In una sauna costruita in un bosco rigoglioso, le donne di Voro, piccola città dell’Estonia, si ritrovano stagione dopo stagione. Nel caldo avvolgente di uno spazio scuro e protettivo, giovani e meno giovani parlano di sé stesse, trovando nella reciproca vicinanza il senso delle rispettive esistenze.
Smoke Sauna Sisterhood
Estonia/Francia/Islanda 2023 (89′)
SUNDANCE FILM FESTIVAL: Premio miglior regia (documentario)
Chi non risiede nei paesi nordici o baltici probabilmente trova leggermente ridicola l’idea che la sauna sia qualcosa di sacro. Ma il fatto che l’UNESCO abbia inserito la tradizione della sauna a fumo della contea di Võrumaa, in Estonia meridionale, nell’elenco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, mostra quanto la sauna sia parte integrante della vita di molte persone e società. Smoke Sauna Sisterhood, il documentario d’esordio di Anna Hints, proiettato nel concorso World Cinema Documentary del Sundance, è, da un lato, una celebrazione della sauna, che esplora i rituali e il folklore che si celano dietro l’esperienza. Ma è anche un inno al potere curativo della sauna a fumo – tanto spiritualmente quanto fisicamente – e alla forza interiore delle protagoniste che la frequentano.
In questo luogo, le donne si siedono e partecipano a un’esperienza unica. Il caldo aumenta, i corpi nudi grondano di sudore e le schiene sono colpite da ramoscelli di betulla. Ma mentre i loro corpi vengono purificati, con il calore della sauna e gli stagni freddi nella neve che vanno di pari passo, le donne trovano il tempo per rivelare le loro storie. Storie di tristezza, di terribili aggressioni sessuali e profonde perdite, di sessualità confusa e totale disperazione. Ma ci sono anche storie di incontri sessuali divertenti, di amore e di speranza. Nella sauna non c’è giudizio: solo accettazione. L’anima sarà purificata come il corpo.
Hints riesce a creare uno spazio etereo e magico in un film che richiede di essere vissuto su un grande schermo e con un pubblico. In quello che è ovviamente un risultato tecnico straordinario (Hints ha rivelato nelle interviste che la gente pensava che le telecamere non sarebbero mai state in grado di far fronte al calore della sauna), spesso si ha la sensazione di essere lì, nella sauna, e – per suggestione – quasi di sentire la temperatura del proprio corpo salire. Grazie all’intelligente fotografia di Ants Tammik, il film gioca con l’anonimato offerto da questo luogo. Le ombre, i fili di fumo e il luccichio della pelle rosa creano nell’insieme una bellezza astratta, uno spazio sicuro e sconosciuto, ma libero e accogliente. Il candore delle protagoniste è spesso commovente e le loro storie sono strazianti. In effetti, per quanto sia un esame dell’esperienza della sauna a fumo, è anche un documento fermamente femminista. Con tutte le sue storie di sottomissione femminile, il sottotesto del film riguarda una società che ha ancora molto da imparare sull’uguaglianza di genere. Ma c’è anche uno stare insieme, un legame che offre speranza per un domani più luminoso per una nuova generazione. Ci sono alcuni parallelismi tra la sauna e il cinema. Sono entrambi luoghi di oscurità collettiva, dove ci si riunisce per ascoltare e imparare e, quando le circostanze sono giuste, si esce dall’esperienza molto meglio di come si è entrati. Chi vede Smoke Sauna Sisterhood si sentirà sicuramente sollevato dopo averlo visto.
Laurence Boyce – cineuropa.org
La cosa che colpisce di Smoke Sauna è proprio la sua forma esibita: nel chiuso della sauna – microcosmo fisico e ideale, spazio di socialità e condivisione – la regista sottolinea il contrasto tra il nero delle atmosfere e il giallo-ocra dei corpi fiocamente illuminati dai bracieri o dalle lame di luce che filtrano dall’esterno. Le protagoniste sono filmate con piani ravvicinati che mettono in evidenza i dettagli – un piede, un seno, un braccio, un ginocchio, un frammento di schiena o di ventre… – mentre le parole si accavallano e delle persone che parlano si ascolta solamente la voce fuoricampo o si vedono i volti nell’oscurità. Il sudore della pelle crea inoltre effetti di luminescenza che aiutano l’atmosfera della sua sauna a farsi quasi magica, e a un certo punto, in un momento esplicitamente visionario, il racconto di un’anziana signora crea addirittura dal vapore l’immagine di una donna vestita in abiti tradizionali: una creatura mitica proveniente da una dimensione ancestrale (…)
In Smoke Sauna la vera forma di trascendenza sta nella concretezza dei corpi filmati e nella verità delle parole condivise. Libere di esprimersi e al tempo stesso consapevoli di essere filmate, le protagoniste del film si raccontano e si esibiscono nei racconti delle loro stesse vite. In questo modo si ascoltano storie e chiacchiere di ogni genere: le risate per la dimensione di un pene durante un incontro sessuale, il racconto di una maternità sofferta, il resoconto di un aborto forzato, il trauma di uno stupro da adolescente, il ricordo perduto nel tempo di una condizione femminile di eterna subalternità fisica e sociale (…) La regista non ha mai veramente il coraggio di abbattere il muro tra sé e i suoi soggetti, rendendo chiara in ogni momento del film la presenza del cinema, il suo equilibrio di chiari e scuri, di corpi e luci, di suoni e parole, anche di silenzi e di musiche dal sapore tribale. Eppure, proprio questo stile artificioso ermette alla parola sisterhood del titolo, vale a dire “sorellanza”, di acquisire un valore preciso: la sauna del film è un’astronave, un posto unico e assoluto, in cui spazio e tempo si confondono rimanendo sempre uguali stagione dopo stagione. Fuori c’è un mondo, dentro un altro: e solo nel buio della sauna le donne del film possono essere quello che veramente sanno di essere.
Roberto Manassero – mymovies.it