Oleg è un ex soldato dell’esercito ucraino che ha combattuto sia contro la Germania nazista che contro l’Unione Sovietica comunista per l’indipendenza dell’Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale. Grazie a un’amnistia, viene rilasciato da un campo di prigionia e torna in Ucraina, dove cerca di trovare il suo posto nella società in tempo di pace.
Ucraina 2024 (95′)
TORINO FILM FESTIVAL 42° – menzione
TORINO – Presentato in anteprima mondiale e in concorso Dissident di Stanislav Gurenko e Andrii Alf’erov è un’opera sofisticata e difficile che racconta l’Ucraina del 1968. Inanellato di potenti frasi e dialoghi nitidi, il film esplora le disillusioni di un’indipendenza non riuscita. Ricco di eventi, di cambi di scenario, oltre alle narrazioni di sfondo socio politiche, Dissident illustra anche le cadute di tre esseri umani. E, con essi, i loro sogni / ideali. È anche quindi storia di un fallimento, fine di un’epoca o inizio di un’era nuova.
Kiev. Tre destini intrecciati. Nell’autunno del 1968 Oleg, ex combattente dell’esercito ribelle ucraino, ha scontato una pena in prigione. Oleg (Oleksandr Prishchepa) ha combattuto contro l’Unione Sovietica comunista per l’indipendenza dell’Ucraina, durante la Seconda Guerra Mondiale. Grazie a un’amnistia, viene rilasciato da un campo di prigionia sovietico. Torna in Ucraina, dove cerca di trovare il suo posto nella società in tempo di pace, esportando i valori delle armi e del suo passato militare, disposto a morire per i suoi ideali passati. Sua moglie Vilena (Viktoria Romashko) cerca di tenerlo lontano dai guai, vuole solo una vita tranquilla. Tutto cambia con l’incontro di Taras (Dima Yaroshenko). Egli è un ambizioso e ambiguo scrittore che sogna un premio Nobel. Offre a Oleg l’opportunità di diventare un “consulente” non ufficiale per il suo romanzo sull’esercito ribelle ucraino. Molti i riferimenti a Lituania e Giorgia che si sono ripresi i territori. Alla Cecoslovacchia, all’idea che l’Unione, la collaborazione possa contribuire a far procedere gli eventi. Sia nella vita che in guerra, come nei film. È cosi che il mondo non riesce a capire ciò che accade, quando c’è disunione tra popoli e persone…
Architettato in 4 capitoli vita, moglie, amico, fuoco, e aderendo appieno all’idea che la forma è sostanza, Dissident si avvale di un gusto visivo sublime e di una tecnica stupenda. La fotografia, quella del DOP Oleksandr Boiko è ovattata, lattiginosa: grazie al fish-eye a cui è appoggiata la lente, l’immagine risulta sfuocata, rendendo le inquadrature lontane, invisibili, poco nitide; mentre appare a fuoco ciò che è ripreso da più vicino. Chi non è dentro la vita, la storia della ex URSS, – sembra voler dire Dissident – non ha una piena e nitida visione delle vicende del passato. E, di conseguenza, di quello che si trascina oggi. Ieri come adesso infatti, la frastagliata vicenda che frantuma l’Ucraina in un prisma socio culturale e linguistico, diviso tra oriente e occidente, affascina, perplime e frastorna l’umanità. Proprio come la visione: attraverso quell‘occhio di pesce (Robert W. Wood – Physical Optics, 1911) lo spettatore vede distorto, come un pesce sul fondo del mare.
Note di regia
“Nella storia abbiamo sempre da perdere qualcosa per costruire qualcosa di nuovo. E qui la storia personale si inanella a quella del paese. Il 1968 è stato fatale anche per il nostro Paese – racconta il Alferov – È stato un anno di sangue e di ideali e speranze crollate di un socialismo dal volto umano. Seguendo l’esempio della Repubblica Ceca; un anno di proteste, arresti e libertà. Per gli anni Sessanta, è stato l’anno dei carri armati in Cecoslovacchia. La scelta finale del percorso dopo quattro anni di riflessione sul ‘disgelo’ di Brežnev… Il nostro film non ambisce a creare una cronologia precisa, ma si presenta piuttosto come un intreccio di eventi apparentemente casuali che si susseguono in un momento significativo della Storia. La mappa del nostro Paese è costellata di spazi vuoti che non pretendiamo di colmare. Talvolta, lo sguardo da reportage della macchina da presa, che sfoca e ingrandisce i dettagli in modo convulso in un disperato tentativo di comprendere ciò che è accaduto, si rivela più potente di una meticolosa analisi accademica… Come la Cecoslovacchia nel 1968, l’Ucraina oggi sta vivendo un’aggressione militare, iniziata con decisioni prese a Mosca. Le persone, un tempo fraterne, stanno uccidendo i nostri compatrioti, distruggendo il nostro Paese e minacciando l’Europa e il mondo oggi…Siamo molto commossi e grati che la Repubblica Ceca, uno dei primi paesi in Europa, abbia iniziato ad aiutare così tanto e continui a farlo oggi, gli ucraini e l’Ucraina.”
Gaia Serena Simionati – MCmagazine 98