California, estate 1909. Di ritorno, dopo aver lavorato come mandriano al nord, Willioy si presenta alla festa della sua comunità (i Paiute) nella riserva di Morongo. L’incontro con la sua amata, Lola, è subito osteggiato dal padre di lei, ma anche il confronto con gli abitanti di Riverside non è facile per Willie che percepisce il disprezzo degli bianchi verso la popolazione indiana. Una rissa al biliardo è il preludio a una drammatica svolta: nella notte mentre Willie e Lola fanno all’amore nel frutteto, arriva il padre della ragazza e per difendersi Willie è costretto ad ucciderlo. La coppia fugge verso Ruby Mountain e sulle loro tracce si mette lo sceriffo Cooper che deve tener fede al suo ruolo, ma che in fondo è ben disposto verso i nativi (tra l’altro ha una relazione con la dottoressa Clark, sovrintendente della riserva). La visita in zona del presidente Taft fa crescere la tensione (la situazione creata da Willie viene letta dal pregiudizio popolare come la scintilla di una possibile rivolta indiana) e Cooper è designato a far da scorta al presidente. Così la caccia continua è affidata ad un gruppo di cacciatori di taglie, guidati dal vecchio Calvert, astiosi ma inesperti. Quando Willie apre il fuoco contro di loro mirando ai cavalli, Calvert resta però ferito gravemente ed è quindi Cooper ad essere richiamato per stanare i fuggitivi che intanto, attraversando a piedi il deserto del Mojave, sono arrivati a Ventinove Palme, il villaggio natale di Willie dove lui ritrova e indossa la ghost shirt di suo padre. È il primo segno della disperazione che via via attanaglia la coppia e quando gli inseguitori raggiungono il villaggio trovano il corpo di Lola, uccisa da un colpo di pistola: un suicidio per non esser di peso al compagno nella fuga? un omicidio sacrificale per non lasciare che la propria donna sia catturata? Allo sceriffo non resta che giocare d’astuzia per raggiungere Willie. Il faccia a faccia decisivo tra le rocce è un duello senza scampo: l’arma di Willie è scarica e Cooper se ne rende conto con amarezza quando raccoglie il corpo per riportarlo a valle. I fotografi che, arrivati al seguito della posse degli inseguitori, vorrebbero immortalare il corpo del pericoloso indiano, dovranno accontentarsi del rogo con cui i Paiute gli hanno “dato sepoltura”.

Tell Them Willie Boy is Here
USA 1969 (98′)
“Non è un film sugli indiani: è un film su di me” (A. Polonsky). La conclamata metafora maccartista che anima Ucciderò Willie Kid non deve distogliere l’attenzione dalla sua cruciale importanza all’interno del percorso di rivisitazione del western. La modernità del periodo storico in cui è ambientata mette ancor più in evidenza l‘emarginazione sociale e culturale che continua a gravare, inesorabile, sulle comunità dei nativi americani. I confini della riserva non sono invalicabili (l’arrivo in treno di Willie sta in apertura ad evidenziarlo), ma quella di Morongo resta una realtà subalterna. I pellerossa indossano sì gli abiti “civili”, interagiscono liberamente con le dinamiche di sviluppo legate al territorio, ma restano “sotto tutela”. Il benevolo preoccuparsi dell’abuso di alcol da parte della dottoressa Clark rientra nell’atteggiamento paternalistico del potere bianco, così come le sue attenzioni verso Lola sono indirizzate ad una “educazione” d’obbligo per il proficuo processo di integrazione della ragazza. Nelle terra che è la loro terra natia sono gli indiani gli estranei da civilizzare. A rimarcare come la loro presenza non sia certo ben accetta vale l’esplicito commento dell’uomo al tavolo da biliardo che scatena la rabbia di Willie (“Perché non torni nella riserva a cui appartieni?”) e non va dimenticato che il padre dello sceriffo Cooper era un cacciatore di scalpi… L’occhio benevolo della regia si fa evidente nel mostrare, durante la festa, i riti tradizionali paiute, quando guida Willie nel suo villaggio a ritrovare se stesso e soprattutto nel soffermarsi sullo stoico tentativo di affrancarsi dei due fuggiaschi, capaci di mettere in scacco, pur procedendo a piedi, la posse degli inseguitori a cavallo. Impietoso invece è lo sguardo rivolto alle contraddizioni politiche che fanno da cornice alla visita del presidenziale, all’ambiguo rapporto di coppia tra la dottoressa e lo sceriffo Cooper e al cinico intervento dello sceriffo della Contea. Per raccontare la complessità di un film come Ucciderò Willie Kid Polonsky si affida alla fotografia “assolata” di Conrad Hall e accompagna la fuga impossibile di Willie e Lola con un calibrato alternarsi tra campi larghi/larghissimi e incombenti inquadrature del loro sofferto incedere nella prateria brulla e sabbiosa. E da spettatori non possiamo che adeguarci a quel ritmo stancante, cadenzato solo dalle sonorità sincopate e stridenti della colonna sonora di Dave Grusin. A visione conclusa sembra di sentirsi come dice Cooper al ritorno dal viaggio di scorta col presidente Tart: dusty, polverosi.
