Quattro episodi, variazioni del tema della responsabilità individuale all’interno di un sistema di stato pervasivo e liberticida dove la pena di morte viene applicata massicciamente. – La vita famigliare quotidiana di Heshmat nasconde un segreto. – Il giovane Pouya, in servizio militare in un carcere, si trova a dover applicare un’esecuzione capitale. – Javad, un altro soldato, in licenza nel suo villaggio natale è sconvolto dalla morte di un amico delle fidanzata – Il medico Bahram ha deciso di incontrare per la prima volta la nipote per rivelarle un segreto.
Sheytan vojud nadarad / There is no Evil.
Iran 2020 (150′)
È una versione di Bella ciao legata al lavoro delle mondine quella cantata da Milva che, nel film di Mohammad Rasoulof, va a sottolineare il bisogno di liberarsi da un particolare lavoro in uno Stato che prevede ancora la pena di morte. Il cinema iraniano, anche quello di grande valore artistico e tematico, è rimasto quasi sempre legato a situazioni e condizioni locali. Solo l’emigrazione ha permesso ad alcuni registi (ad esempio Asgar Farhadi) di allargare i propri orizzonti. In questa occasione Rasoulof, restando forzatamente in patria in seguito a una sentenza che lo considera “propagandista contro il governo islamico”, realizza un film che andrebbe acquisito dalle distribuzioni di tutto il mondo e, in particolare, da quelle dei Paesi che conservano nella loro legislazione la pena di morte.
Perché le quattro vicende che mette in scena in capitoli separati, aventi un loro titolo specifico, affrontano tutte il tema seppur da prospettive diverse e con grande efficacia narrativa. Rasoulof dice che un giorno ha visto casualmente in strada uno dei suoi persecutori del passato e si è messo a seguirlo con l’intenzione di affrontarlo verbalmente in modo molto duro. Ma, prima di farlo, si è accorto dai comportamenti dell’uomo che non era un mostro ma che lo Stato repressivo lo aveva indirizzato in modo tale che il suo lavoro ne garantisse la continuità illiberale.
I dilemmi morali che attraversano (o non attraversano) i personaggi sono universali e sanno parlare al cuore e alla mente di chi ha voglia di interrogarsi sul diritto (o meno) di sopprimere vite umane in base alle direttive di uno Stato che fa della repressione della libertà di pensiero di uomini e donne il proprio vessillo.
Giancarlo Zappoli – mymovies.it
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Quattro episodi interconnessi sul tema della responsabilità personale davanti a leggi disumane, e sulle conseguenze di questa disumanità per chiunque ne venga in contatto. Ancora una volta il cinema iraniano rivela la potenza antica del racconto nel trattare argomenti delicati con profondità e saggezza, senza mai mettere da parte l’umanità dei singoli e la complessità delle scelte con le quali sono chiamati a confrontarsi.