Un omaggio emozionante ad una personalità indimenticabile, un docufilm ricco di testimonianze e ricostruito anche grazie ai suoi diari. Un labirinto di immagini, personaggi, parole, frasi e ricordi, un dedalo di strade che si aprono in un racconto che appassiona ed emoziona, modificando attraverso il fascino del cinema la percezione del presente.
Alida Valli: In Her Own Words
Italia 2020 (104′)
Un labirinto sembra aprirsi dentro le immagini di questa cangiante e mirata biografia per immagini di Mimmo Verdesca, già selezionata per l’ultima edizione regolare del festival di Cannes. Un labirinto di immagini e parole, ma soprattutto di silenzi, quei silenzi che l’ancora non attrice Alida Valli, Alida Altenburger, istriana di Pola, viveva nella sua famiglia e poi lei così sensibile proprio a quella silenziosa comunicazione familiare, si sarebbe diretta, d’istinto, verso la recitazione che restava come uno sfogo, un lungo pianto a dirotto, come avrebbe detto più tardi, su quei palcoscenici dove la parola resta il centro dell’espressione artistica.
Verdesca, sin da subito, traccia il profilo di Alida Valli, ne delinea i contorni, da subito emerge dalle immagini, quella figura di attrice lontana da ogni glamour per essersi dedicata con passione e una innata e riservata eleganza al mondo dello spettacolo. Aveva solo 16 anni quando comparve nei primi film di quella fiorente industria italiana che era all’epoca il cinema, ma al contempo, con il passare degli anni non smise mai di tenere da parte e gelosamente la propria vita privata, la famiglia d’origine e quella che si era formata. Acquista via via la sapienza la vita di Alida Valli e cominciava a prendere i contorni di quella che sarebbe diventata, quelli di una donna che viveva il suo mestiere come necessario completamento della propria esistenza. Diva e non diva, mamma e nonna, amante appassionata e attrice poliedrica e convintamente dedicata alla scena teatrale e cinematografica fino alla tarda età, Alida Valli/ Altenburger ha segnato con questi tratti una presenza centrale nel cinema e nel tetro italiano.
Forse la figura artistica di Alida Valli è rimasta un po’ in ombra, surclassata come è stata dalle dive vere e proprie che il cinema italiano ha messo in luce (Sofia Loren, Anna Magnani…), dalle antidive (Silvana Mangano…), da quelle attrici la cui prorompenza superava anche le qualità. Alida Valli già depositaria di quel cinema detto dei “telefoni bianchi” ha attraversato le mode e i tempi, da Soldati a Giuseppe Bertolucci, da Neufeld a Pasolini e Hitchcock, passando per il teatro di Moravia e il cinema italiano degli anni 2000 fino al 2006. Un percorso artistico davvero invidiabile, sorretto da una ferrea volontà anche quando gli accadimenti sembravano dovessero fermare la sua vita artistica.
Tonino De Pace – sentieriselvaggi.it
A Hollywood, dove gli Studios consideravano di loro proprietà gli attori sotto contratto, la chiamarono Valli, presentandola al pubblico americano col solo cognome (stessa sorte toccò poi ad Annamaria Pierangeli, ribattezzata addirittura Pier Angeli) ma per noi è semplicemente la meravigliosa Alida, come si intitola giustamente il documentario a lei dedicato, frutto della passione del regista Mimmo Verdesca e del nipote dell’attrice, Pierpaolo De Mejo, che alla celebre nonna aveva già dedicato un lavoro – Come diventai Alida Valli – nel 2008, due anni dopo la sua scomparsa. Dopo questo precedente e più breve film (da cui sono crediamo tratte le interviste a personaggi che nel frattempo ci hanno lasciato, come Bernardo Bertolucci e Piero Tosi), arriva oggi a pochi mesi dal centenario della nascita dell’attrice – il 31 maggio 2021 – un lavoro molto più completo e internazionale, che coinvolge non solo i materiali del ricchissimo archivio dell’attrice, lettere e diari che speriamo di vedere magari l’anno prossimo in una pubblicazione e in mostra, letti per l’occasione dalla bellissima voce di Giovanna Mezzogiorno, per certi versi simile a quella di Alida Valli, ma anche testimonianze inedite di Charlotte Rampling, Margarethe Von Trotta, Marco Tullio Giordana, Vanessa Redgrave, Roberto Benigni, Thierry Frémaux e molti altri che hanno meritato a questo bel lavoro il marchio di Cannes Classics.
