Il racconto della corsa verso il titolo mondiale di Leile, una judoka iraniana che si troverà a dover fronteggiare non solo avversari di rango ma anche l’ottusità della federazione del suo paese che vuole evitare la possibilità di un ippon con la concorrente israeliana. Da emozionate percorso sportivo Tatami si trasforma in un ansioso dramma politico e anche qui il bianco e nero gioca a favore di un impatto visivo e narrativo davvero coinvolgente..
Iran 2023 (105′)
Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, diretto dalla regista e attrice Zar Amir, vincitrice del premio per la miglior interpretazione a Cannes 2022 per Holy Spider, e dal regista Guy Nattiv, Premio Oscar nel 2019 per il cortometraggio Skin, Tatami – Una donna in lotta per la libertà è il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana e un regista israeliano. Un tappeto al confine tra l’Europa e l’Asia diventa non a caso metafora di una lotta personale, politica e sociale, che i registi restituiscono con l’eleganza del bianco e nero, il rigore di una narrazione essenziale, asciutta (soprattutto nella prima parte) e una messa in scena tesa, senza orpelli, concentrata, capace di tenere il pubblico con il fiato sospeso. La storia è frutto della fantasia degli sceneggiatori, ma racconta dei tanti atleti iraniani costretti a subire odiose imposizioni dal proprio Paese, tra dignità calpestata, resilienza, ostinata ricerca della propria libertà. Nella scena in cui si toglie l’hijab per farsi medicare durante un incontro e poi continua a combattere a testa scoperta la protagonista compie lo stesso gesto delle manifestanti iraniane impegnate a protestare nelle scuole e nei cortei. Nei panni di Maryam c’è la stessa co-regista.
Alessandra De Luca – ciakmagazine.it
Il regista israeliano Guy Nattiv propone un’opera dedicata alla lotta e alla resistenza delle donne iraniane e in particolare delle atlete, nei confronti di un potere autoritario e misogino, che provoca ingiustizie, soprusi e forti limitazioni delle libertà personali: gli aspetti sorprendenti sono molti a partire dal coinvolgimento di Zar Amir Ebrahimi, già premiata per l’interpretazione di Holy Spider a Cannes 2022, come attrice, coautrice e sostanziale garante della genuinità di un progetto che poteva facilmente scivolare verso la retorica ed un eccessivo schematismo. A parte qualche eccezione di passaggi troppo didascalici, il film risulta invece avvincente ed emozionante, alternando credibili scene di combattimento con parti dedicate al conflitto interiore delle due protagoniste. La regia riesce a rendere molto cinematografico uno sport poco noto come il judo, anche grazie all’utilizzo di un gruppo di atlete di alto livello provenienti da tutto il mondo e lo spettatore si trova immerso in ogni singolo incontro grazie a un dinamico montaggio dove si susseguono primissimi piani, carrellate e campi lunghi. La fotografia in bianco e nero accentua il dramma personale delle due donne e se l’atleta rappresenta la giovane eroina che persegue con ostinazione e determinazione la sua decisione rivoluzionaria, molto più complessa risulta la figura dell’allenatrice, più matura e consapevole della gravità delle conseguenze del loro gesto.
longtake.it
L’israeliano Guy Nattiv e l’iraniana Zar Amir Ebrahimi sono consapevoli della forza intrinseca del conflitto a cui è sottoposta la protagonista e lo portano alla massima intensità, non aggiungendo distrazioni né altri elementi fondamentali al racconto. La lotta fisica è metafora di una lotta psicologica che è anche politica ed esistenziale, e trascende il singolo. Il bianco e nero universalizza quest’idea e materializza la natura estrema del ricatto. Anche la scelta della Georgia non è casuale: paese coproduttore del film, è però anche simbolo di frontiera, tra Europa e Asia, una frontiera che può essere momento di incontro oppure dolorosa sezione. L’essenzialità è la regola e si fa questione di stile. Il bianco e il nero sono anche i colori delle divise delle judoke, mentre l’incontro è materia di concentrazione, forza, velocità, tecnica. Il peso conta, ma il carico sulle spalle di Leila non si può misurare: non con la stessa unità di misura di chi appartiene ad un paese libero…
Marianna Cappi – mymovies.it