Siviglia 1977. In Spagna l’omosessualità è ancora considerata un crimine. Reme, una sarta fortemente tradizionalista, è però mossa dall’amore per il figlio adolescente aspirante artista, e si vedrà coinvolta in prima persona nel nascente movimento di liberazione omosessuale andaluso, paradossalmente nato all’interno della Chiesa cattolica. Storia d’orgoglio ispirata a fatti realmente accaduti.
Spagna 2023 (106′)
Siviglia 1977. In Spagna l’omosessualità è ancora considerata un crimine. Reme, una sarta fortemente tradizionalista, è però mossa dall’amore per il figlio adolescente aspirante artista, e si vedrà coinvolta in prima persona nel nascente movimento di liberazione omosessuale andaluso, paradossalmente nato all’interno della Chiesa cattolica. Storia d’orgoglio ispirata a fatti realmente accaduti. Nel cast la stella Alba Flores (La casa di carta). Te estoy amando locamente (2023) segna l’esordio alla regia per Alejandro Marín, che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Carmen Garrido Vacas. Marín si inventa la storia di Miguel (Omar Banana), un diciassettenne omosessuale che non vuole rassegnarsi al destino immaginato dalla madre (Ana Wagener), cioè di diventare avvocato, perché vuole tentare una carriera artistica. E deve anche lottare per vivere liberamente la sua sessualità, in quanto gay, nella Sevilla del 1977, cioè nel sud della Spagna in un momento storico di transizione da un regime fascista alla democrazia. E quello stesso regime fascista nel 1970 aveva adottato la Ley de Peligrosidad Social (legge di pericolosità sociale) che metteva fuori legge l’essere omosessuali, tra le altre cose. L’imminente arrivo della democrazia accese le speranze dei gruppi oppressi nel paese di ottenere delle libertà, che arrivarono, certo, ma non subito. Per dire, fu il governo socialista di Felipe Gonzalez nel 1995 a abrogare definitivamente ciò che restava della legge fascista del 1970. Il film ci mostra la nascita di uno dei movimenti che chiedeva libertà sessuale: il Movimiento Homosexual de Acción Revolucionaria (MHAR – movimento omosessuale di azione rivoluzionaria), i cui membri si riunirono inizialmente nel palazzo arcivescovile, giusto dietro la cattedrale della città. Il film riesce al 100%, merito anche di un cast coeso e ben diretto in cui si mescolano volti nuovi (La Dani, o Pepa Gracia) e volti più noti (Alba Flores, Alex de la Croix, e Jesús Carroza). Il film ha vinto premi qua e là, incluso un Goya (gli Oscar spagnoli) alla Miglior canzone originale per Rigoberta Bandini.
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Siamo a Siviglia, in Andalusia, nel 1977. La Spagna fatica a liberarsi dalle ceneri del franchismo. I movimenti per la liberazione sessuale, agli albori, chiedono maggiore libertà. Parallelamente il diciasettenne Miguel scopre il suo reale orientamento. Per l’ossessivo/possessiva madre Remedios (detta Reme) è un duro colpo. Le cose saranno destinate a peggiorare quando Miguel verrà arrestato – colto in abiti femminili – con l’accusa di essere persona “socialmente pericolosa” per la comunità. Da ciò, probabilmente, si comprende meglio come la Spagna, partendo da posizioni di assoluta retroguardia, sia il paese che abbia compiuto i maggiori passi avanti nel campo dei diritti. Molti sottotesti di Te estoy amando locamente potrebbero apparire scontati. In primis il rapporto madre/figlio. Che invece, pur nella propria prevedibile evoluzione, riesce a coinvolgere empaticamente grazie alla pulizia sentimentale con cui viene trattato. Alejandro Marin (anche sceneggiatore con Carmen Garrido Vacas) è sufficientemente abile nel gestire i cambi di tono presenti nel suo film. Da una partenza coloratissima in pieno stile almodovariano – i riferimenti al grande Pedro si fermano qui – l’aura da commedia si stempera prima nell’angoscia di una madre “conservatrice” presa del tutto alla sprovvista dagli eventi; poi scivola nel dramma allorché emerge in tutta la sua prepotenza il rapporto malato che le istituzioni hanno con il cosiddetto diverso. Questo è il punto focale di Te estoy amando locamente: scelte assolutamente personali che cozzano duramente con ciò che le leggi si arrogano; ovvero decisioni su cosa debba essere considerato il “bene comune”. Retaggi dalla dittatura che possono essere combattuti solo con le proteste di una minoranza che può, in ogni momento, divenire maggioranza. La grande lezione morale di Te estoy amando locamente è racchiusa in quest’assunto: da soli si fugge sconfitti; con gli altri la vittoria risulta possibile. Un assunto semplice semplice servito in tavola da Alejandro Marin e dal suo cast all’altezza, in cui spicca la bravissima Ana Wagener (Reme), già vista ed ammirata ne Il regno (2018) di Rodrigo Sorogoyen.
