuale del cinema argentino come dimostrato da un complesso e a suo modo smisurato film come Trenque Lauquen di Laura Citarella uscito recentemente nelle nostre sale a oltre un anno di distanza. La storia è quella di un impiegato che un giorno decide di rubare denaro alla banca dve lavora e scopre che è conveniente farsi qualche anno di galera – tre e mezzo con la buona condotta – e poi sparire con il malloppo. L’obiettivo non è diventare ricco, ma quello di non dover più lavorare. Morán, questo il suo nome, coinvolge per necessità Román suo collega. Ma poi entrano in scena Norma e Morna, due sorelle che stanno girando un film con Ramón. Tra flash back e racconto del presente il film mostra tutte le sue potenzialità narrative per un finale inatteso e illuminante. I delinquenti diventa, dunque, un racconto di racconti e cinema narrativo, citando Mariano Llinás, necessariamente, qui di riflesso rappresentato dalla presenza della moglie Laura Paredes, già protagonista del film di Laura Citarella. Il film di Moreno semina tracce e apre sipari nella memoria, lavorando sui temi dell’amore e dell’innamoramento, ma soprattutto su quelli della libertà come bene prezioso della vita. In fondo Morán e tutti i suoi derivati, i personaggi suoi anagrammati, non sono che frutto di una straordinaria libertà narrativa e inventiva, frutto di una causalità che domina l’intera trama. Questo elemento, che Kieślowski ha raccontato così bene e che qui, nella sua versione argentina, diventa la traccia dominante di una visione che ha i toni del dramma e della commedia, del film di ispirazione romantica e del thriller, per un divertimento totale e appagante, proprio come nella vita, dove non si vive una sola dimensione, ma più di una e a volte contemporaneamente.
Tonino De Pace – sentieriselvaggi.it
In tutti i festival cinematografici, solitamente, arriva sempre un film fuori dai radar principali e che grazie al passaparola diventa in breve tempo l’evento “da seguire”: durante il Torino Film Festival 2023 questo ruolo è stato sicuramente ricoperto da Los delincuentes (I delinquenti), quarta regia di lungometraggio in solitaria per il cinquantunenne cineasta argentino Rodrigo Moreno. (…) Delineando un triangolo amoroso à la Jules e Jim, con Norma a personificare per entrambi gli impiegati la libertà, l’opportunità di una vita davvero differente, più vera e pura, Moreno scompone anche questo aspetto non mostrandoci mai i tre insieme ma sempre a coppie, come fossero continuamente versioni alternative, come se il terzo elemento non solo non fosse presente in quel momento ma non esistesse nemmeno. E tutto questo contribuisce a comporre una riflessione, paradossalmente ma nemmeno troppo, sull’unicità della propria esistenza, sull’importanza di non sprecarla e di rifuggire il grigiore delle giornate tutte uguali, impiegate esclusivamente a lavorare per il capitale. Un film (anche) politico, dunque, e un vero e proprio inno alle seconde occasioni: Morán e Román, in ultima analisi, sono delinquenti particolari, che non rubano indiscriminatamente ma l’esatta cifra che avrebbero guadagnato da lì alla pensione. Ad una vita rubata, la loro, rispondono con un altro furto, comprando letteralmente la propria libertà, non senza passare attraverso calvari complicati. Il film di Rodrigo Moreno, last but not least, è anche e forse soprattutto un film rivoluzionario.
Donato D’Elia – quinlan.it
Tortuosa e immaginifica come nella migliore tradizione della letteratura latinoamericana, la nuova regia dell’argentino Rodrigo Moreno mescola esistenzialismo e codici dell’heist movie, commedia e lirismo, banalità quotidiana e un raffinato gioco di sdoppiamenti narrativi. Nel mettere in scena una rapina in banca che è simultaneamente più realistica e più assurda di quelle che siamo abituati a vedere al cinema, Moreno affronta il tema della ricerca di libertà individuale, mettendo a contrasto il grigio dell’esistenza impiegatizia di città con una natura fuori dagli schemi e la sua promessa di un’esistenza diversa, a misura d’uomo e ricca di colori intensi. Due realtà opposte per due metà di film e due personaggi speculari, che tra l’ironico e l’onirico si incroceranno nel tentativo di compiere la traversata. In questo personale giardino dei sentieri che si biforcano, borgesiano è anche il tema del tempo, che Moreno si ritaglia in abbondanza (superando le tre ore di durata) per soffermarsi sui tempi morti. Quelli delle interminabili giornate in banca, per dar ragione a Morán che è più incline a farsi tre anni di galera che venticinque dietro allo sportello; e poi quelli ben più godibili della montagna, con i suoi panorami a perdita d’occhio e le sue possibilità, forse, di reinventarsi del tutto. Alla fine però il tempo è soprattutto quello che passa tra l’immaginare un piano e vederlo realizzato: se entrambi gli uomini arriveranno a destinazione, il tempo che passa li avrà cambiati prima che possano farlo loro. Moreno ne traccia il peregrinare con humor sornione e un’ombra di surrealismo, ma senza mai trasformarli in marionette del destino, e regalandogli anzi la dignità piena e rotonda del loro divenire. Un cinema dall’esistenzialismo radicato nell’umano, che sa respirare negli spazi ampi, e che batte piste non dissimili dal meglio della produzione argentina contemporanea, quella di Mariano Llinás (La flor) e Laura Citarella (Trenque lauquen). Il tutto sulle note di una pregevole colonna sonora di jazz e blues, che ci lascia – esterrefatti e malinconici – sulle note di Pappo e del suo interrogativo: adónde está la libertad?
Tommaso Tocci – mymovies.it