Nel cuore delle montagne del Giura (Svizzera), mentre le nebbie invernali si dissipano, un richiamo riecheggia nella foresta. La sagoma di una lince euroasiatica si delinea tra i faggi e gli abeti. Chiama la sua compagna. Questo è l’inizio della storia di una famiglia di linci. La loro vita scorre al ritmo delle stagioni: la nascita dei piccoli, l’apprendimento delle tecniche di caccia, la conquista di un territorio e tutte le difficoltà e i pericoli che comporta.
Lynx
Svizzera/Francia (82′)
Nel massiccio del Giura, tra le distese innevate di abeti e faggi che separano la Francia dalla Svizzera, echeggia un suono. Sono i passi di una lince che corre libera verso la sua foresta. Questo quadretto vi intenerisce? Purtroppo, rischia di diventare un ricordo: la lince sta sparendo. È il senso di urgenza che pervade la prima scena di Le linci selvagge, il nuovo documentario diretto dal fotografo naturalista Laurent Geslin. Ambientata nel massiccio del Giura, la pellicola segue una famiglia di linci eurasiatiche, mammiferi a rischio di estinzione e tra i più rari in Italia. Gli 82 minuti della pellicola raccontano le avventure di una famiglia di linci euroasiatiche (Lynx lynx) alle prese con la quotidianità, esemplari che Geslin ha monitorato – tramite pazienti appostamenti – per nove anni. La minaccia più grande per la loro esistenza siamo noi umani: la moda le ha trasformate in fonti di pellicce, i cacciatori le detestano perché si cibano di conigli, l’urbanizzazione ha frammentato i loro habitat e il cambiamento climatico ha esacerbato la diffusione di malattie tra le popolazioni. Nel Giura, la specie è stata reintrodotta soltanto cinquant’anni fa, dopo oltre un secolo di assenza. Sono quattro le specie di lince che abitano il pianeta e si dividono tra l’Asia Centrale, l’Europa Occidentale e l’America del Nord. Quasi tutte, ancora oggi, figurano nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn). Il film sollecita adeguate azioni di conservazione e, al contempo, svela alcune curiosità etologiche (…)
I piccoli acquisiscono la loro indipendenza a dieci mesi di età, ma si stabiliscono in nuovi territori soltanto a due anni dalla nascita. Mentre i maschi prediligono scegliere habitat in zone più distanti dal loro territorio di provenienza, le femmine hanno abitudini opposte. Entrambi, però, devono imparare dai genitori l’arte del sapersela cavare: i cuccioli, come rivela lo stesso documentario, ricevono fin da subito lezioni di autodifesa, di salto (riescono a farne fino a due metri di altezza!) e pazienza. Tra camosci, aquile, volpi ed ermellini, la macchina da presa ci conduce nel cuore pulsante di una montagna che – con i suoi alberi e i suoi eventi meteorologici – sa essere ora forte ora fragile (…) Un’operazione di educazione del grande pubblico, quella di Geslin: la lince euroasiatica è il mammifero più raro del nostro Paese e rischia di aggiungersi al fitto elenco di specie scomparse. Conoscere la natura è il primo passo per amarla.
Alessio Cozzolino – corriere.it
Le linci selvagge insegna a rivedere le proprie priorità, a rallentare, propone una narrazione lenta, rilassata, profonda, mai superficiale, mai colma di luoghi comuni, mai di frase fatte, perché, se si sa prestare il giusto ascolto, i tempi sono quelli autentici, biologici. Le inquadrature e i primi piani delle linci sono impressionanti ed efficaci perché colgono le “debolezze” e le incertezze di questi esseri viventi senza sconvolgere le loro esistenze con uno sguardo presente, non soffocante o limitante. Guardare i primi passi incerti, instabili dei cuccioli di lince ci ricorda come l’equilibrio tra ambiente e uomo, se non preservato adeguatamente, sia precario e instabile, come la vita. Quella vita che l’uomo, i bracconieri, si sentono in dovere di togliere a loro piacimento a questi esemplari, cacciandoli con mezzi, che di naturale hanno ben poco (…) Laurent Geslin riesce a raccontare la storia di una famiglia felina, con le sue gioie, i suoi dolori, riportando alla luce l’amore materno universale che rimprovera o sprona i piccoli allo scopo di farli diventare autonomi ed indipendenti. Il regista ci insegna che ogni animale ha una sua personalità, che perderne uno di vista per sette, otto mesi è la norma e che, a volte, sembra di ricercare l’invisibile (…)
Le immagini raccontano, fanno riflettere, esaltano una realtà che ancora si può salvare, ricordano l’importanza delle specie, della biodiversità. Abbiamo l’obbligo di lasciare impronte sulla neve, non sovrapponendole a quelle della lince, ma affiancandole con pazienza e fiducia, rispettando i suoi tempi e i nostri che sembriamo avere un po’ perso, costruendo strade che non sbarrino percorsi, ma costruiscano l’avvenire.
Laura Dotta Rosso – cinematografo.it