Sono passati più di 25 anni da quando Andrea Romanelli, progettista navale e velista, è scomparso in mare: stava tentando, con Giovanni Soldini, il record nella traversata dell’Atlantico. Il figlio Tommaso aveva 4 anni e ora, da regista, affronta un viaggio nella memoria alla scoperta del padre.
Italia 2024 (97′)
No More Trouble – Cosa rimane di una tempesta è la storia di un padre, di una madre e di un’onda assassina. Ma soprattutto, è l’indagine sentimentale di un figlio. Un figlio che di quel giovane padre, così appassionato e avventuroso, non ricorda nulla. È la notte del 3 aprile 1998, al largo delle coste francesi, 47°47’ N 13°50’ W. L’equipaggio di Giovanni Soldini, a un passo dal record sulla traversata atlantica New York-Cape Lizard, sta fronteggiando una depressione atmosferica violentissima: mare forza 9, raffiche a 80 nodi, onde di 25 metri. Andrea Romanelli si trova al timone di FILA, barca del futuro che lui stesso ha progettato pochi mesi prima, quando in un istante un’onda anomala gigantesca la fa rovesciare. Andrea è l’unico disperso e non sarà mai più ritrovato. 25 anni dopo, attraverso il linguaggio del cinema, la memoria diretta dei testimoni e la potenza dei materiali d’archivio, Tommaso Romanelli avvia una ricerca alla scoperta del padre: l’ingegnere visionario, il velista senza paura, il dolcissimo marito di Fabrizia. Cosa rimane di una tempesta? Rimane il viaggio di un figlio. Un racconto che parla di nostalgia, di passioni e dei grandi amori che custodiscono il senso ultimo della vita.
pressbook Tuckerfim
Ingegnere temerario e velista non meno temerario, Andrea Romanelli sta timonando Fila: un gioiello di 8 tonnellate. Un’incredibile barca del futuro che lui stesso ha minuziosamente cesellato. È il 3 aprile 1998, il cielo sopra l’Atlantico è viola, il vento e l’acqua sono una furia. I meteorologi attesteranno una depressione atmosferica violentissima, i superstiti descriveranno un incubo che sembra sognato da Omero. Tutto è feroce, tutto è fuori misura. Tutto fa male, quella notte, come l’onda immensa che disarciona Andrea e come l’oceano buio che lo inghiotte per sempre. Cosa rimane di una tempesta? Rimane il dolore, certo, e rimane la necessità della memoria. Memoria che Tommaso Romanelli, figlio di Andrea, ha ora tradotto in un magnifico documentario. Il rigore narrativo di No More Trouble – Cosa rimane di una tempesta appare chiaro fin dal sottotitolo: Tommaso non sceglie una domanda, sceglie un’affermazione. Presenta l’esito di un’indagine, un’indagine sentimentale priva di sentimentalismo, dove gli stati d’animo abitano dentro i fatti e dentro i fatti rimangono. Dove la potenza emotiva della cronaca, delle testimonianze dirette, degli infiniti materiali d’archivio sono il contrappunto di una traversata parallela. Dolce e silenziosa. Tommaso, che il 3 aprile 1998 aveva 4 anni, non viaggia alla ricerca di una verità: viaggia (teneramente, lucidamente) alla scoperta del padre. Storia di una famiglia di terra (quanta bellezza nei messaggi di Andrea per la moglie Fabrizia!) e di una famiglia di mare (l’equipaggio della Fila di Giovanni Soldini), No More Trouble si avvale di un eccellente montaggio visivo-sonoro e racconta le traiettorie dell’amore e del destino, della passione e dell’avventura. Un lucente inno alla vita che da un lato commuove e dall’altro accarezza l’anima.
Gianmatteo Pellizzari – messaggeroveneto.gelocal.it
Quando a poco più di trent’anni mio padre scomparve in mare, io avevo quattro anni. Non ho ricordi di lui. Per tutta la vita la sua immagine si è formata in me quasi esclusivamente a partire dalle parole e dai ricordi di mia madre, finché cinque anni fa, un po’ casualmente, ho trovato in casa delle videocassette. Cinque figure, avvolte nelle cerate rosse e gialle, nel mezzo della tempesta: erano le immagini della traversata dell’Atlantico della barca Fila durante la quale mio padre e i compagni di equipaggio si erano filmati con una videocamera fino a pochi momenti prima del naufragio. Si trattava di Giovanni Soldini, Andrea Tarlarini, Guido Broggi e Bruno Laurent. Per me, in quel momento degli estranei. Quelle immagini, riemerse da un passato che non conoscevo, mi hanno scosso profondamente. Attraverso quei materiali avevo la sensazione che sarei riuscito finalmente a incontralo, a conoscerlo, a capire forse cosa gli fosse successo. È iniziata così una ricerca, che nel corso di quasi quattro anni, mi ha portato a raccogliere un enorme archivio.
Tommaso Romanelli
Tommaso Romanelli dirige un’opera preziosa e di assoluto valore, in emotiva continuità rispetto alla straordinaria figura di suo padre Andrea, scomparso nel 1998 tra le onde dell’Atlantico. Ci sono documentari, e ci sono poi documentari come quello di Tommaso Romanelli. Inutile leggerlo dal punto di vista tecnico – pur essendo, anche in questo caso, particolarmente riuscito – in quanto sono invece le emozioni a rendere il film qualcosa che travalica addirittura il senso cinematografico. Perché, dietro la sua asciuttezza, nella sua straordinaria stilizzazione delle parole e delle immagini, No More Trouble – Cosa rimane di una tempesta è, invece, un tesoro prezioso. Un tesoro di ricordi, di parole, di volti. Quasi, un tesoro di profumi, sensazioni. Sembra di sentire l’odore del mare, di acqua spessa e infinita, o l’odore del legno umido, di una vecchia barca da riportare in vita. Del resto, non potrebbe essere altrimenti: No More Trouble è visto e raccontato con gli occhi di un bambino diventato uomo, alle prese con una mancanza incolmabile ma, forse, più stretta nel ricucire non la verità degli eventi (oggi è tutto relativo), bensì la verità umana di un uomo, scopriremo, di assoluto valore. Ingegnere, progettista navale, velista, avventuriero, lupo di mare. Andrea Romanelli, protagonista onnisciente, sempre lui al centro del viaggio, il suo volto e la sua cadenza friulana. Faccia da cinema, quasi. Andrea, scomparso nel nulla dell’Oceano Atlantico nella primavera del 1998, dopo essere arrivato a New York in barca a vela (la mitica Fila) in compagnia di una “ciurma” che, tutt’ora, accarezza le cicatrici di quel terribile momento. E in No More Trouble – il titolo arriva dal nome della barca, a sua volta ispirato da Bob Marley – il figlio Tommaso cuce il racconto attraverso la presenza dei compagni di equipaggio di papà Andrea: Bruno Laurent, Andrea Tarlarini, Guido Broggi e, ovviamente, Giovanni Soldini, che dirà quanto l’eredità di Romanelli viva attraverso la costante verità ricercata (…) Raccordato attraverso quelle che non sono semplici testimonianze e utilizzando i filmati originali ritrovati e incisi su vecchie VHS quello di Tommaso Romanelli è a tutti gli effetti un cammino alla riscopertadi una figura paterna, vista e disegnata seguendo l’ordine di un bisogno primario, e per forza naturale.
Damiano Panattoni – movieplayer.it