Alida arriva arriva al cinema e speriamo che a vederlo siano in tanti, anche tra i più giovani, perché Alida Valli – come emerge dal film, anche attraverso i brani delle sue interviste con Enzo Biagi, Vincenzo Mollica, Gigi Marzullo, Paolo Limiti, Mara Venier, e nelle varie ospitate televisive in Italia e all’estero, è stata non solo un’artista eccezionale, ma anche una donna volitiva e coraggiosa, fragile e dura, dotata di grande sensibilità ed estremamente generosa, innamorata della famiglia e del lavoro, strepitosamente bella ma noncurante dell’aspetto esteriore. La sua apparente ruvidezza era in realtà la corazza di una ragazzina cresciuta nel silenzio, ferita poi molte volte dalla vita e che nella recitazione trovava libero sfogo, libertà e forse anche oblio, immergendosi completamente e senza sforzo nel personaggio. Ma era anche ipercritica verso se stessa, come racconta nelle sue lettere all’epoca de Il terzo uomo di Carol Reed, in cui offre una performance memorabile ma dove dice di non sentirsi abbastanza capace, forse per il fatto di dover recitare in inglese. E in inglese (imparato foneticamente senza parlarlo per Il caso Paradine di Alfred Hitchcock) recita perfettamente, così come in francese (al cinema e a teatro) e in spagnolo.
Di famiglia aristocratica di istriani italiani – il suo nome vero, completo di titolo nobiliare è Alida Maria Altenburger von Marckenstein und Frauenberg – Alida Valli eredita probabilmente l’orecchio musicale dalla madre pianista, anche se si sentirà sempre più vicina al padre, filosofo e critico musicale, che perde troppo presto, ed è il primo dei suoi grandi dolori, con la morte del primo fidanzato, un pilota, durante la guerra. Trasferitasi a Roma, inizia a 15 anni la carriera di attrice, anche se inizialmente non riesce a ottenere la borsa di studio al Centro sperimentale di Cinematografia nato un anno prima di Cinecittà, inaugurata da Mussolini nel 1936. Fresca, spontanea e gran lavoratrice, Alida diventa una star del cinema dei cosiddetti “telefoni bianchi”, lavora con Amedeo Nazzari e Osvaldo Valenti, interpreta film di grandissimo successo come Mille lire al mese e Ore 9: lezione di chimica e rende popolare la canzone “Ma l’amore no”. Mario Soldati intuisce la sua versatilità e la sceglie per il ruolo drammatico della madre in Piccolo mondo antico. Alida Valli non aderisce mai al fascismo ma la sua enorme popolarità e bellezza la rendono cara al regime, che vorrebbe annoverarla tra i suoi. Quando viene chiamata a Salò, Alida si nasconde. Dopo la guerra e il matrimonio con Oscar De Mejo arriva l’esperienza di Hollywood, da dove, dopo aver interpretato diversi film di successo, insofferente delle imposizioni di David O. Szelnick, il produttore di Via col vento che l’ha messa sotto contratto per 7 anni, torna in Italia pagando una salatissima penale.
Luchino Visconti le offre il ruolo della contessa Serpieri in Senso, che lei recita con grande passione mentre fuori dal set sta vivendo un altro dramma. Proprio per questo prende una pausa dalla recitazione, ma ben presto riprende. E così via fino agli anni Duemila, con i figli, i nipoti, il teatro, i lavori con i francesi Chereau, Clément, Vadim, Robert, Franju, e i nostri grandi, Pasolini, Pontecorvo, Bertolucci (in Novecento e La luna), Antonioni (Il grido) le due straordinarie interpretazioni da cattiva in Suspiria e Inferno di Dario Argento, fino alla coraggiosa scelta di accettare il ruolo della gioiosa, carnale e molto scurrile mamma di Roberto Benigni/Cioni Mario in Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, di cui vediamo una bella scena introdotta dalle toccanti parole dell’attore.
L’ultimo film, Semana Santa di Pepe Danquart, è del 2002, poi Alida Valli si trova in difficoltà per svariati problemi fisici e nel 2003 (il film sorvola su questo triste particolare) deve usufruire della Legge Bacchelli, il vitalizio assegnato “ai cittadini italiani, di chiara fama, che abbiano illustrato la patria con i meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia, del lavoro, dello sport e del disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari che versino in stato di particolare necessità”. Ma, come la ricorda bella e sorridente sulla riva del mare a Fregene il nipote Pierpaolo, così vogliamo ricordarla noi alla fine di questo bel documentario: come la nonna che tutti vorremmo avere avuto, la mamma bella e impegnata, la ragazza a cui tutte noi brutte anatroccoli avremmo voluto assomigliare, l’amica con cui ridere e parlare senza complessi. Coi suoi grandi e ipnotici occhi azzurri, la sua bellezza acqua e sapone così poco italiana e molto nordica, la risata luminosa e la voce calda e profonda, Alida Valli è stata unica e noi che amiamo chi ci fa sognare dal grande schermo ancora la rimpiangiamo. Possiamo per fortuna trovarla al cinema con Alida e conoscere meglio, anche nei suoi lati meno noti, questa donna speciale, diventata un’icona suo malgrado, pur senza essersi mai sentita diva.
Danila Catelli – comingsoon.it