Palm Trees and Power Lines

Jamie Dack

USA 2022 (114′)
SUNDANCE FILM FESTIVAL – premio regia, montaggio e sceneggiatura
TORINO FILM FESTIVAL – miglior film

 TORINO – Palme e linee elettriche, sentimenti spontanei e rapporti artificiosi… La giovinezza annoiata e disillusa che costituisce il quotidiano di Lea (Lily McInery) non può non lasciarsi ravvivare da una prospettiva d’amore che ridà un senso al suo vivere.

  Con i suoi coetanei Lea sopravvive tra chiacchiere alcoliche e sesso svogliato, poi una sera conosce Tom (Jonathan Tucker) che la toglie d’impaccio in un momento difficile, l’accompagna premuroso a casa, la ricontatta con un relazionarsi pudico e romantico. Non conta che lui abbia il doppio della sua età (trentaquattro contro diciassette) e che i suoi coetanei la prendano in giro perché sta con “un geriatrico”; per Lea, amareggiata dalla sconclusionata vita sentimentale della madre, è l’occasione per sperimentare un affetto maturo a cui affidarsi con fiducia.

Per raccontare tutto ciò Jamie Dack (che parte dal soggetto analogo di un suo corto del 2018) usa uno stile limpido e pacato e poggia uno sguardo radioso sui suoi due protagonisti, la cui relazione sembra alfine cullarsi dolcemente nelle spiagge assolate della California del Sud. Alcune avvisaglie stonate del vivere di Tom (senza una fissa dimora, con un lavoro non ben definito e una sessualità forse prevaricatrice) non bastano a far presagire lo squallore esistenziale e l’abiezione morale che si prospettano per Lea. Il suo corpo, aggraziato e avvenente, dovrebbe diventare, nei piani di Tom, la loro fonte di sostentamento economico… Nell’evolversi del racconto la svolta arriva senza una dirompente drammaticità, bensì con una “leggerezza” spiazzante sia per Lea sia per lo spettatore. Ed è ancor più nella reazione finale di Lea che Palm Trees and Power Lines lascia il suo segno sofferto e straniante. Il modo con cui la Dack inquadra la parabola emotiva della ragazza ben suggella l’amarezza dell’assunto: sempre trattenuta e sottovoce, sempre col bisogno di un sostegno, di una parete a cui appoggiarsi, di uno smartphone con cui tener vivo il suo disperato bisogno di comunicare. Una cruda fotografia adolescenziale per il cinema del presente.

Ezio Leoni – MCmagazine 78

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