Cosa succede quando all’improvviso le nostre vite vengono travolte dalla violenza o dalla guerra? Come si può affrontare un trauma così grande da essere inimmaginabile? Il documentario segue il percorso, anche personale, della psicoterapeuta Eva Pattis Zoja, impegnata in interventi di emergenza per il superamento del trauma. Un terremoto in Cina, il genocidio degli Yazidi, la guerra in Ucraina: una terapia innovativa e non verbale che permette alle vittime di esprimere l’indicibile…
Italia 2024 (64′)
Mercurius Prize / Premio Libero Bizzarri (concorso Italia Doc)
Sul tavolo del suo studio, la psicoterapeuta Eva Pattis Zoja tiene un contenitore di sabbia. La sabbia registra le immagini che le dita tracciano sulla sua superficie, ma non le parole: il trauma psichico è una frattura che impedisce ai sentimenti di emergere e al racconto di fluire. I traumi di pazienti vittime di guerre e di calamità naturali ma anche, forse, il trauma della stessa Eva. Le immagini delle sabbie si mescolano così a quelle della Storia e a quelle della sua vita. Un’indagine interiore, che scava nell’incubo personale e in quello collettivo delle vittime di un genocidio. Perché un trauma non è mai solo una questione individuale: si trasmette fra le generazioni, si riflette nella Storia.
Un milione di granelli di sabbia segue il percorso straordinario della psicoterapeuta Eva Pattis Zoja, impegnata in interventi di emergenza. Un terremoto in Cina, il genocidio degli Yazidi, la guerra in Ucraina. La terapia innovativa e non verbale permette alle vittime di esprimere l’indicibile. Man mano che si addentra nell’inconscio dei sopravvissuti ai conflitti globali, il documentario riflette sulla natura del trauma psichico e la sua tendenza a trasmettersi alle generazioni seguenti. Parallelamente, il film esplora le radici personali di Eva, svelando i legami tra la sua missione di cura e le ombre del passato legate alla seconda guerra mondiale. Attraverso testimonianze commoventi, momenti di vulnerabilità e rivelazioni sorprendenti, Un milione di granelli di sabbia offre uno sguardo intimo sul potere della terapia, della memoria e della resilienza umana in contesti estremi.
“Cosa succede quando all’improvviso le nostre vite vengono travolte dalla violenza o dalla guerra? Come si può affrontare un trauma così grande da essere inimmaginabile?”. Dura appena un’ora, ma è così denso da lasciare lo spettatore lì dentro, con il pensiero, per molto tempo ancora Un milione di granelli di sabbia, il nuovo lavoro del filmmaker specializzato nel documentario creativo a sfondo sociale Andrea Deaglio (Il futuro del mondo passa da qui – City Veins, Storie di uomini e lupi), presentato in prima mondiale al 20mo Biografilm Festival. Il film segue il percorso della psicoterapeuta bolzanina Eva Pattis Zoja, che ha fondato il metodo del Sandwork Espressivo, di matrice junghiana, per aiutare i bambini a superare i traumi da guerra, e non solo. Il conflitto in Ucraina, il genocidio degli yazidi in Iraq, un terremoto in Cina sono alcuni degli eventi drammatici vissuti da alcuni pazienti, per lo più in età evolutiva, e per i quali il metodo della “dottoressa della sabbia” si è rivelato utile. Si tratta di una terapia innovativa e non verbale che permette alle vittime di esprimere ciò che a parole non sono in grado di dire, poiché “il trauma ostacola la nostra capacità di raccontare”. Una vasca piena di sabbia (“i granelli di sabbia sono indistruttibili”, ci viene ricordato) e una serie di miniature raffiguranti uomini, donne, animali e vari oggetti di uso comune sono gli strumenti offerti a chi ha sofferto pene impensabili per cercare di ricreare i brutti ricordi che affollano la loro mente, ma anche, in un secondo momento, per immaginare e visualizzare un futuro più sereno. I risultati mostrati sono di forte impatto e spesso dicono più e meglio di tanti resoconti o fotografie, poiché sono filtrati attraverso gli occhi di un bambino. Ci si chiede se riportare a galla i propri traumi effettivamente aiuti questi piccoli pazienti a gestire la paura e a ricostruire se stessi. In tal senso, il film è anche una riflessione profonda sulla natura del trauma psichico e la sua tendenza a trasmettersi alle generazioni successive. “Il trauma si trasmette per generazioni. Se non viene espresso, diventa contagioso”, specifica la dottoressa mentre – rispolverando fotografie del lontano 1942 e vecchie lettere inviate al fronte e rispedite al mittente – ricostruisce il dolore vissuto dalla sua stessa madre durante la Seconda guerra mondiale: il suo primo amore perduto in guerra, un vuoto successivamente percepito anche dai suoi figli, che all’epoca non erano ancora nati. Il film di Deaglio dura appena un’ora ma è incredibilmente ricco di materiali d’archivio e testimonianze toccanti, salta da un paese all’altro, incontra persone, spiega: tutto è essenziale e niente è di troppo. “Oltre alla sopravvivenza della democrazia, dovremmo preoccuparci della sopravvivenza del nostro mondo interiore”, sottolinea Eva Pattis Zoja durante uno dei suoi speech in pubblico. E questa che documenta il suo lavoro è un’opera convincente, illuminante e più che mai attuale.
