La nuova versione del romanzo di Erich Maria Remarque dimostra di non aver perso nulla della sua drammatica attualità e di saper parlare ancora al cuore e alle coscienze. Una guerra feroce, ma ammantata di retorica: nasce dietro parole ambigue come patria e onore, che nascondono un dolore concreto, carico di sofferenza. A farne le spese sono Paul e i suoi commilitoni, ragazzini trasformati in soldati prima ancora di diventare adulti che vivono sulla propria pelle come l’euforia iniziale per il conflitto si sia presto trasformata in disperazione e paura. Sono il simbolo di un’intera generazione spazzata via da un’insensata carneficina e per sempre perduta.
All Quiet on the Western Front
Germania/USA 2022 (148′)
4 OSCAR: miglior film internazionale, fotografia, colonna sonora, scenografia
È la terza versione cinematografica, dopo la prima celebre del 1930 di Lewis Milestone (coeva di West front di Pabst) e il remake del ’79 del grande e rinomato romanzo di Eric Maria Remarque che gli costò l’esilio in Svizzera dopo che i nazisti avevano bruciato in piazza il suo libro condannato per essere pacifista. Il romanzo fu pubblicato su un giornale alla fine del ’28 ed apparve come volume nel ‘29 in Germania con un enorme successo che lo fece tradurre in 32 lingue e un totale di vendite di oltre 2 milioni e mezzo. Ma la cosa non passò inosservata a Goebbels che mise all’indice il libro e lo bruciò in pubblica piazza il 10 maggio 33 (…) Il nuovo film di Edward Berger segue il libro e vede al centro un giovane studente di una città tedesca, Paul Baumer, che come i compagni, si fa convincere dai professori e dall’atmosfera ad arruolarsi in una guerra praticamente già persa, facendo leva sui concetti di onore e di amor patrio. Hanno tutti 19 anni e andranno incontro a una tragica fine: l’avventura bellica, disegnata quasi come una passeggiata nella Storia cheli renderà immortali, si rivela subito, la prima notte in trincea, una tragedia e poco alla volta i ragazzi cadono sul fronte francese non senza aver dato un ultimo sguardo a qualche ragazza del luogo.
Il film parla del cameratismo e dei pochi momenti pacifici della vita sotto le bombe, nel bunker della trincea o quando Paul e un amico vanno a rubare una gallina per sfamarsi. Coscienti di essere mandati al macello (come poi mostrerà Stanley Kubrick nel suo grande Orizzonti di gloria), i ragazzi vivono ciascuno a suo modo la lontananza dalla famiglia, dalla madre, dalla moglie e qualcuno dai bambini. Quello terribile in cui sono catapultati è un mondo da incubo e di inutile odio che non lascerà nessuno indenne e i cui ricordi si ripercuoteranno negli anni. D’altro canto il gioco dei potenti e dei generali si sviluppa cinicamente, dopo molti sforzi, fino a un patto di armistizio, che vede il crollo dei tedeschi, con 72 ultime ore di guerra, dopo le quali scoppierà finalmente la pace. Il libro e il romanzo sono ambientati fra il 1914 e il 18 ma nel film che segue il libro non ci sono interni nella casa di Paul, tutto si svolge qui ed ora nel buio della gallerie, fra scoppi delle granate, nel camminare fra i corpi senza vita e nel raccogliere le piastrine per l’identità dei caduti. Paul, cui naturalmente ci siamo affezionati perché è il più classico dei bravi ragazzi “internazionali”, morirà per ultimo e lo ritrovano col volto quasi sereno, dopo aver fatto il possibile per salvare un amico commilitone, entrambi, come tutti, derubati del futuro. Il film è molto coinvolgente ma non spinge troppo sul lato della facile commozione, cerca di raccontare la spinta dei falsi ideali, il clima prima della repubblica di Weimar, il disfacimento di una classe di ragazzi che si preparano alla vita e invece sono sbattuti nell’orrore, orrore, e che un cast perfetto rende nelle sue sfumature di tragedia e sensibilità col protagonista, Felix Kammerer in mezzo a un gruppo di giovani e bravi attori. Vale su tutto ancora una volta il messaggio per l’umanità reso ogni giorno più attuale e drammatico, in un film che riesce ad isolare, in 125’ di guerra atroce, anche i momenti pacifici e intimi dei ragazzi con se stessi e con gli amici, raggiungendo un insieme quasi sinfonico di toni che ci permette di essere ancora una volta spettatori di un evento passato alla storia. Quest’evento rivive sempre come fosse contemporaneo nella crudezza e nel cinismo dei suoi intenti da parte dei potenti che non considerano mai la vita dei singoli, ma li vedono solo come carne da macello, prova generale dei furori nazisti del III Reich.
Maurizio Porro – corriere.it
Niente di nuovo sul fronte occidentale si muove su due fronti, quello fisico del fango delle Argonne, della Champagne o della Somme, che esauriva i combattenti di entrambi i campi, saldati al suolo dai loro pesanti scarponi, e quello intangibile della retorica, accomodata nei salotti o nei velluti di vagoni con generali e burocrati votati alla follia. La follia di offensive e controffensive che si susseguono senza sosta ‘sul fronte occidentale’ per un crinale, un passaggio o più vanamente per qualche metro di terreno. Gli uomini attaccano e muoiono. Solo i vivi si spostano, riprendono la posizione e poi la perdono. Di quella generazione sacrificata da un’élite militare dissennata, riferisce il film di guerra antiguerra di Berger, riecheggiando le pagine di Erich Maria Remarque. Terza volta al cinema per il suo bestseller risolutamente pacifista sulla gioventù schiacciata dalla Grande Guerra.
Come i suoi soldati, Niente di nuovo sul fronte occidentale è affondato nel sangue e nel fango, nella disperazione e nelle note tormentate, quasi organiche, di Volker Bertelmann, un motivo lamentoso e minaccioso suonato con piano e armonium. Un ululato di dolore che sale dalla mortificante anchilosi delle battaglie, basate su motivazioni ben più astruse dell’allegorico conflitto del bene contro il male della Seconda Guerra Mondiale. La m.d.p. entra nelle piaghe delle uniformi feldgrau tedesche come in quelle bleu horizon dei francesi per mostrare la brutalità della vita al fronte, dove gli ideali di patriottismo e di nazionalismo si scontrano col mondo reale e tradiscono la loro scellerata natura di cliché. L’ardore pacifista di Remarque passa per le immagini di Edward Berger e per quel riciclo e ‘rammendo’ di divise che apre il film e vale più di ogni manifesto pacifista. Niente di nuovo sul fronte occidentale è un ‘romanzo’ d’epoca che resta scomodamente attuale.
Se il soldato protagonista (Felix Kammerer) è ‘ignoto’, è Daniel Brühl a interpretare Matthias Erzberger, diplomatico tedesco e leader socialdemocratico che firmò a Compiègne l’armistizio dell’undici novembre 1918. Il suo personaggio aggiunge al film una dimensione storica supplementare e assume ‘ufficialmente’ il punto di vista dei vinti. Quello sul campo appartiene invece a Paul Bäumer, giovane soldato che sognava Goethe e Schiller ma è morto in trincea per mano di uomini potenti e narcisi, ‘strateghi da bar’ dalla pelle sottile. Al sicuro nelle retrovie, ieri come oggi valutano la vita di un uomo meno dell’uniforme che indossa.
Marzia Gandolfi – mymovies.it