Monica

Andrea Pallaoro

Monica torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza, ritrovando sua madre malata e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, per intraprende un difficile di trasformazione personale. Il ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono.

 

Italia/USA 2022 (113′)

Terzo lungometraggio, dopo Medeas e Hannah, di Andrea Pallaoro, regista italiano cresciuto professionalmente negli Stati Uniti, che torna nuovamente a esplorare l’universo femminile ma in questo caso lo fa con un’ambizione ancora più alta: Monica è infatti una ragazza transgender e si percepisce presto come abbia lasciato il nido domestico proprio a causa di questa ragione e della scarsa accettazione famigliare. Attraverso immagini ben confezionate e una messinscena rigorosa, entriamo lentamente all’interno della psiche della protagonista e di quelle complesse dinamiche relazionali relative ai legami del suo passato. Inizialmente il film fatica un po’ a carburare, ma cresce alla distanza riuscendo a toccare corde emotive molto profonde e a regalare una serie di sequenze in cui sono in scena Monica e sua madre decisamente commoventi. La trama nasce da un’esperienza personale del regista e si nota quanto il film sia sentito e personale: alcuni passaggi possono risultare già visti e un po’ convenzionali, ma il disegno complessivo è toccante, grazie all’eleganza della regia e alla grandiosa prova di Trace Lysette. Gli appassionati del cinema di Xavier Dolan noteranno alcuni passaggi musicali che richiamano direttamente le sue pellicole, a partire da Laurence Anyways, un modello per chiunque voglia trattare tematiche transgender sul grande schermo.

longtake.it

Può il silenzio, in un film, comunicare più delle parole? Può uno sguardo intrattenere più di un’azione? Se ultimamente si pensa che il cinema debba essere fatto di dinamicità, trame avvincenti e dialoghi abbondanti, il regista trentino Andrea Pallaoro rivoluziona del tutto questo approccio cinematografico riducendo la storia a una sequenza di sguardi, riflessi e poche parole. Tornato alla Mostra del Cinema di Venezia per la terza volta con il film Monica, il ritratto intimo di una donna che torna a casa dopo una lunga assenza, Pallaoro è in grado di affrontare, con estrema sensibilità e delicatezza, l’attualissimo tema dell’accettazione del sé, del non riconoscimento nel proprio genere sessuale e della forza necessaria per diventare esternamente chi si sente di essere dentro. Con un inusuale formato 1.2:1, che da un lato crea un voluto senso di claustrofobia e dall’altro fa entrare direttamente dentro la psicologia dei personaggi, Monica si impone come una vera e propria finestra sulla sensibilità umana, sulla paura del rifiuto, il trauma dell’abbandono, il riscatto e il perdono. Con un’interpretazione meravigliosa (che molto probabilmente le regalerà la Coppa Volpi), la protagonista del film, l’attrice trans, Trace Lysette si lascia andare a un’onestissima esplorazione delle emozioni umane con una naturalezza e compostezza che lasciano senza parole e la rendono un personaggio in carne e ossa e non solo la protagonista di una sceneggiatura ben scritta. Bellissima, diretta, vera, Trace è Monica, si trasforma in lei e, proprio come lei, ha dovuto affrontare, nella sua stessa vita, le difficoltà di un cambio sesso e il prediudizio di tutti quelli che non comprendono o accettano che possa essere possibile sentirsi di appartenere a un genere diverso da quello di nascita. Poetico, sofisticato, delicato, Monica è una vera e propria perla di Venezia 79, è un film che con i suoi silenzi entra dentro, scava nel profondo e non ha paura di mostrare cosa vuol dire essere “umani”.

Marianna Ciarlante – today.it

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