Vittoria Scarpa – cineuropa.org
Eva Pattis Zoja, psicoanalista junghiana, è una terapeuta della sabbia. Dopo anni di studi, ha fondato il metodo Expressive sandwork basandosi sulla psicologia analitica e sulla Sandplay therapy di Dora Kalff. L’Expressive sandwork consiste nel dare, laddove la psicoterapia non è praticabile, degli strumenti e della sabbia con i quali i pazienti elaborano delle immagini. Questo metodo è applicato in moltissimi paesi tra cui Ucraina, Germania, Palestina e Cina, con bambini che hanno perso i loro cari a causa di violenze e calamità naturali oppure per bisogni educativi mirati, disturbi da stress post-traumatico. Il documentario Un milione di granelli di sabbia si concentra sulla figura di Eva Pattis Zoja e sull’Expressive sandwork, in particolar modo osservando tre principali situazioni di crisi ovvero il conflitto in Ucraina, la persecuzione dell’Isis contro gli Yazidi e un terribile terremoto in Cina. Oltre a mostrare il contributo di Eva Pattis Zoja per i pazienti in difficoltà, Un milione di granelli di sabbia racconta in parallelo una storia personale della psicanalista, risalente alla Seconda Guerra Mondiale: quella della sua famiglia facendo focus sulla figura materna.
“Durante una guerra, o una calamità naturale, si fanno i conteggi di morti, feriti, e ricoverati in ospedale. I “feriti dentro”, i traumatizzati, non vengono considerati, eppure i disturbi possono essere di estrema gravità: impossibilità di nutrirsi, dormire, provare sentimenti.” Un milione di granelli di sabbia indaga, attraverso occhi attenti, sui pazienti a cui sono stati tolti affetti e case, persone che vogliono tornare ad avere una vita dopo la tragedia. Il tutto avviene in modo non invasivo e piuttosto delicato, facendo risaltare immagini decontestualizzate di lavoro attraverso l’Expressive sandwork per far in modo che il metodo sia sì comprensibile ma lasciando, poi, la parola all’esperta Eva Pattis Zoja. In parallelo vi è la storia della madre di Eva Pattis Zoja e di un uomo che è dovuto partire per la Russia a causa della Guerra, che viene rivissuta attraverso delicatissime lettere scambiate tra i due amanti. Questo momento, all’apparenza disconnesso, guida lo spettatore nell’accogliere il significato più complesso di trauma e di come esso possa protrarsi per generazioni a causa della sua devastante ma spesso impercettibile presenza. A mano a mano che ne si capisce il meccanismo, le scatole di sabbia e i loro vari elementi (che possono essere soldatini, dinosauri, alberelli, unicorni e tanti altri piccoli giochi) iniziano ad assumere significati sempre più più forti, divenendo un tramite corporeo per le emozioni. Nei ricordi, dove il trauma si nasconde silente, la sabbia è lo strumento di speranza per esprimersi; per riscoprire se stessi oltre il dolore.
Eris Celentano – cinefacs.it