La scena musicale new wave sarda degli anni ’80: giovani musicisti che sfidano le tradizioni locali con suoni post-punk e dark, ispirati dalla musica britannica. Un lavoro sulla memoria, attraverso le testimonianze di chi ha partecipato a quella stagione, e sul presente, attraverso le sensazioni di un ragazzo poco più che ventenne che ne riscopre il fascino.
Italia 2023 (55′)
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Il valore di The Missing Boys va molto oltre la sua importanza documentale che pure è notevolissima. Rarissime infatti le riprese video e altrettanto sparute le immagini in tempi in cui la tecnologia era agli esordi e appannaggio di pochi fortunati. L’importanza del film non è solo l’aver raccolto la storia delle band che si sono discostate dalla tradizione per seguire strade nuove, sperimentali, oscure, avanguardistiche; sta piuttosto nell’aver catturato il cuore di un’intera generazione, la sua volontà di cambiamento, lo scontro generazionale, la necessità impellente di raccontarsi attraverso la musica e l’arte performativa. Il suono non basta più, bisogna costruire un immaginario che spieghi questo spleen, che sia un taglio netto, alla Lucio Fontana, col passato politico e musicale dotto e compiaciuto. È tempo di reinventarsi.
Cantava Diana Est nel suo celebre pezzo Tenax: “I capelli immobili, con disegni statici, ed un trucco energico da guardare subito. Una nuova immagine per un sogno complice, non è più credibile la normalità”. Nonostante l’apparente leggerezza del brano, piuttosto ingenuo da un punto di vista musicale, il suo testo è un piccolo manifesto della volontà di imporre un cambio di passo. Ed ecco che un decennio bistrattato e tacciato di prestare il fianco al disimpegno e ai lustrini mostra la sua altra faccia: coraggiosa, ribelle, creativa, innovativa, avanguardistica. Una nicchia certo, ma di grandissimo pregio, che aveva fatto della commistione dei linguaggi artistici la sua bandiera. Il docufilm, che ha una sua trama e una sua poesia nonostante sia un insieme di interviste ai protagonisti di quegli anni, è la dimostrazione che la Sardegna ha avuto (e ha) un fitto sottobosco di tesori che la geografia e la politica non aiutano ad emergere ma di cui è innegabile l’esistenza (…) Un prodotto niente affatto ad uso e consumo locale perché il ritratto di quella generazione è senza confini geografici e chiunque appartenente a quella scena e a quella subcultura ci può riconoscere un pezzetto della propria vita. Un lavoro monumentale, corale, sentimentale quel tanto che basta a ricordarci che quegli anni erano romanticismo puro, tra classici della letteratura e del cinema, fanzine, poesia della strada e fascinazione per l’elettronica. Perfetto nella sua semplicità The Missing Boys è un’opera onesta ma soprattutto è un atto d’amore.Giacomo Pisano – nemesismagazine.it
“The Missing Boys rappresenta la ricostruzione cinematografica di una stagione storica estremamente importante, caratterizzata da uno spartiacquegenerazionale che ha prodotto mutamenti tali da generare l’emergere di nuovi modelli antropologici – sociali, culturali ed estetici – destinati a trasformare la percezione del mondo contemporaneo. Gli scenari e i luoghi proposti nel film costituiscono una chiave di lettura che rimanda al concetto portante del progetto: tracciare un percorso che parta dal basso per arrivare a definire i passaggi obbligati della genesi di un movimento spontaneo, generato dall’urgenza espressiva e dalla necessità di produrre un cambiamento atteso e irreversibile. Il filo invisibile che intreccia la narrazione ad ambienti seminascosti o scarsamente illuminati, come sotterranei, tunnel, cripte, viali, vicoli, tunnel, scalinate, esprime la natura seminale di una rivoluzione individuale ancora prima che collettiva, capace di riconoscersi attraverso tratti comuni come musica, estetica, visione della vita invece che attraverso la condivisione di una stessa ideologia. I soggetti si muovono perlopiù all’interno di strutture caratterizzate da spazi delimitati, talvolta sottilmente claustrofobici, come a rappresentare l’estrema cesura con tutto ciò che possa contaminarne la purezza, l’originalità, il messaggio. In questo senso la presenza di edifici storici con elementi architettonici curvilinei così come di gallerie urbane rappresenta una simbologia legata al distacco del cordone ombelicale tra quella generazione e le sue radici, il superamento della protezione materna rappresentata da un isolamento mentale oltre che oggettivo, un viaggio alla ricerca dei propri simili, a qualsiasi latitudine e a qualsiasi costo. La scelta di ridurre l’editing al minimo è finalizzata a mantenere
l’immediatezza nelle testimonianze e la percezione esatta dei contenuti del racconto, sia in prima che in terza persona.” – Davide Catinari