C’era una volta e c’è tuttora… una grande quercia, vecchia di oltre 200 anni, diventata la casa per tanti animali che condividono le sfide della natura. Un micromondo che è metafora del valore della biodiversità che ci stiamo perdendo.
Le chêne – The old Oak
Francia 2022 (80′)
C’era una volta e c’è tuttora… una grande quercia, vecchia ben 210 anni, diventata pilastro e punto di riferimento per un intero microuniverso di piccoli abitanti. Qui, lo scoiattolo raccoglie le sue provviste, le formiche edificano i loro regni e il topo selvatico trova riparo dal famelico rapace. Loro e molti altri sono i teneri protagonisti di una vibrante avventura per tutta la famiglia, una emozionante ode alla vita in cui la natura racconta se stessa: la propria bellezza, le proprie sfide e le splendide giornate di sole che sempre seguono i più violenti acquazzoni.
pressbook I Wonder
…Tanti i documentari sulle piante. Ma qui, come in una rivoluzione copernicana, per la prima volta si guarda una quercia attraverso gli occhi, le zampette, le ali dei suoi abitanti ed esclusivamente dal loro punto di vista. Attualissimo nel renderci consapevoli della fragilità degli equilibri della natura in tempi in cui il surriscaldamento globale indotto dalle attività umane è in aumento. Come una nuova frontiera, un nuovo paradigma del mondo non umano, questo film, frutto di un grande lavoro iniziato nel 2017 con gli scienziati del Museo nazionale di storia naturale, ci rende consci dell’enorme ricchezza di quest’albero attorno al quale ruota la vita. E la cosa straordinaria è che questa grande quercia, senza movimenti e senza espressioni, riesce con la sua sola presenza a catturare l’attenzione dello spettatore per più di un’ora esattamente come farebbe un attore o un’attrice in un film. Eppur si move…direbbe Galileo Galilei, perché in realtà non è ferma. Movimenti impercettibili all’occhio umano, ma sorprendenti e unici. Basta saperla guardare attentamente e oltre come fa questo film, che coniuga una produzione di finzione a una storia naturalistica, forti intenzioni estetiche da una parte e tecnologiche dall’altra. Salvaguardia del nostro patrimonio naturale e simbolo di speranza per le generazioni future, si muove, unisce con i suoi rami la terra e il cielo, come canta Tim Dup, e al tempo stesso rimane ferma, nei secoli, in piedi (…) La vita e la morte. Il giorno e la notte. L’estate e l’inverno. Il sole, la pioggia e la neve. È il ciclo della vita che si alterna da anni, ben 210 per la precisione, sotto l’enorme quercia, protagonista assoluta di La quercia e i suoi abitanti di Laurent Charbonnier, maestro dei documentari naturalistici, e Michel Seydoux, celebre produttore qui al suo esordio alla regia. All’ombra di questo grande albero secolare, sito nella verdeggiante regione francese della Sologne, vivono tanti piccoli e grandi abitanti (…) Un’ode alla vita e alla sua poesia. Un viaggio accompagnato dai suoni della natura, animaleschi (squittii ai cinguettii) e non (dalla pioggia al vento che fa ondeggiare i rami), ma anche dalle suggestive musiche originali di Cyrille Aufort (La Glace et le ciel e La marcia dei pinguini). Una colonna sonora che si rifà ai grandi classici come la Sinfonia pastorale di Beethoven o La Sagra della Primavera di Stravinsky e che si conclude con la bellissima canzone originale dei titoli di coda, Et Tu Restes, scritta e interpretata dal cantautore francese Tim Dup.
Giulia Lucchini – cinematografo.it
La regia qui lavora prima sul silenzio, poi sulla direzione degli sguardi tra animali – come le inconsuete soggettive di un insetto o di un cinghiale – e sull’accelerazione dei loro movimenti, pensieri, reazioni. È l’apoteosi di un voyeurismo che mette lo spettatore a distanza ravvicinatissima dall’oggetto osservato e lo seduce con un découpage così laborioso e smaccato da risultare quasi invisibile. In alcuni momenti (Sway di Dean Martin, lo standard boogie woogie di In the Mood) la musica irrompe in funzione sdrammatizzante e accattivante, o trasforma un appostamento in una sequenza da spy story, o un inseguimento nel più vorticoso degli action movies. Su tutto il film aleggia la nostalgia di un’ecologia da idillio, pre Antropocene, evocata e costruita millimetricamente attorno al più durevole e affidabile dei vegetali. Un esercizio straniante di notevole fattura tecnica, un’esperienza sensoriale inedita e ipermanipolata, che penetra la natura e trasforma in fiction la sua osservazione.
