Le occasioni dell’amore

Stéphane Brizé

Mathieu vive a Parigi, Alice in una piccola località di mare nella Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla quarantina. Quindici anni prima i due erano innamorati, ma il tempo li ha divisi, hanno preso strade diverse e le ferite della loro relazione si sono lentamente rimarginate. Un giorno, però, si ritrovano per caso..

Hors-saison
Francia 2023 (115′)
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    «Volevo soffermarmi sul momento in cui si rimugina sulle scelte mai fatte, o fatte in modo sbagliato, sugli incontri mancati o sprecati, sulle porte mai aperte, sugli appuntamenti mancati, sui momenti della vita in cui abbiamo deciso di imboccare una strada invece di un’altra». Così Stéphane Brizé ha voluto raccontare un elemento fondamentale di questo incredibile film che gioca tutto sulle traiettorie degli incroci esistenziali. Si apre e si chiude su una strada, Le occasioni dell’amore, con delle inquadrature dall’alto che mostrano un percorso che si sta compiendo. Tutto semplice, no? Tutt’altro. Da lì in avanti si apre una pellicola contraddistinta inizialmente da costanti interruzioni sonore, da armonie musicate da un pianoforte automatico, da generi che non devono essere ascoltati. La musica, fondamentale fin dal lavoro di Alice, diventa la matrice semantica per capire dove il film di Brizé si sta dirigendo, metaforizzando un magistrale percorso teso a ritrovare le sensazioni di una volta: una musica adatta a entrambi i personaggi, seppur non possa durare più di tanto. Una parentesi immersa in una pellicola che si apre con inserti da commedia e si conclude con toni da tragedia, attraversando le fasi della vita dei personaggi e, di conseguenza, degli spettatori. Già, perché questo è un film estremamente coinvolgente, che fa ridere e fa piangere, un film che rimanda ai grandi amori tormentati della storia del cinema, in cui Rohrwacher è una “signora della porta accanto” che torna in scena semplicemente perché vive nel paesino in cui finisce Mathieu per rilassarsi e (ri)trovarsi. Scritto dal regista insieme a Marie Drucker, è per Brizé il film successivo alla sua trilogia del lavoro (La legge del mercato, In guerra e Un altro mondo), ma se i temi cambiano lo stile – elegante, raffinato, devastante nel suo incredibile controllo formale – resta, perché nel cinema del regista francese è il come che conta, non è il cosa. Basta guardare gli sguardi di Canet e Rohrwacher durante tutti i loro incontri, le piccole smorfie che mostrano quanto dentro si sia smosso qualcosa e quanto le parole siano incisive e ficcanti. «Promettimi che non tornerai mai più»: forse potrà anche non tornare Mathieu, ma quella parentesi è ormai avvenuta e ha smosso tutto ciò che i protagonisti avevano dentro. È un grande melodramma esistenziale questa pellicola che parla del tempo che è passato e di quello che può tornare. Fuori dalla vita di tutti i giorni. Fuori dal tempo. Fuori dallo spazio. Fuori stagione, insomma, come esplicita il magnifico titolo originale.

longtake.it

   Uno dei film più emozionanti degli ultimi anni è il protagonista di Le occasioni dell’amore di Stéphane Brizé che arriva al cinema, dopo la sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, ed è una pellicola semplicemente imperdibile. Regista della bellissima “trilogia del lavoro”, Brizé si dedica questa volta a una storia melodrammatica e incentrata su un amore tormentato. Protagonisti sono Mathieu, un famoso attore che vive a Parigi, e Alice, un’insegnante di piano di una piccola località di mare. Quindici anni prima i due erano innamorati, ma il tempo li ha divisi, li ha portati a prendere strade diverse e le ferite della loro relazione si sono lentamente rimarginate. Un giorno, però, si ritrovano, forse, per caso. Con la sua consueta forza drammaturgica, Brizé riflette su quelle scelte esistenziali capaci di generare rimpianti e domande che portiamo costantemente dentro di noi: cosa sarebbe successo se fossimo andati a quell’appuntamento o se avessimo imboccato una strada invece di un’altra? Parte da queste premesse Le occasioni dell’amore, descrivendo in maniera profonda e toccante i sentimenti umani, in una pellicola girata meravigliosamente e perfettamente calibrata nei tempi di montaggio visivi e sonori. Se la prima parte del lungometraggio richiama tonalità da commedia, grazie soprattutto alla mimica di Canet e alle sue esperienze nell’albergo dove vive, col passare dei minuti il film diventa sempre più struggente, efficace nel rappresentare un sentimento tanto passionale quanto ormai impossibile da far rinascere del tutto. Va ricordato che il titolo originale è il bellissimo Hors-saison, ideale sia per rappresentare questa vacanza “fuori stagione” del protagonista, sia per descrivere una relazione che ormai ha fatto il suo tempo. Brizé è un maestro nella gestione delle inquadrature e gioca fin da subito su traiettorie geometriche, profondamente simboliche e capaci di far nascere numerose interpretazioni: dal mare, inquieto come l’amore tra i due personaggi, alle scelte della colonna sonora che punteggiano le caratteristiche e le tempeste emotive che colgono i due protagonisti durante la narrazione. Guillaume Canet fa il suo dovere, mentre Alba Rohrwacher trova una delle prove che vale una carriera, risultando semplicemente straordinaria in un ruolo complicatissimo, che aumenta ancora di più il coinvolgimento per una pellicola già di per sé appassionante dall’inizio alla fine. Brizé è uno dei grandi del cinema contemporaneo e questo film, se ce ne fosse bisogno, lo conferma ancora una volta.

