Fairytale – Una fiaba

Aleksandr Sokurov

 

Skazka
Belgio/Russia 2022 (78′)

 TORINO – L‘arca russa, che nel finale di Francofonia sprofonda nel mare in tempesta, è approdata, in questo nuovo lavoro di Sokurov, in un mondo sotterraneo, un aldilà ricostruito sulla base dei Capricci di Piranesi e delle illustrazioni della Commedia di Dorè, dove si aggirano, in attesa di essere ricevuti da Dio per la sentenza finale, Stalin, Mussolini, Churchill e Hitler.

  Le riflessioni sui musei come contenitori della memoria dell’umanità (l’Ermitage ne l’Arca Russa e il Louvre in Francofonia) e quelle sul rapporto storia- potere della tetralogia (Moloch-Hitler, Taurus-Lenin, Il Sole-Hirohito e Faust) sembrano confluire in questa nuova sorprendente opera, in cui è lo stesso regista ad allestire una sua mostra personale , un’esposizione che si arricchisce di nuovi despoti, autori delle peggiori atrocità del secolo passato. Il film, già presentato a Locarno ed ora fuori concorso al TFF di Torino, è costato tre lunghi anni di lavoro al regista necessari per visionare un’immensa quantità di materiali di repertorio, dai quali ha “ritagliato” le figure dei quattro protagonisti, a cui avrebbe dato nuova vita, risemantizzandole, dando loro una nuova voce (ognuno parla nella propria lingua) e facendole muovere su degli scenari disegnati in chiaroscuro alla Piranesi. In un’atmosfera fatta di nubi, tuoni, tempesta, come quella che aveva fatto affondare l’Arca, il film si apre sull’immagine di due corpi distesi, Cristo e Stalin. Mentre il primo continua a giacere (la sua missione di salvare l’umanità non si è ancora conclusa? o è fallita?), Stalin comincia a muoversi e inizia il suo girovagare in cui incontrerà gli altri despoti in attesa che si apra la porta del Paradiso, una grande porta che non può non ricordare quella ejzenstejniana raggiunta faticosamente da Kerenskj in Ottobre e oltre la quale si intravede anche la figura di Napoleone (già in Paradiso?). 

In un paesaggio avvolto nella nebbia, fatto di architetture cadenti e contorte, villaggi abbarbicati su colli scoscesi, rovine, grotte, grovigli di radici e rami, su passerelle e ponti a strapiombo si muovono i quattro personaggi, silhouette illuminate in continuo movimento, tutte prese dai loro discorsi e indifferenti alle masse che stanno sotto di loro rappresentate da coacervi indistinti di persone o di cadaveri di soldati morti.

È una fiaba (fairytale) quella che Sokurov ha voluto raccontare, ma una fiaba che si muove lungo quella linea in cui comincia a mostrare il suo lato oscuro. I suoi fantasmi si trasformano in figure farsesche, che si sdoppiano, smarrendo l’identità. I loro discorsi “seri” (Dio, la politica, il comunismo, il fascismo) scivolano nella facezia, quasi nello sberleffo comico (Hitler che vuole prendere a calci nel sedere Churchill o Dio che dimostra apprezzamento per i cappellini della regina inglese). Ognuno di loro ripete una sequela di frasi, slogan, cliché. In una sorta di contrappasso, l’eternità che hanno raggiunto non è quella che bramavano in vita, ma un’eterna attesa e un eterno farneticamento.
Cosicché l’attenzione dello spettatore si sposta dalle parole ai volti, così ripetutamente mostrati, dai quali emerge un carattere ben preciso per ciascuno: l’astuzia di Churchill, la presunzione di Mussolini, il vuoto della follia di Hitler e soprattutto l’agghiacciante imperturbabilità di Stalin. Muovendosi su quel crinale sottile che separa la lucidità e la follia, ancora una volta il grande regista russo scandaglia la storia della civiltà umana con le sue contraddizioni, navigando nelle sue pieghe senza accontentarsi di facili letture, ma costringendo in qualche modo lo sguardo dello spettatore a distrarsi, a “divertirsi”, mettendo in discussione la fede in ciò che vede, la fede nel cinema stesso. Il Purgatorio rappresentato nel film, così come il cinema, è un luogo generato dall’ombra e popolato di fantasmi, in cui la Storia può essere riplasmata e le immagini possono essere dotate di nuova vita.

Cristina Menegolli – MCmagazine 77

Lascia un commento