È un rapporto di affetto sincero e potente, quello tra Cléo, sei anni, e la sua tata Gloria, un legame del tutto simile a quello che lega madre e figlia. Così, dopo che Gloria è dovuta tornare a Capo Verde per prendersi cura della sua famiglia, la bambina l’estate successiva viaggia fino al Paese natale della sua tata e passa con lei un’ultima estate carica di dolcezza e speranza. Un’esperienza indimenticabile per imparare a crescere e gettarsi con coraggio nell’incertezza del futuro.
Ama Gloria
Francia 2023 (84′)
Presentato come film d’apertura della Semaine de la Critique, L’estate di Cléo è un film che parla di rapporti familiari, legami che travalicano non solo il focolare domestico ma le stesse differenze culturali. Il rapporto tra Cléo e Gloria è fatto di sguardi, carezze, complicità e moniti, una fisicità materna e magnetica che le avvicina l’una all’altra e costruisce mattone dopo mattone un rapporto che piano piano si fa sempre più forte e saldo. La donna sente la voglia e il dovere di tornare dai suoi figli e al contempo è provata dal dolore che sente per la separazione dalla bambina che ha accudito per anni e da quello che nel tempo è diventato qualcosa di più di un semplice impiego full time. La sua famiglia è sempre stata divisa, proprio come il suo cuore e questo lo comprendiamo meglio quando è lei ad ospitare Cléo a Capo Verde luogo in cui Gloria diventa fulcro di legami affettivi dettati tanto dal sangue quanto dal cuore. In questa dimensione puramente intimista le inquadrature si fanno più strette, la camera si avvicina ai volti e ai corpi quasi per accarezzarli con tenerezza commovente. Allo spettatore è consentito uno sguardo delicato, mai invadente, su un equilibrio precario, su personaggi così ben scritti che non fatichiamo a pensare possano essere reali, perché la storia raccontata da Marie Amachoukeli (anche sceneggiatrice del film) è tanto comune quanto eccezionale. Nell’avvicinarsi alle protagoniste la regista mostra sempre riguardo ma allo stesso tempo, in più occasioni, lascia fuori il contesto per metterle al centro della scena, per rendere manifesto e ribadire il punto di vista del racconto. Per offrire maggior supporto alla costruzione dei personaggi sono stati inseriti dei frammenti in animazione che aprono una finestra sull’animo e il passato delle due protagoniste. Lo stile grafico dal forte sapore pittorico, rimanda immagini oniriche e ricordi che trasportano chi guarda nella mente di Gloria e Cléo. Le paure, i desideri e il passato si fondono in pennellate decise di colore mutevoli e tumultuose come l’animo umano, scandendo i tempi di una narrazione essenziale, asciutta ed equilibrata; una storia commovente ma priva di pietismo che ribadisce l’ottima mano della sua creatrice, una regista con una sua visione e un suo stile ben preciso in grado di rendere immense anche le piccole storie comuni.
Erika Sciamanna – movieplayer.it
Il rapporto tra una bimba e la sua tata diventa il simbolo dello sfruttamento delle colonie. Una bambina che cresce in simbiosi con la sua tata adorata. Una tata che ricambia tutto quell’amore ma viene da lontano e improvvisamente deve fare ritorno alla sua isola. Un’estate che resterà diversa da tutte le altre perché è quella in cui la piccola Cléo capisce che Gloria non è “sua”, e soprattutto che non lo sarà per sempre. Anche se nulla, forse, eguaglierà mai la ricchezza di quei giorni a Capo Verde. Una ricchezza fisica, emotiva e anche intellettuale, per noi spettatori, cui la franco-georgiana Marie Amachoukeli, classe 1979, dà forma con intensità commovente. Non solo perché usa brevi e magnifici inserti in animazione per spingersi nelle zone più intime dell’esperienza di Cléo – i ricordi più remoti, lo splendore assoluto e perduto di un’età unica, la fisicità perentoria di emozioni e pensieri – ma perché pur senza sollevare lo sguardo da Cléo e Gloria (Louise Mauroy-Panzani e Ilça Moreno, portentose), non smette mai di raccontare il mondo intorno a loro, dunque la distanza tra l’Europa e le sue ex -colonie. Distanza che il presente non riduce ma semplicemente ridisegna. Gloria infatti non è solo la madre vicaria di Cléo (scopriremo tardi perché). È anche una migrante economica, che il figlio rimasto a Capo Verde quasi non conosce e dunque detesta (Quella puttana! Non le devo niente).
Cosa che non facilita i rapporti con quella pseudosorellina bianca e occhialuta venuta da Parigi. Ma questo è solo uno dei mille fili di un film abilissimo nel tenere insieme i più vari sottotesti senza mai perdere di vista l’essenziale. Mentre Cléo impara a crescere, ovvero a separarsi, intorno a lei accadono infatti mille cose piccole e grandi, talvolta enormi. Capo Verde pulsa di vita, di incontri, di segreti che non sempre verranno svelati. Ci sono gravidanze, legami più o meno nascosti, riti religiosi, una lingua incomprensibile ma carica d’urgenza, vulcani in lontananza e sabbie in cui i piedi sprofondano. Tutto visto con gli occhi attenti di una bambina che insieme con quel mondo sconosciuto scopre se stessa. E con se stessa Gloria, la sua vita passata e presente, tutto ciò che la macchina da presa non mostra ma ci fa capire. L’estate di Cléo tiene in perfetto equilibrio due personaggi e due mondi paralleli, con la grazia dei veri narratori (…) Un piccolo grande film che commuove e fa pensare.
Fabio Ferzetti – L’Espresso