Pulse

Un inspiegabile suicidio è solo il primo di una serie di inquietanti avvenimenti di cui la giovane Michi è suo malgrado testimone. Parallelamente uno studente che si collega per la prima volta a internet finisce su un sito che gli propone di incontrare un fantasma. Tutto sembra avere a che fare con misteriose stanze sigillate con del nastro rosso e con una sorta di virus telematico che quando inizia a diffondersi consuma chiunque ne venga toccato… Un thriller ectoplasmatico dai risvolti filosofici.

Kairo
Giappone 2001 (118′) 

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     Tra gli horror provenienti dall’oriente merita un posto di assoluto rilievo questo Kairo il cui successo di critica internazionale brilla di una luce propria garantitagli da questa spietata analisi della condizione umana che riesce a mettere in campo. Attraverso inquadrature gelide e silenzi assordanti che scavano nell’animo, mette a nudo il male dell’uomo contemporaneo: la solitudine, determinata da una presenza massiccia di tecnologie sempre più invasive che, nel film di Kurosawa diventano sì un tramite, un passaggio (il titolo originale del film significa proprio passaggio) tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ma prima di tutto sono un mezzo per entrare in contatto con sé stessi, squarciando quel velo di Maya dietro il quale si nasconde il vuoto assoluto.

Alessandro Regoli – mymovies.it

   È un cinema dell’impossibile, quello di Kurosawa, del non visibile, del vano, un mondo a parte – tanto dissimile dalla reale società nipponica? Abbiamo i nostri seri dubbi al riguardo – nel quale gli uomini sono destinati a scomparire nel momento stesso in cui cercano un contatto con i propri simili: questo perché nella società dell’immateriale (le risposte si cercano in internet, le stesse relazioni umane escludono ormai a priori la possibilità del tatto) l’uomo sta perdendo la propria sfida, schiacciato dalle regole e dalla prassi. Proprio quelle regole e quella prassi che il cinema di Kurosawa elude con fermezza e classe, vincendo la propria sfida al genere (…) Nella sua peculiarità di film “informe”, inadatto alla catalogazione, è racchiuso l’horror di Pulse, che non ha dunque bisogno delle meccaniche del genere, fin troppo spesso arrugginite, perché non saprebbe come gestirle; lasciandole scivolare via, come la tecnologia fallace racchiusa in Pulse che annulla l’umanità e la fa (dis)perdere negli angoli più bui delle case. Eppure, al di là di ogni estrema scelta estetica, lo scarto definitivo che ci fa considerare Kairo come una delle più belle esperienze puramente cinematografiche degli ultimi anni sta in quella chiazza di dramma che avvolge una sublime storia d’amore. Anch’essa, come il resto dell’opera del cineasta, inclassificabile, ondivaga, fluttuante e inafferrabile, ma nonostante questo (o forse proprio per questo) di una forza travolgente e dirompente; la progressione emotiva degli ultimi venti minuti, quel crescendo inarrestabile che sembra condurre verso la deflagrazione assoluta, con la grigia metropoli desertica invasa dalla cenere e quell’aereo che crolla, in fiamme, nei pressi del molo, sono il colpo di genio di Kurosawa, la dimostrazione di una coerenza e(ste)tica che non può essere messa in discussione ed è, al momento, uno dei veri e propri polmoni verdi che ci sono concessi (…) Cinema che mette in scena l’incomunicabile per permettersi una digressione sull’abuso delle tecniche di comunicazione, che costruisce un horror senza mai mostrare violenza, in un’architettura che fa del paradosso una delle sue armi più efficaci e ci costringe a riflettere sul senso stesso della macchina/cinema.

Raffaele Meale – quinlan.it

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