Prima della fine. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer

Uno storytelling emozionale ed innovativo del fatidico giorno della scomparsa di Enrico Berlinguer (7 giugno 1984), costruito con il solo utilizzo di materiale d’archivio (nessun commento, nessuna intervista, nessuna lettura postuma) per restituire la memoria collettiva di un evento che cambiò per sempre la storia repubblicana del nostro paese, un momento di passaggio e una fine.

Italia 2024 (75’)

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   Prima della fine. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer è il nuovo lavoro di Samuele Rossi (già noto a critica e pubblico per il commovente ritratto della resistenza de La memoria degli ultimi e per le biografie di Indro Montanelli, Margherita Hack e Carmelo Bene). Il documentario rappresenta un’evoluzione linguistica nel percorso di Samuele Rossi e vuole restituire la memoria collettiva di quell’evento attraverso uno storytelling emozionale ed innovativo costruito con il solo utilizzo di materiale d’archivio di natura molteplice proveniente da archivi nazionali ed internazionali lungamente scandagliati: una ricerca durata tre anni per consentire al film documentario di essere un’opera capace di ricostruire con profondità e una prospettiva nuova uno dei momenti che cambiò per sempre la storia repubblicana del nostro paese, un momento di passaggio e una fine. Quella di un politico amato, di un intero partito, di un’idea di Paese, forse addirittura la fine di un’epoca. Nessun commento, nessuna intervista, nessuna lettura postuma: il film propone un’accurata e rinnovata ricostruzione narrativa e visiva di quei sette giorni che sconvolsero l’Italia.

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   «È il mio film documentario più importante. Sotto ogni punto di vista. Un punto di arrivo, una resa dei conti, un gesto doveroso, necessario, personale, che recupera il dialogo con una storia che non ho vissuto direttamente eppure che ho, fin da piccolo, sentito sulla pelle attraverso i racconti dei miei nonni, di quella comunità di affetti e di valori, all’interno della quale sono cresciuto e che mi ha formato. Una storia che volevo fare mia, che volevo restituire alla mia generazione e a quelle future, che in qualche modo potesse essere nuovamente vissuta e conosciuta. Ed è il mio lavoro documentario più importante perché mette insieme un percorso durato anni di ricerca, di studio, di costruzione di un linguaggio che potesse essere radicale, che potesse rappresentare la sintesi dei miei precedenti progetti e al contempo restituire in modo delicato e rispettoso la cronaca di sette giorni. Quei sette giorni che sento abbiano in qualche modo tracciato un solco tra un prima e un dopo, tra un tempo chiaro e un tempo confuso. Perché, in questo nebuloso presente, quei giorni, quella storia, quelle emozioni mi sembrano una traccia capace di indicare una possibile direzione, una possibile ricomposizione di un senso, di un’idea di paese, di una memoria che si fa collettiva e non solo privata» (Samuele Rossi).

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