Raffaella Giancristofaro – mymovies.it
La prima immagine in primo piano è quella di una ghianda. E del resto parte tutto da lì. Una ghianda come tante altre, che dondola dal ramo di una quercia come tante altre, in un bosco come tanti altri. E che un giorno, forse, sarà a sua volta quercia. Ma quella a cui oggi è legata è quercia che nel suo essere normale — è una delle piante più diffuse in tutti i continenti — è anche qualcosa di speciale. Non solo perché si tratta di una quercia peduncolata (Quercus Robus) nata nel 1810 e ancora lì ad osservare la vita che scorre e ad esserne parte integrante. Quella quercia è un mondo. Di più, un piccolo universo. La casa, il nutrimento, il terreno di caccia per decine di animali piccoli e grandi, insetti e volatili, roditori e rettili. Che partecipano tutti insieme alla grande recita dell’esistenza. Una quercia, nulla più. Ma questo è già tanto. Una tra milioni, ma che da sola racchiude in sè tutto il concetto di biodiversità.
Se ne parla molto negli ultimi anni, in Italia la biodiversità l’abbiamo anche fatta entrare nella Costituzione. Ma se ne parla perché purtroppo la stiamo lasciando andare. Ogni giorno ne perdiamo un pezzetto: perché disboschiamo foreste per avere legname e creare nuovi pascoli o terreni su cui insediare coltivazioni o allevamenti intensivi; perché la uccidiamo con l’inquinamento atmosferico; perché la consideriamo forse un po’ di troppo in quella che siamo abituati a considerare civiltà, salvo poi stupirci quando, dal cambiamento climatico alla diffusione dei virus, il conto da pagare arriva direttamente nelle nostre città. La natura nell’immaginario di tutti è qualcosa di immenso e di infinito. Ma non è così, la stiamo consumando sempre di più. E ce lo ricordano anche Laurent Charbonnier e Michel Seydoux (…) Un’intera giornata, con l’alternarsi del giorno e della notte. Un intero anno, con il trascorrere delle stagioni e gli adattamenti del microcosmo che con essa vive. Oltre ai balanini gaudenti di cui abbiamo detto sopra, i protagonisti sono tutti gli abitanti di questo mondo, parte del più grande universo che è il pianeta. Lo scoiattolo rosso, autoctono in Europa ma sempre più minacciato dal «cugino» grigio americano, specie cosiddetta aliena, che ora si sta prendendo tutti gli spazi; il topo selvatico, il picchio rosso maggiore, la cinciarella, l’astore (un rapace della famiglia degli Accipitridi, la stessa di aquile, poiane e sparvieri), il barbagianni. E ancora: la nutria, il cinghiale, il tasso, il capriolo che si aggirano a terra ma sempre nei dintorni (…)
Dovrebbero guardarlo, questo film i grandi del mondo. Forse capirebbero meglio quale è il patrimonio a cui rischiamo di rinunciare (…) La pellicola non fa discorsi politici, non ci sono neppure dialoghi perché tutto il racconto è per immagini, con riprese ravvicinate spettacolari (alcune geniali, come l’espansione notturna del micelio), ed è accompagnato dai suoi originali della natura e da una colonna sonora ad hoc che vi si ispira. Poche concessioni a brani già esistenti, come Dean Martin che interpreta Sway durante la danza d’amore di due balanini della ghianda, una specie particolare di coleotteri; o il Lascia ch’io pianga di Haendel, che annuncia malinconicamente l’arrivo dell’inverno. O, ancora, Et tu restes, di Tim Dup, brano nato proprio dal film, già diventato inno di alcune manifestazioni ambientaliste…
Alessandro Sala – corriere.it