Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo

Lili Horvát

Marta, neurochirurga di 40 anni, si innamora perdutamente. Decide di lasciare una promettente carriera negli Stati Uniti e di trasferirsi a Budapest per iniziare una nuova vita con l’uomo che ama. Ma all’appuntamento previsto, lui non si presenta. Marta inizia disperatamente a cercarlo e quando finalmente lo trova, l’uomo le dice che non si sono mai visti prima…

Felkészülés meghatározatlan ideig tartó együttlétre
Ungheria 2020 (95′)
edizione originale sottotitolata
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  Opera seconda della ungherese Lili Horvát, Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo, è un film fuori dalle norme cui conviene lasciarsi andare senza cercarne un senso univoco. Neurochirurgo di fama, Marta rinuncia a una brillante carriera in America per tornare a Budapest, dove ha appuntamento sul Ponte della Libertà con l’uomo di cui è innamorata, un collega di nome Janos. Ma il suo grande amore dice di non averla mai vista né conosciuta. Poco a poco i ruoli si ribalteranno. Sospeso tra realtà e fantasticheria, sonno e veglia, un film misterioso e labirintico, che riesce a conservare intatto il suo potere ipnotico (quasi) fino alla fine.

Roberto Nepoti – La Repubblica

  Il secondo lungometraggio della regista ungherese Lili Horvát, presentato alle Giornate degli Autori, si apre con alcuni versi di Sylvia Plath (da Mad Girl’s Love Song) in cui la poetessa scrive “Sono convinta di averti inventato” (“I think I made you up inside my head”), che è esattamente il conflitto interiore che la protagonista Marta dovrà attraversare nel film. Ma una tonalità espressiva da poesia confessionale serpeggia in tutto Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo, racconto sussurrato sul crinale che separa ciò che la protagonista desidera e ciò che accade, ciò che proietta di sé all’esterno e ciò che diventa o è (già) reale, memoria e materia. Marta (Natasa Stork) è una neurochirurga con un’avviata carriera negli Stati Uniti, dove vive da vent’anni, che decide di tornare nel suo paese d’origine dopo che, a un congresso internazionale negli Usa, ha incontrato il collega ungherese Janos (Viktor Bodó). I due, stando al ricordo di Marta, si sono subito innamorati e si sono dati appuntamento a Budapest per rivedersi e, ragionevolmente, cominciare una vita assieme. Solo che Janos non si presenta all’appuntamento e, quando Marta lo raggiunge all’ospedale in cui lavora, le risponde di non conoscerla minimamente. Cos’è successo veramente? Preoccupata per il suo stesso equilibrio mentale, Marta si rivolge a uno psicologo cui dice che le era già capitato di proiettare nella realtà qualcosa che era solo nella sua immaginazione. Marta ha quindi sognato tutto? Ha solamente dato ascolto a un’allucinazione psicotica?

Pregevoli qualità di Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo sono una buona sceneggiatura (sempre della Horvát) in grado di gestire le ambiguità fino alla fine e una regia che riesce a mostrare naturalisticamente mantenendo sempre reticenza e vaghezza, indispensabili per il senso del film. Lavoro squisitamente autoriale, che ricorda le atmosfere di Christian Petzold e richiama alla mente anche Corpo e anima di Ildikó Enyedi, Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo mette in gioco una serie stimolante di domande e il suo principale punto di forza è di tenerle sempre vive grazie a un intelligente uso dello spazio e del tempo, e a un’organizzazione della narrazione lineare quanto frammentata, capace di restituire la percezione spaesata della protagonista, una donna decisa e forte che, pertanto, tende a soverchiare la realtà con la propria immaginazione ponendosi così in una posizione di fragilità rispetto al mondo. Nonostante sia una scienziata e si occupi a livello chirurgico – quindi molto materiale – del cervello umano, Marta dice di tenere in alta considerazione l’intuizione, facoltà talvolta considerata “regina” ma forse non nel nostro tempo, improntato a una lettura razionale dei fenomeni. Per Spinoza l’intuizione è la forma più alta della conoscenza, per Bergson è una facoltà in grado di cogliere le virtualità del reale, ciò che è inespresso ma è potenzialmente vero, per il costruttivista Jung è una delle funzioni psichiche fondamentali mentre verrebbe da pensare che nel contemporaneo l’intuizione sia relegata al campo della psichiatria o del pensiero magico.

Ma le storie d’amore esordiscono sempre con intuizioni e proiezioni, sono sempre una risposta a domande interiori o desideri inevasi e il cervello amoroso lavora naturalmente nello spazio del virtuale, perciò la trama fondamentale del film di Lili Horvát è una sorta di detection sulle richieste latenti della mente che si arricchisce via via di altre sottotrame (lo spaccato dell’ospedale ungherese in cui Marta finirà a lavorare, le attenzioni che le destina un giovane studente di medicina) capaci di non schiacciare Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo su un’unica nota e donargli anzi maggiore armonia, pur restando il film focalizzato sulla scoperta di una verità che Marta da sola non è in grado di ricostruire.
Il film risulta solido, preciso, ben calibrato e probabilmente il suo unico “limite” è la scelta di non portare l’interessante riflessione su un terreno più vasto, ragionando ad ampio raggio su come la sottovalutazione di funzioni mentali preziose impoverisca le vite anziché migliorarle o, d’altro canto, sulla relazione profonda tra cinema, temporalità e memoria. In ogni caso lo spazio che separa la triste fine di Sylvia Plath da un happy ending è più sottile di quanto pensiamo e per venirne a capo sani e salvi è fondamentale avere al proprio fianco un aiutante o abitare in un contesto che renda utili le “invenzioni” della mente. In questo senso il personaggio di Janos è non solo cruciale per lo svolgimento del racconto ma ben disegnato nel linguaggio di una ragionevolezza morbida e disposta ad aprirsi agli altri. Capelli scuri come l’ebano, la pelle bianca come la neve e le labbra rosse come il sangue, Marta è protagonista spaesata di una fiaba in cui la realtà si schiude al desiderio e la virtualità fa breccia nella solidità del mondo in un equilibrio difficile, in bilico sul vuoto, per un periodo di tempo sconosciuto.

Elisa Battistini – quinlan.it

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