Tensione superficiale

Giovanni Aloi

Michela è una ragazza di trent’anni. Insoddisfatta del proprio lavoro di receptionist in un hotel sul lago di Resia che le permette di vedere di rado suo figlio decide di dare una svolta alla propria vita. Varca così il confine con l’Austria per lavorare come prostituta nei weekend. Non appena però in paese si sparge la voce del suo nuovo lavoro, tutta la comunità le si rivolta contro isolandola e perseguitandola. Michela reagisce e si scopre così una donna forte capace di autodeterminarsi e salvare la propria famiglia.

Italia 2020 (86′)

Quando mi sono imbattuto in un’intervista ad una ragazza italiana che varca il confine ogni giorno per prostituirsi, all’insaputa dei suoi amici e della sua famiglia, ho immediatamente intravisto un enorme potenziale cinematografico in questa vicenda. Qualche mese prima, inoltre, destino volle che mi trovassi proprio nella zona al confine tra Italia e Austria, sul lago di Resia: è un luogo incredibilmente suggestivo e misterioso, lo circondano altissime montagne e sotto le sue acque si cela un paese sommerso, come testimonia il campanile romanico che emerge dalla superficie, ghiacciata per la maggior parte dell’anno. Partendo da questi due elementi ho deciso di sviluppare una storia che raccontasse la prostituzione in cui la nostra protagonista Michela, adottando un comportamento ritenuto moralmente inaccettabile, trova una via per ottenere ciò che la società esige da lei; ricostituisce il proprio nucleo famigliare in brandelli, ribalta la sua situazione economica, si riscopre donna, desiderabile, forte. Tensione Superficiale è una storia di confine; in Tirolo il passaggio tra Italia ed Austria appare fluido, anche nel paesaggio, ma la differenza nella legge sulla prostituzione è evidente. Questa discrepanza favorirà la doppia vita di Michela in un’Europa divisa da frontiere di varia natura. Lontano da ogni volontà di giudizio, ma con il solo desiderio di stimolare la riflessione su temi quanto mai attuali. Il film pone delle questioni fortemente con-troverse; il cinema infatti, almeno per come lo intendo io, non è messa in scena di granitici sillogismi, atti a dimostrare come si dovrebbe o non dovrebbe vivere, ma un’indagine sulle pulsioni più intime dell’uomo, un tuo nella vita di qualcun altro da cui riemergere con più dubbi che certezze. Questo vuole essere Tensione Superficiale, un film che non ha paura di svelare le contraddizioni dell’epoca contemporanea, ma che vuole andare a fondo nella ricerca dei rapporti tra individui, spazi e identità culturali, ma anche il racconto di una crescita, un percorso di consapevolezza doloroso ma necessario che condurrà la protagonista a ripensare la sua intera esistenza.

note di regia

La vicenda è quella di Michela (Cristiana Dell’Anna) e del paese sulle montagne dell’Alto Adige nel quale s’è trasferita. Il lavoro come cameriera tuttofare nell’albergo locale e il rapporto con il padre del figlioletto che ha con sé non decollano. E così, complice l’immediata entrata in sintonia con Anna (la brava Francesca Sanapo), una cliente occasionale dell’albergo, Michela si affaccia al mondo della prostituzione. Un’attività legale, oltre il confine a pochi chilometri dal suo paese, che si espleta all’interno di lussuose spa, con clienti benestanti che talvolta possono anche innamorarsi e pensare ad un futuro insieme con una di queste “imprenditrici di se stesse”.
Michela seguita a gestire efficacemente la propria esistenza parallela con il figlioletto e riesce altresì a tenere nascosta a tutti quell’altra sua occupazione. Che per lei rappresenta la svolta tanto attesa: nella sua vita entrano molti più soldi e, assieme ad essi, una maggiore autostima e una più matura consapevolezza della propria sessualità. Un arricchimento complessivo che incontra però ben presto uno scotto da pagare …

In Tensione superficiale Aloi, regista esordiente e già pienamente padrone dell’arte, potenzia ulteriormente la sceneggiatura, densa e al contempo asciutta, scritta assieme a Nicolò Galbiati con la supervisione di Heidrun Schleef. E lo fa con uno sguardo lucido e pungente, attento all’essenziale e capace di risolvere un’intera scena con una manciata di inquadrature, una cinepresa che disegna lo spazio muovendosi fluida e precisa. Come nel caso dell’incontro tra Michela e il giovane cliente, affascinante e malinconico. L’approccio, il rapporto e l’entusiasmante riscontro ricevuto da Michela sono tratteggiati nel completo silenzio, con poche e intense inquadrature.
In tutto il film, Aloi pedina i suoi protagonisti nell’evolversi delle loro emozioni, entra sempre nel vivo dell’azione ed elimina i tempi morti, dando comunque gli spazi giusti ai personaggi e all’ambiente per rivelarsi e suggerire la “tensione” che emerge in superficie dalle crepe del paesaggio ghiacciato.

Massimo Nardin – ilprofumodelladolcevita.com

Tensione superficiale mostra una tematica molto delicata e diventata assai frequente nell’odierna società multietnica, sempre più svincolata dai dettami e dai sacramenti religiosi tradizionali, su cui è fondata, per esempio, la religione cattolica, che riconosce nel matrimonio l’unione delle coppie, e, quindi, con legami sentimentali sempre più labili. La pellicola si occupa, appunto, del tema delle ragazze-madri e dei loro disagi e problematiche per garantire il sostentamento ai loro pargoli. Michela, la protagonista della pellicola, è una di loro: ha trent’anni e vive in un piccolo paesino dell’Alto Adige insieme al suo bambino Tobi, costretta a lavorare come receptionist insoddisfatta presso un hotel sul lago di Resia fino a quando, accusata di un piccolo furto dal proprietario dell’albergo, suo datore di lavoro, inizierà, grazie al consiglio di una sua amica, a prostituirsi per mantenere il figlio. Soltanto l’intervento del padre del bambino, deus ex machina della sua tragedia, le ridarà un futuro più dignitoso con un happy-end da fiaba.

Alessandra Alfonsi – cinemonitor.it

 

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