Nevia

Nunzia De Stefano

Nevia ha diciassette anni: troppi per il posto in cui vive e dove è diventata grande prima ancora di essere stata bambina. Minuta e acerba, è un’adolescente caparbia, cresciuta con la nonna Nanà, la zia Lucia e la sorella più piccola, Enza, nel campo container di Ponticelli.

Italia 2019 (86′)

Lux Padova Logo

   17 anni, orfana di madre e con il padre carcerato, Nevia dorme nel lettone con la sorellina Enza e la nonna Nanà. L’altra stanza è affittata ad una giovane prostituta. E quando per incrementare gli affari Nanà (che già custodisce i traffici di un contrabbandiere e del figlio di lui) organizza a casa gli incontri dell’affittuaria, le ragazzine vanno a dormire dalla zia Lucia. Che poi non è una zia nel vero senso della parola, ma quanto di più prossimo ad un affetto che resta a quelle due creature. Lo scenario è quello del campo container di Ponticelli, a Napoli, lo spunto autobiografico: Nunzia De Stefano esordisce alla regia con questo coming of age nel degrado e porta sullo schermo l’esperienza ambientale vissuta in prima persona quando, all’indomani del terremoto del 1980, lei bambina e la sua famiglia trascorsero dieci anni in quelle “case” di fortuna. In attesa di una casa popolare che poi non arrivò mai. Il film, prodotto da Matteo Garrone (ex marito della De Stefano), come da titolo è incentrato sulla figura della quasi maggiorenne Nevia (la deb Virginia Apicella), diventata grande prima ancora di essere stata bambina.
Stile asciutto e volontà anti-retorica, il film segue senza affanni (e senza particolari guizzi) il percorso cruciale di questa ragazza, bella ma decisa quasi a reprimere lo sbocciare della sua femminilità, tanto caparbia quanto ribelle. Ribellione mossa dalla convinzione che una possibilità di evasione da quel futuro segnato, dopotutto, deve pur esserci. Sarà l’arrivo di un circo a offrirle questa chance insperata. La cura quotidiana degli animali, un contesto “familiare” meno disfunzionale, uno spiraglio che si apre. Onesto nel cercare di non scivolare mai nel sensazionalistico, e tutto sommato sincero nel tentativo di inquadrare questa realtà totalmente al femminile (le figure maschili incarnano lo status quo malsano da cui provare ad affrancarsi, dal padre lestofante – assente anche a livello diegetico – ai due malfattori Peppe e il figlio Salvatore, quest’ultimo deciso a tutto pur di conquistare il cuore della ragazza), Nevia non aggiunge molto di più al già nutrito filone del nostro “cinema di periferia”, ma resta comunque il primo passo verso la ricerca di un sorriso più pieno. Come quello della protagonista, intenso e bellissimo

Valerio Sammarco – cinematografo.it

COMMENTO DELLA REGISTA:
L’adolescenza è il periodo decisivo e più controverso per la costruzione dell’identità e della personalità di un individuo. I ricordi della mia giovinezza appartengono ai dieci anni vissuti in un container nella periferia di Napoli, quando il terremoto degli anni Ottanta costrinse la mia famiglia a sfollare in un campo improvvisato, in attesa di una sistemazione adeguata. I giorni diventarono mesi e poi anni, ma la casa popolare non è mai arrivata e abbiamo imparato così ad adattarci a quella situazione drammatica, cercando di ristabilire una quotidianità e abituandoci a vivere dignitosamente anche con quel poco che avevamo. Le generazioni sono andate e venute, ma i campi container ancora esistono: si sono tramutati in un piccolo mercato immobiliare di serie Z, che offre spesso un tetto ai rifugiati di altre sfortunate realtà. Tuttavia, credo sarebbe limitativo ricercare solo nella mia autobiografia il valore di questa storia. Nevia è un racconto di formazione, la descrizione delle varie peripezie e dei tanti ostacoli che si frappongono tra una giovane adolescente e la conquista di una libera e matura consapevolezza di sé. Il contesto rappresenta soltanto lo sfondo di una vicenda che mira ad acquisire un significato universale. Nevia è una ragazza che combatte contro un destino che sembra già scritto, dalla famiglia o dalla società: è una Cenerentola moderna ma senza principe azzurro, che cerca con risolutezza il proprio posto nel mondo.

Nello scenario in bilico tra più rischi il punto di svolta arriva nell’incontro con il circo: qui Nevia inizia a intravedere l’ipotesi di un domani migliore. È ancora una volta lo strano e il meraviglioso che risolleva dalla miseria del quotidiano, disegnando una chiusura forse solo onirica (troppo facile dire: felliniana) ma che lascia comunque uno spiraglio. (…) Nevia a tratti esagera mettendo troppi nodi sul tavolo (il proprietario del circo), a tratti ottiene momenti di verità grazie al movimento riottoso e non riconciliato della protagonista.

Emanuele Di Nicola – spietati.it

È tutto incollato a Nevia, il film di De Stefano, e non è certo casuale il fatto che anche la videocamera la segua a strettissima distanza, quasi temesse a sua volta di essere seminata, lasciata indietro, resa inutile. Il problema è che se si esclude la verve della giovane interprete Virginia Apicella, che ce la mette davvero tutta per rendere carne e sangue un personaggio fin troppo scritto…

Raffaele Meale – quinlan.it

Lascia un commento