Andrea Chimento – ilsole24ore.com

   Que reste-t-il de nos amours? Delle foto buffe, “mi hai insegnato tu a farle”. Una musica al piano da ascoltare nelle cuffie, “sei il primo, non l’ho fatta sentire a nessun altro”. Un incontro per caso, su una spiaggia d’inverno, “mi sono trasferita apposta qui, sapendo che un giorno saresti venuto”. Lei scherza, ma forse è vero. Chi l’ha detto che non si può anticipare il destino, che non si può beffarlo. Le occasioni dell’amore sono quelle di Mathieu e Alice, cioè Guillaume Canet e Alba Rohrwacher. Lui attore di cinema a cui tutti chiedono i selfie, lei pianista e compositrice mancata che si è ritrovata a insegnare pianoforte ai ragazzini in provincia. Si sono amati quindici anni prima, si ritrovano per caso adesso che lui è fuggito dalla città e da uno spettacolo a teatro che gli metteva paura. Un uomo, una donna. Stéphane Brizé, che tutti negli ultimi anni leghiamo ai film con Vincent Lindon (la trilogia del lavoro), racconta una vita (come uno dei suoi film nascosti nelle pieghe dei drammi sociali, tratto da Maupassant), anzi due, e rinnova il canone del mélo francese. Non si può non pensare a Lelouch, a Sautet, a Téchiné (nell’albergo termale bretone dove soggiorna Mathieu si sente l’eco dell’Hôtel des Amériques di Catherine Deneuve e Patrick Dewaere). Per scrittura, luoghi, musiche: splendida la colonna sonora di Vincent Delerm, che rievoca i Legrand che furono. Ma si ritrova l’occhio analitico, preciso, quasi geometrico con cui ha raccontato la fabbrica, gli uffici, le classi sociali e professionali. È un cinema sempre di relazioni, quello di Brizé, solo spostato dal fuori al dentro. Ai piccoli smussamenti, ai risentimenti, alle luci che si riaccendono, e chi riesce a spegnerle più. La scena che dice tutto – del suo stile, del suo sguardo, del suo modo sempre politico di fare cinema – è la ripresa con lo smartphone fissa sul volto di Lucette, un’anziana e amabile signora che vive in una casa di riposo e racconta com’era l’amore prima, come vivevano le donne quando non potevano scegliere per sé, come tutti, per mille motivi diversi, freniamo, reprimiamo, scansiamo i sentimenti per qualcos’altro che, nell’ordine quotidiano delle cose, arriva sempre prima. Oggi è felice perché sta per sposare Gilberte, una coetanea incontrata all’ospizio e diventata il suo amore. 

Le occasioni dell’amore è un film solo apparentemente d’amore, ed è anche uno dei più grandi film d’amore (e sull’amore) che il cinema recente ci abbia dato. C’è la mano di Brizé (che ha scritto il copione con Marie Drucker), e c’è soprattutto l’alchimia incredibile tra Canet e Rohrwacher. Lui sembra dissezionare il suo essere attore e regista famoso (e sposo famoso di Marion Cotillard); lei fa uno dei lavori più lucenti, sensibili, importanti della sua carriera.C’è anche un finale bellissimo e struggente, anzi più di uno. Per alcuni sono troppi, e invece è giusto che gli amori vadano così, con mille finali. Che facciano giri immensi, e poi ritornino, e chissà come finiranno. L’amore è, dopotutto, “un souvenir qui me poursuit, sans cesse”. Lo diceva sempre quella canzone là, e le canzoni d’amore hanno sempre ragione.

Mattia Carzaniga – rollingstone.it

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