interpreti: Robert Redford (deputy sheriff Cooper), Katharine Ross (Lola), Robert Blake (Willie Boy), Susan Clark (Dr. Elizabeth Arnold), Barry Sullivan (Calvert), Charles McGraw (county sheriff Wilson)
NOTE:
Grazie al successo di Anima e corpo (Robert Rossen, 1947) per il quale aveva scritto la sceneggiatura, Abraham Polonsky arrivò nel 1948 alla sua prima regia: Le forze del male. Ma due anni dopo entrò nella lista nera del maccartismo: di fronte alla Commissione per le attività antiamericane si appellò al Quinto emendamento rifiutandosi di riconoscere la sua militanza comunista e di denunciare altri compagni. Impossibilitato così ad esercitare a Hollywood, potè lavorare solo attraverso l’uso di pseudonimi, ma vanno a lui ascritti Strategia di una rapina (1959) di Robert Wise e Indiziato di reato (1991) di Irwin Winkler. Ucciderò Willie Kid è il suo ritorno alla regia (grazie anche all’appoggio di Robert Redford) e il film può leggersi come un metafora del suo dramma di esclusione sociale.
Il film è un adattamento del libro di Harry Lawton Willie Boy: A Desert Manhunt (1960) che prende spunto da un reale fatto di cronaca, la caccia al “fuorilegge” Willie Boy, un nativo americano Chemehuevi-Paiute, avvenuta nel 1909 a Banning, California.
Willie e Lola alla fine attraversarono quasi 960 chilometri di terra bruciata dal sole, percorrendo in media 80 chilometri al giorno con una temperatura 38 gradi, rimanendo un passo avanti rispetto agli uomini della legge per una dozzina di giorni.
È nel momento cruciale della crisi tra Lola e Willie, quando lei sembra volersene andare, che lui le grida “Tell them Willie Boy is Here”, titolo originale del film.
FRASI:
Uno dei giocatori di biliardo: “Ti dico io cos’è la democrazia. Prendi quell’indiano. Lo lasciamo andare e venire come se possedesse ancora questo Paese, proprio come se fosse bianco e un uomo. Questa è quella che chiamo democrazia. La vera democrazia!”
Calvert a Coop: “Sai, tuo padre è stato fortunato. È morto quando era ancora bello vivere”
Willie a Lola: “Gli indiani non durano in prigione. Non sono nati per questo come i bianchi. Cosa ho fatto io per dover morire in una prigione di bianchi? Cosa ha fatto qualcuno di noi? Cosa c’era di sbagliato in noi? Niente. Niente! Solo il colore.”
Uno dei Paiute a Coop: “Non prenderete mai Wille, sceriffo. È come una nuvola”
Wilson, sceriffo della Contea: “Dannazione! Chi vi ha detto di bruciarlo? (…) Ora non abbiamo nulla da mostrare.” – Coop: “Che diavolo di problema hai?” – Wilson: “Dannazione, Coop! La gente deve vedere qualcosa!” – Coop: “Digli che abbiamo finito i souvenir.”
SEQUENZE:
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