Elvis

Baz Luhrmann

Dai primi passi sul palcoscenico, fino alla precoce dipartita: la vita del Re del Rock and Roll in un vortice di successi ed eccessi, una grande avventura musicale condivisa, tanto nella trascinante gioia quanto nei momenti di difficoltà, con il suo storico manager Tom Parker. Il tutto mentre l’America vive uno sconvolgimento socio-culturale, segnato da storici cambiamenti.

 

USA/Australia 2022 (159′)

Lo stile barocco ed eccentrico del cinema di Baz Luhrmann è ormai un marchio di fabbrica. A cominciare dai titoli di testa, Elvis ingrana la marcia più alta e dichiara di non essere un progetto mirato a ricostruire vita, morte e miracoli di una delle celebrità più amate di sempre, quanto piuttosto un film che vuole ragionare sul concetto di icona (…) L’emozione e la potenza che nascono dalle sequenze canore perfettamente orchestrate dallo sguardo visionario di Luhrmann lasciano il segno, soprattutto nei cuori dei grandi fan della rockstar, e l’impressione di trovarsi di fronte a una rilettura autoriale di una biografia di grande impatto resta indelebile dall’inizio alla fine.

longtake.it

 

 

…Non poteva che deflagrare questo biopic dedicato a Elvis Presley, dilatato e dilaniato dentro a scossoni continui di montaggio, reclamizzando una propria audacia di orchestrare una vita talmente esagerata, e durata appena lo spazio di 42 anni, con altrettanta baldoria di immagini, perché forse, al di là di tutto l’apparato estetico su cui poggia il cinema di Luhrmann (e qui siamo perlopiù dalle parti di Moulin Rouge!), una vita così eccessiva non poteva che essere raccontata cosìì (…) Sfavillante nella ricostruzione storica, non restio a rappresentarne tutte le contraddizioni, la lettura del Mito di un cantante che ha venduto dischi come nessun altro, è una sorta di manifesto imponderabile di un fenomeno probabilmente non replicabile, non soltanto attraverso l’istinto, il carattere, la sfrontatezza (anche di richiamo sessuale: d’altronde Elvis the Pelvis) dell’individuo, ma anche di tutta una società (vengono ricordati omicidi celebri, dai Kennedy a Martin Luther King, fino a Sharon Tate) e un’industria che di quei miti sapeva (e sa) cibarsi senza sentimentalismi: e la parabola successivamente (auto)distruttrice porterà Elvis a una morte precoce. Percorrendone le tappe nel luccichio dorato ma sufficientemente prodromo di tragedia, Luhrmann costruisce un Elvis tra il vero e il possibile, divorato dai successi e dalle polemiche (le accuse di razzismo, l’appropriazione della black music, le accuse di esibizioni sul palco esplicitamente erotiche), destinando il celebre concerto di Las Vegas nel 1971, qui magnificamente ricostruito, a momento topico di una carriera e di una vita intera. Straordinaria l’interpretazione di Austin Butler, autentica rivelazione, mentre spetta a Tom Hanks dar vita al mefistofelico colonello Parker, il manager spregiudicato che si vanta a inizio film di essere l’unico inventore del Mito (non senza un po’ di verità), perché il talento da solo quasi mai basta…

Adriano De Grandis – Il Gazzettino

Strepitoso, ipnotico, ubriacante. La “versione di Elvis” di Baz Luhrmann è un magnifico ritratto-anti-biopic del grande rocker americano Elvis Presley. Un musical rock che trascina lo spettatore in un vortice di avventure su e giù dal palco, scalate di classifiche, eccessi, balli e pasticche. L’icona del “Re” viene rivelata tra verità e artificiosità. Di Elvis Presley emergono anche la cupa infelicità e la figura tragica dietro il sorriso bianchissimo….

Luca Bernabè – style.corriere.it

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