Il libro delle soluzioni

Michel Gondry

Mark è un regista squattrinato alle prese con un progetto alquanto problematico: nessuno infatti sembra voler credere nel suo prossimo film. Per lavorare in autonomia, sfuggendo alle rigidità della casa di produzione, l’autore prova a rifugiarsi da una sua vecchia zia con il gruppo di lavoro a lui più fedele per cercare di portare a compimento la sua opera. Autoritratto di un cineasta in lotta continua con se stesso: malinconico, imprevedibile, folle… 

Les livres des solutions / The Book of Solutions
Francia 2023 (102′)

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  A otto anni di distanza dal sottovalutato Microbo & Gasolina (2015), il regista francese Michel Gondry torna dietro la macchina da presa per firmare un altro progetto intimo e originale, forte di tutta la carica cinematografica visionaria e al tempo stesso originale a cui il cineasta ci ha da sempre abituati. Il libro delle soluzioni è probabilmente uno dei film più divertenti della carriera dell’autore: si ride dall’inizio alla fine e la narrazione fluida e lineare contribuisce a intrattenere il pubblico senza mai appesantire la visione. La storia ha degli echi autobiografici non indifferenti (un cineasta eccentrico che non riesce a trovare i fondi per il suo prossimo progetto), ma Gondry è capace di usare una vena autoironica sempre calibrata in grado di rendere la pellicola molto più fruibile e frizzante rispetto quanto potrebbe sembrare. Sono tanti i momenti riusciti, anche se alla lunga il progetto rischia di incartarsi un po’ e rendersi ripetitivo. Peccato inoltre che, al di là dell’ironia, il film presenti anche diversi passaggi più malinconici che funzionano egregiamente ma ai quali viene tolto il respiro più adeguato. In ogni caso Il libro delle soluzioni resta un titolo solare e genuino di cui difficilmente ci si potrà stancare.

longtake

   Il ritorno di Michel Gondry, otto anni dopo Microbo & Gasolina, coincide con un nuovo, gustoso comeback dello sceneggiatore-regista francese (premio Oscar per lo script di Eternal Sunshine of the Spotless Mind) sui lidi della commedia grottesca e paranoide, tanto cara anche al sodale di un tempo Charlie Kaufman (quante similitudini con il “loro” Ladro di orchidee qui…), ma anche dalle parti dell’inventiva del sottovalutatissimo Be Kind Rewind: Le livre des solutions (The Book of Solutions) – alla Quinzaine di Cannes 76 – è un irresistibile autoritratto di un regista in costante crisi con se stesso e con quei pochi che ancora resistono alla sua follia. L’inizio del film è folgorante: Marc (un gigantesco Pierre Niney) viene liquidato dai produttori del suo nuovo film in lavorazione, Anyone, Everyone, durante la visione del primo girato. Per evitare che siano loro a metterci le mani, scatta il “Piano B”: trafugare in fretta e furia tutta l’attrezzatura necessaria al montaggio finale e rifugiarsi da Parigi nella casa di campagna della vecchia zia, Denise, interpretata da Françoise Lebrun (a quanto pare è la vera casa della zia di Gondry, Suzette, alla quale il film è dedicato). Insieme a Marc la fidata montatrice Charlotte (Blanche Gardin) e l’assistente Sylvia (Frankie Wallach). Ma terminare quel film – cosa che verrà rimandata in continuazione – sarà solamente uno dei numerosissimi “progetti” che la mente del regista partorisce senza soluzione di continuità, tra intuizioni e vicoli ciechi entusiasmanti ed inquietanti.

Divertentissimo – di fatto si ride dalla prima all’ultima scena – e ricco di trovate sorprendenti, Il libro delle soluzioni è il “capolavoro” letterario di Marc (peccato si sia fermato al titolo però), alter ego dichiarato del Gondry prima maniera, che si libera degli psicofarmaci e diventa un fiume in piena di creatività folle e manie incontrollabili: dalla presunzione di ingaggiare un’orchestra per una partitura che ancora non esiste e che i musicisti dovranno eseguire semplicemente seguendo i movimenti del suo corpo (momento altissimo) alla richiesta di partecipazione di Sting (momento cult), passando per la costruzione di una sala montaggio all’interno di una cabina di un camion e di un frammento animato che renderebbe il film palindromo, l’opera di Gondry è l’autoritratto irresistibile di un uomo impossibile, di un artista geniale impossibile da ingabbiare nelle logiche di produzione di un cinema industriale, di un regista che alla prima del suo film supplica il pubblico di dirgli con tatto (o di non dirgli affatto, meglio) se lo stesso non è piaciuto, per sparire poi dalla sala attraverso un tunnel profondissimo scavato sullo schienale della poltrona. Ma è anche, e soprattutto, una dichiarazione d’amore alle persone che gli vogliono bene, che ancora ne sopportano gli eccessi e i cambi d’umore, che si prestano – come la zia – ad essere innaffiate per interminabili minuti per ricreare una scena sotto la pioggia o che sono costrette ad essere svegliate nel cuore della notte per prenotare studi di registrazione o rimontare il film partendo però dalla fine: “Una cosa che non ha mai fatto nessuno!” – “Evidentemente perché non è mai stata una buona idea…”. – “Idea, lo dice parola, è quando inventi qualcosa di nuovo”. Ecco, Michel Gondry, l’idea di un cinema che continui a sorprendere per libertà d’invenzione ed empatia nei confronti della follia.

