Lili d’Alengy è una cortigiana nella Parigi del 1900 che, per nascondere la figlia con disabilità, fugge a Roma per scappare dai giudizi della società parigina. Nella capitale incontra Maria Montessori, che con il suo metodo educativo rivoluzionario lavora per includere nella società anche tutte le persone “diverse” e, per questo, emarginate. Anche Maria nasconde un segreto (un figlio nato al di fuori del matrimonio) e le due donne si aiuteranno a vicenda per trovare e conquistare il loro posto nel mondo: una per rivalutare la propria vita e le proprie relazioni familiari, l’altra per fare la storia.
Francia/Italia 2024 (100′)
Il film inizia immerso nelle campagne italiane del 1900, mentre Maria Montessori (un’intensa Jasmine Trinca) la attraversa, dentro parole che idealmente abbracciano quella dedica: “Figlio mio, sono solo tua madre. Ma tu, mio eroe, mio unico amore, tu sei tutto per me. E tutto quello che realizzerò, fino alla mia morte, sarà per te”. Quel figlio, Mario, che lei non vide per ben 12 anni, fino a quando non si ritrovarono che aveva 15 anni, non separandosi più. La nouvelle femme delinea ciò che diventerà Maria Montessori, nella forza e straordinarietà della pedagogista, educatrice, medico nata a Chiaravalle (Ancona). Prima ancora delle Case dei Bambini, di un Metodo Montessori, si assiste ai passi compiuti per difendere la propria libertà, in un cammino di emancipazione in cui “quando ho cominciato i miei studi – come pronuncia durante un’autopsia – era impensabile che una donna facesse medicina. Poiché la conoscenza del corpo umano doveva restare esclusivamente maschile”. Ed è nell’incontro di due donne, Maria Montessori e Lili d’Alengy (personaggio di finzione interpretato da Leïla Bekhti con tinte spavaldamente malinconiche), cocotte parigina d’alto bordo che fugge dalla capitale francese e arriva a Roma per nascondere la figlia affetta da problemi cognitivi, che nasce la frattura dalle cui crepe avverrà la possibilità di cambiamento per entrambe; di esperire il senso di quella Nouvelle Femme, che “era il modo in cui si definivano le donne emancipate di inizio secolo, per un discorso che doveva essere esaurito molti anni fa, – come ha dichiarato Jasmine Trinca – ma che invece è molto attuale”. Lili porta la figlia in un centro in cui vengono seguiti i bambini che oggi si definirebbero neuroatipici, ma che allora si catalogavano come “deficienti”, “idioti”. Primario Giuseppe Montesano (interpretato da Raffaele Esposito), sua assistente, non pagata, è Maria Montessori. Vuole lasciarci ciò che vive come una disgrazia. E che invece nel corso del film recupererà, grazie al confronto delle due, i toni del dono. “Educare è amare”, asserisce Maria Montessori, quando mostrano a un gruppo giudicante di medici, tra cui il Lombroso, i risultati compiuti con i bambini “deficienti”, capaci di miglioramenti impressionanti grazie a quell’attenzione. (…) Maria Montessori – La nouvelle femme è un inno struggente alla libertà, un monito sulle privazioni vissute per un bene superiore.
Giacomo D’Alelio – cinematografo.it
E in principio fu la femmina. La nouvelle femme – in italiano Maria Montessori – è il film femminista e femminile che serviva. Non tanto per il sempiterno e logoro parallelismo con il presente, quanto invece proprio per capire lo sprofondo da cui le donne (e gli uomini) provengono nell’appena ieri e cosa accadeva 125 anni fa a Roma alla terza donna italiana laureata in medicina, ovvero Maria Montessori (nel film interpretata da Jasmine Trinca). Co-titolare assieme al compagno dell’istituto ortofrenico (pedagogico) dove si aiutano i bimbi “deficienti”, nonostante la tenacia e i successi nel suo lavoro, Maria è ancora ombra, seconda linea, sfondo rispetto al dottore maschio. È nell’istituto romano che arriva Lily D’Alengy (Leila Bekhti), gran signora e intrattenitrice dei salotti parigini, a cui è stata riconsegnata dalla madre morta la figlia che teneva nascosta. La piccola Tina, anche lei con il linguaggio dell’epoca una deficiente, per la vergogna viene mostrata, e spinta a vivere nell’istituto, come nipote. I progressi della piccola e l’avvicinamento tra le due donne dall’identico temperamento ma dalla differente immagine pubblica (ma se si vuole anche due lati opposti della stessa medaglia femminile) farà infine emergere i problemi di Maria: il figlioletto appena nato affidato a una balia affinché nessuno vociferi di bimbi nati tra persone non sposate, nonché il fermo convincimento della Montessori di non volersi sposare in quanto “non vuole essere schiava e proprietà di nessuno”. Il tema politico e di genere, con relativo immane squilibrio tra le parti, c’è tutto. I binari dell’impianto ideologico su cui far scorrere una irruenta, scientifica, intima battaglia emancipatoria della donna anche. Ma questa volta La Nouvelle Femme/Maria Montessori riesce a scansare i cliché didascalici di tanto cinema “femminile” contemporaneo grazie ad un racconto innervato da un sobrio ed essenziale senso per le immagini. Ed è poi attraverso la tensione vibrante di una Trinca drasticamente matura e irosa che il realismo della figura della Montessori si unisce al carattere finzionale e apparentemente frivolo della D’Alengy in una naturale, umana ed economica sorellanza. In pratica La nouvelle femme/Maria Montessori è un film dove il maschio si fa ottusa grigia comparsa e gradualmente sfila di lato, anzi addirittura poco dopo la metà dell’opera proprio scompare lasciando la scena ad una rivoluzione storica rigeneratrice che attraverso l’innovativa tollerante brillante pedagogia per bambini che verrà (il Metodo Montessori) innalza la donna a diversi metri oltre l’uomo…
Davide Turrini – ilfattoquotidiano.it