Ezio Bosso. Le cose che restano

Giorgio Verdelli

Un film evento per entrare nel mondo dell’artista che ha fatto dell’amore per l’arte la sua ragione di vita.


Italia 2021 (104′)

Ezio Bosso è stato e sarà sempre una fonte d’ispirazione. “Una presenza, non un ricordo” racconta Giorgio Verdelli, regista del documentario dedicato al musicista e compositore scomparso nel 2020, al suo amore per l’arte vissuta come disciplina e ragione di vita. Come in un diario, sono le parole dello stesso Bosso, attraverso riflessioni, pensieri e interviste, a condurre lo spettatore nel suo mondo. E alle sue parole non poteva non affiancarsi la sua ‘seconda voce, la musica, oltre alle testimonianze di amici, familiari e collaboratori.

Ezio Bosso – Le cose che restano di Giorgio Verdelli è un ritratto cine-musicale potente, sentito, mai didascalico e al contempo molto pudico (nel racconto della malattia) sulla vita, l’arte, l’estrema umanità di Bosso. Tra le parole di amici, colleghi musicisti e conoscenti, ma anche dalle interviste al protagonista stesso prima della sua scomparsa lo scorso anno, emerge in filigrana la personalità incontenibile, rock’n’roll, al contempo poco e molto terrena dell’artista. Verdelli, regista del film e già di Paolo Conte – Via con me, riesce a ripercorrere efficacemente la carriera di un musicista sempre eclettico. Dagli esordi con la band torinese degli Statuto fino alla carriera come pianista, contrabbassista, compositore e direttore d’orchestra (reinventò spartiti di musica classica, trovando un tempo e un respiro inimmaginabili come per esempio una lentissima e poetica versione della Sonata al chiaro di luna di Beethoven). E ancora: le musiche per il cinema di Gabriele Salvatores (Io non ho paura, Quo vadis, Baby? e Il ragazzo invisibile). La partecipazione a Sanremo, già malato, fu un lampo “rock” in una serata (tele)ingessata. Ascoltiamo anche un pezzo inedito, lo struggente Things That Remain, che dà il sottotitolo (italiano) al film. Bosso riusciva a comunicare ed empatizzare con chiunque: «In ogni città portava il suo mondo, diventando subito amico di tutti», osserva la sua fidanzata. Il documentario mette bene a fuoco anche questo aspetto della personalità dell’artista intervistando le persone più diverse. Da Salvatores e Silvio Orlando (furono grandi amici e hanno anche realizzato alcune performance insieme) a Carlo Conti, da Paolo Fresu ad Alessio Bertallot.

Luca Barnabé – rollingstone.it

 

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