Valerio Sammarco – cinematografo.it

Con The Book of Solutions, Gondry ritorna alla commedia e fa centro. Il dolore stempera nelle immagini costantemente esilaranti, disegnando il profilo di un uomo e di un autore sopraffatto dalla vita e dal suo stesso progetto. Inciampando in un improbabile caos tecnico, il protagonista è mosso da una vera passione e dal desiderio di creare qualcosa che gli somigli davvero. Il film si fa allora laboratorio analitico per Gondry che ritorna sulla sua depressione e documenta attraverso la finzione questa lunga pausa nella sua filmografia (…) Michel Gondry si spinge lontano con l’autoironia, offrendo al suo alter ego fittizio un incredibile terreno di gioco. Un playground che rivela una vocazione comica evidente e completamente sbrigliata. Vedere per credere. La sequenza in cui Pierre Niney dirige un’orchestra mimando una partitura inesistente col corpo, bilanciato come una bacchetta, è uno dei prodigi di questa ‘commedia bricolage’. Perché come ogni altro lavoro di Gondry, The Book of Solutions è un omaggio alla dimensione artigianale del cinema e a zia Suzette, la sua più grande ammiratrice. Nel film è interpretata da Françoise Lebrun, volto immortale di La maman et la putain e sguardo verde acqua che accarezza e consola…

Marzia Gandolfi – mymovies.it

 Quello di Gondry non è quindi mai stato un problema di idee, quanto piuttosto di confini. L’incapacità di porsi dei limiti, di mettere un punto e finalizzare un pensiero gli ha spesso fatto perdere il controllo della realtà e delle proprie opere. Con Le Livre des solutions sembra voler dichiarare di essere perfettamente consapevole di tutto questo e di non poterne fare a meno. Anzi, vuole assolutamente convincere tutti che in fondo sia giusto così. Esattamente come il protagonista che ignora completamente le esigenze e le indicazioni dei propri collaboratori, Gondry inonda lo spettatore di concetti, idee, trovate e costruisce un film dall’andamento anarchico, discontinuo e travolgente. D’altronde è lui il primo ad esaltarsi come un bambino di fronte alle invenzioni artigianali che esibisce senza freni, e questo (nel bene o nel male) non può certamente lasciare indifferenti. Quel che però è certo è che in un momento storico in cui abbondano i film che riflettono sul cinema, sul suo linguaggio, sul suo ruolo nel nostro mondo e nell’immaginario collettivo, lo sguardo di Gondry è uno dei più unici e forse anche interessanti. Perché arrivato a 60 anni e presentando un’opera che tira le somme di una carriera, non si fa nemmeno sfiorare dalla malinconia e mantiene l’entusiasmo di un esordiente. Fare un bilancio guardando sempre avanti e mai indietro è, oggi, una scelta quasi radicale. In un periodo in cui viviamo un costante riciclo di idee stantie, un vulcano in piena come il cinema di Gondry può avere davvero tanto da dare; forse più oggi che 10 o 15 anni fa. Perché l’idea di non voler mettere un punto alla propria opera quando ci sono ancora troppe idee da mettere in scena è tra i pensieri più belli che un regista può dedicare all’arte che ama.

Francesco Ruzzier – cineforum.it

Si potrà obiettare che il cinema di Gondry è questo e tende a ripetersi. Le livre des solutions rappresenta ancora invece le infinite variazioni dello stesso film. C’è il tentativo di salvare il cinema a tutti i costi ed ecco che ritorna ancora il tema della memoria che non vuole essere cancellata, da Se mi lasci ti cancello a Be Kind Rewind. Gli acchiappafilm, dove le vhs cancellate in un negozio di vhs diventano ancora quelle pagine bianche da riempire. Divertentissimo, malinconico, imprevedibile, folle. Ogni inquadratura è una sorpresa, uno scatto improvviso in un cinema alla ricerca di regole e la sua genialità è proprio non trovare la soluzione per scegliere altre strade. Potrebbe essere la possibile versione di Effetto notte in stop-motion in pura versione Gondry. Per Marc come per Ferrand/Truffaut il cinema è totale dipendenza.

Simone Emiliani – sentieriselvaggi.it

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