La macchina delle immagini di Alfredo C.

Roland Sejko

La storia di Alfredo C., operatore di propaganda del periodo fascista divenuto poi operatore cinematografico alla presa di potere del Partito Comunista. Per cinque anni ha così attraversato l’Albania con la cinepresa in mano, girando non solo la sua storia, ma anche quella di tanti italiani lontani da casa e impossibilitati farvi ritorno.

 

Italia 2021 (76′)


Trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E’ quello che succede nel 1945 a circa 27000 italiani tra reduci e civili che vengono letteralmente sequestrati dal nuovo regime comunista che prende il posto dell’occupazione fascista. La campagna d’Albania iniziata nel 1939 con 180000 soldati si trasforma nel 1944 in una vera disfatta con oltre 20000 morti. Tra le persone bloccate in Albania c’è anche Alfredo C operatore di macchina, prima al servizio della propaganda mussoliniana e dopo al servizio del Minculpop. Cambiano i regimi ma non cambiano i mezzi di ricostruzione e manipolazione degli eventi storici fatta dalla parte dei vincitori.


Roland Sejko, albanese trapiantato a Roma classe 1968, documentarista molto apprezzato (ricordiamo lo splendido Anija La nave) e direttore della redazione editoriale dell’Archivio Storico Luce, ricostruisce attraverso prezioso materiale d’archivio gli eventi di questo tragico periodo bellico. Pietro De Silva interpreta l’operatore impegnato attraverso il recupero del girato a ricomporre il puzzle degli eventi che lo hanno reso involontario protagonista. Non è solo un mettere in fila i ricordi ma anche interrogarsi sulle proprie responsabilità, sulla neutralità dell’occhio che guarda che si trasforma inevitabilmente in complicità. Attraverso le immagini in bianco e nero vediamo Mussolini parlare dal balcone di Piazza Venezia: ci sono diversi punti di ripresa, c’è una tecnica elaborata allo scopo di esaltare l’immagine del Duce in rapporto alla folla che lo acclama. E’ davvero una quantità enorme di persone, qualcuno agita le bandierine, qualcuno guarda in macchina, tutti alzano il braccio destro per il saluto romano.

Mentre lavora alla pellicola ed esegue le delicate operazioni di montaggio, Alfredo C-Pietro De Silva sembra interrogarsi sul proprio ruolo: come se il tripudio della massa festante per il sommo condottiero lo riportasse ad analizzare la posizione morale della sua macchina da presa. Quando vediamo le rovine della città di Butrinto saccheggiata dalle preziose opere d’arte di epoca greco-romana proviamo disagio cosi come quando vediamo le fila dei nostri soldati che occupano il territorio e costruiscono strade per raggiungere la Grecia. Ed il dolore di Alfredo C diventa il nostro dolore quando vediamo le immagini del monte Golico che diventerà la tomba ghiacciata di molti dei nostri militari. Quando la neve si scioglierà gli scheletri scorreranno lungo il fiume come in un quadro dell’Apocalisse. E poi ci sono quei 18 metri di pellicola mancanti, quella censura governativa sempre in agguato: sono le impiccagioni e le fucilazioni di italiani e albanesi da parte della nuova dirigenza stalinista. Niente di nuovo sotto il sole: cambiano le dittature ma non cambiano i metodi.


Diretto con grande rigore filologico, interpretato magistralmente da Pietro De Silva, La macchina delle immagini di Alfredo C non è un semplice racconto di un periodo storico doloroso ma anche una spietata analisi sulla posizione etica di chi registra gli orrori della storia senza riuscire a modificarne il corso. La stupenda malinconica musica di Riccardo Giagni sottolinea come certi ricordi possano essere un fardello molto pesante da sopportare: fare in modo che non vadano perduti significa fermare lo scorrere inesorabile del tempo. Alfredo C guarda allo specchio il suo viso segnato e invecchiato da quello che ha visto. Ma non importa, ricomincia a girare la manovella e a testimoniare l’orrenda follia di qualsiasi guerra.

Fabio Fulfaro – sentieriselvaggi.it

 

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