Prisoners

Denis Villeneuve

In un modesto sobborgo della Pennsylvania, due bambine di sei e sette anni, Anna ed Eliza, svaniscono senza lasciare traccia. I genitori, fra loro amici, reagiscono nei modi più disparati (e disperati), rivelando nevrosi e fragilità. Keller, il padre della piccola Anna, comincia una privata caccia all’uomo senza esclusione di colpi mentre il detective Loki, le cui indagini sembrano arenarsi fra intoppi burocratici e depistaggi, comincia a chiedersi di chi sospettare: la tranquilla cittadina di provincia rivela di avere più scheletri in cantina di quanto si potrebbe immaginare…

USA 2013 (153′)
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    Un film in cui la tensione si sente, si tocca, si ausculta dal profondo, tanto da diventare alla fine quasi metafisica: quella che dapprima è la paura della disgrazia, della bimba rapita, dell’oscuro bau bau nascosto dietro casa, diventa poco a poco un timore più allargato che prende dentro la provincia, gli States e l’idea stessa della collettività che si deve proteggere dal nemico oscuro, il famoso diverso. Sulla classica trama kidnapping della piccina rapita con l’amichetta, evento che deflagra in una famiglia «tolstoianamente» felice come tante, il regista Denis Villeneuve (La donna che canta) con sapienza di introspezione tesse la sua tela del ragno in cui lo spettatore ha il piacere di cadere vittima senza che in 153 minuti cali mai la suspense. E dove il padre diventa spietato giustiziere che tortura il giovane disturbato creduto colpevole, in un’infernale scena di rara efficacia «dostoevskjiana», mentre la soluzione dei fattacci arriva alla fine come ai bei tempi del «whodunit» (chi è stato?) aiutata da un fischietto. Il film parte da un realismo esasperato che poi, col contributo di attori impigliati magnificamente nelle infernali parti come Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal, diventa cicatrice di qualcos’altro, malsana delusione universale in un’atmosfera gelida, impasto di pioggia, disperazione e neve che esce intatto dalla fotografia di Roger Deakins. (…) Pur macchinoso nella trama che finge a nostro uso e consumo la grande illusione di aver trovato un colpevole, Villeneuve orchestra un thriller da non perdere.

Maurizio Porro – Il Corriere della Sera

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