Anastasija e Diana, due sorelle che vivono in un orfanotrofio, vengono a sapere che una famiglia americana è intenzionata ad adottarle. Diana non vede l’ora di trasferirsi negli Stati Uniti, mentre Anastasia è meno entusiasta. Quando Alla, la loro madre biologica da cui sono state allontanate, si riaffaccia nelle loro vite, Anastasia fa di tutto per stabilire un rapporto con lei, ma Alla ha altri piani…
Māsas
Lettonia/Italia 2022 (104′)
Il mondo è un’infinita varietà di punti di vista e tonalità di grigio, e possiede una complicatezza tale che visto attraverso gli occhi di una ragazzina appare anch’esso intricato. Lo sguardo della giovane Anastasia (Emma Skirmante) , la protagonista dell’opera Māsas (Sisters, 2022), scritto e diretto dalla regista lettone Linda Olte, è quello di una ragazza ribelle e attaccata alla madre, la quale la considerazione verso sua figlia si altalena pericolosamente tra un salutare rapporto materno e una negligenza criminale. Partiamo dalle basi che caratterizzano questa storia che offre una profonda riflessione sul sistema degli orfanotrofi e in generale sul proletariato lettone. Anastasia e sua sorella minore Diana (Gerda alijēna) sono due ragazze affidate ad un orfanotrofio in seguito ad un episodio di abusi che ha portato alla morte del padre e all’arresto della madre. Anastasia è una ragazza ribelle. Il film inizia proprio con lei che libera dei cani da un canile, nella speranza di poterne adottare uno. Inoltre, fa il possibile per guadagnare qualche soldo, soprattutto in maniera illegale, come rubare vestiti da supermercati e rivenderli in giro, facendosi anche aiutare dalla sorella maggiore Jūlija (Katrina Kreslina), che avendo già un figlio vive col fidanzato in una casa popolare. Le due sorelle minori ricevono un’opportunità unica: una famiglia americana è disposta ad adottarle, e nonostante Diana sia entusiasta, Anastasia al contrario non vuole andare.
Cerca invece di riallacciare i rapporti con sua madre: Alla (Iveta Pole), uscita dal carcere, stabilendosi come cameriera in un ristorante di un supermercato. La madre inizialmente si riflette quasi come una copia più adulta della figlia: entrambe condividono lo stesso stile di vita poco ortodosso ma libero e spensierato. C’è un forte tentativo di riconciliazione da parte di Anastasia. Conoscendola più a fondo, però, scoprirà che sua madre non si è totalmente liberata dai suoi vizi e delle sue cattive compagnie. L’incontro con la famiglia americana apre quindi alla protagonista una nuova occasione per ricominciare, così come alla piccola Diana. La famiglia accoglie a braccia aperte le due ragazze e si approccia in maniera rispettosa nei loro confronti. La famiglia però, essendo cristiana purista, possiede un’etica fortemente religiosa e casta, lontana dal modo in cui Anastasia vive, e perciò la giovane ragazza rimane ancora più motivata a restare in Lettonia. Il finale quindi è aperto, con Diana che parte per gli Stati Uniti, Alla che è tornata ad ignorare l’esistenza di sua figlia e Jūlija che snobba la sorella per stare col fidanzato. Anastasia quindi prende il suo fidato skateboard e parte, andando verso chissà dove…
Nicolo Pollachin – taxidrivers.it
L’albero genealogico – cioè le relazioni familiari ridotte graficamente ad una espressione botanica, con frutti buoni e cattivi, rami secchi e foglie cadute – è al centro di Sisters, opera prima della regista lettone Linda Olte. Quell’albero genealogico che l’insegnante di una zona non lontana da Riga chiede agli alunni di disegnare ma che la tredicenne Anastasija (Emma Skirmante) proprio non possiede. Ospite di un orfanotrofo assieme alla sorellina più piccola Diana (Gerda Aljēna), mentre la sorella più grande Jūlija (Katrina Kreslina) ha già una bambina di pochi mesi e vive in social housing, Anastasija del suo albero sa solo una cosa: è nata in carcere, dove la madre Alla (Iveta Pole) era stata rinchiusa molte volte, l’ultima delle quali per aver scaraventato fuori dalla finestra l’uomo che stava seviziando con un accendino la piccola Diana. Ora Alla è fuori e Anastasija la rintraccia perché vuole a tutti i costi ricreare una famiglia con quella donna totalmente inaffidabile, che ha promesso alle figlie di portarle via da quell’istituto dove lei stessa è cresciuta, per poi sparire nel nulla (…) Nonostante i temi di questo dramma sociale dalla scrittura sensibile e lineare siano piuttosto battuti dal cinema, rimarrà allo spettatore la indovinata scelta della protagonista. L’obiettivo della regista, la cui esperienza documentaristica in tv è legata a questioni sociali riguardanti le famiglie e i bambini, è quello di sensibilizzare il pubblico sul problema delle adozioni, e può spingere a fare una più ampia riflessione sui rischi di disfacimento della famiglia in un contesto europeo di disagio sociale, alcolismo, disoccupazione e povertà, proprio mentre alcuni politici invocano più “Dio, Patria e Famiglia”.
Camillo De Marco – cineuropa.org