Daniele De Angelis – cineclandestino.it
Te estoy amando locamente è un lungometraggio a tema LGBTQIA+, ambientato nella Spagna franchista della Legge di pericolosità sociale, quando l’omosessualità era considerata un crimine e le persone gay accusate affrontavano pene pecuniarie o detentive che potevano arrivare fino a cinque anni di carcere o di riabilitazione presso centri psichiatrici. I protagonisti sono Ana Wagener e Omar Banana, interpretano mamma e figlio e recitano accanto ad Alba Flores (La casa di carta), all’attrice e attivista Alex de la Croix e al cantante La Dani. La scena d’apertura è pura esibizione del dinamismo e della creatività nello stile di ripresa e inizia nel modo più intollerabile: i protagonisti in posa per una fotografia mentre parte la giornata da invitati a un matrimonio. Termina invece con una simpatica scazzottata, non tanto epica come quella in Un uomo tranquillo, ma sicuramente convincente. Con il titolo di un brano pubblicato nel 1974 dall’ex duo spagnolo Las Grecas: Te estoy amando locamente (storia di una madre capace di tutto – e, soprattutto, di superare i suoi pregiudizi – per amore di suo figlio), il film – scritto dallo stesso Marín – racconta la triste pagina della repressione della pericolosità sociale, seguendo le vicende dei protagonisti: Miguel (Omar Banana) che è un adolescente che sogna di fare spettacolo e sua madre Reme (Ana Wagener), una sarta tradizionalista. L’amore di Reme per suo figlio le aprirà prospettive nuove. Il film mostra la nascita del movimento omosessuale di azione rivoluzionaria, i cui membri si riunirono all’inizio nel palazzo arcivescovile: la storia di una ribellione necessaria ispirata a fatti realmente accaduti, raccontata in modo vivace, con particolare cura nella composizione dell’inquadratura, singolare controllo creativo della profondità di campo e una fotografia dominata dal giallo, il colore luminoso che richiama il fuoco ma che simboleggia anche il pericolo. Con le esibizioni di Madame 2000 e di Miguel, Alejandro Marín crea uno spettacolo nello spettacolo e arriva esattamente dove vuole arrivare, coinvolgendo con una storia d’amore materno (di coraggiosa comprensione degli errori e di accettazione) ma anche di desiderio e di ribellione di un figlio. Un film con uno dei migliori cast del cinema spagnolo dell’anno, drammatico e pieno di buona musica, che si pregia di una sceneggiatura luminosa. L’esordio alla regia di Marín, che ha scritto anche la sceneggiatura con Carmen Garrido Vacas è un manifesto per la dignità e l’uguaglianza. Attraverso la lente di una donna che lotta per la libertà del suo unico figlio, il film è un invito a partecipare attivamente alla costruzione di una società più solidale. Nonostante la drammaticità del tema – in soggettiva vediamo ciò che vede Miguel e assistiamo alle sue messe in ridicolo, alle persecuzioni, all’immeritata pena detentiva e a tecniche “della riabilitazione” psichiatrica sperimentate sul ragazzo. Come la vita, Te estoy amando locamente, è miracolo dell’imprevisto: lo script brillante e la creatività nella regia è lontana dal cinema indipendente che ha trattato questo tema. Il film, che pare sia già diventato di culto, per dirla con La Dani ha un “punto di drammaticità, di amore“. È il punto che conquista.
Valeria Gennaro – cinematographe.it