Goodbye Julia

Mohamed Kordofani

Sudan, poco prima della guerra di secessione. Mouna, donna benestante di Karthoum, provoca involontariamente la morte di un giovane uomo del Sud e, distrutta dal senso di colpa, assume come domestica sua moglie Julia, ignara dell’accaduto, accogliendola in casa con il figlio Daniel. Un rapporto di improbabile e inconsapevole complicità si innesca tra le due donne, in un crescendo che finirà per cambiare per sempre le vite di entrambe.

Wadaean Julia
Sudan/Svezia/Germania/Arabia S./Francia/Egitto 2023 (120’)
 

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   Non tutte le verità sono buone da raccontare”, soprattutto quando ci sono conflitti molto gravi tra individui che abbracciano un paese intero. Eppure, è spesso attraverso lo scambio, per quanto spaventoso e doloroso possa essere, e con la manifestazione della verità che i destini si liberano. Goodbye Julia, l’eccellente opera prima di Mohamed Korfani, presentata nel programma Un Certain Regard del 76° Festival di Cannes, è ambientato in questo contesto, nel Sudan convulso del 2005-2010, posto di fronte alla scelta della divisione. Un film che riesce a trovare il perfetto equilibrio tra un intelligente sfondo politico e culturale e una trama al tempo stesso avvincente e molto intima, che si immerge nella vita quotidiana di una coppia musulmana di Khartum che assume e ospita una “meridionale” e il suo giovane figlio, arrivati lì non per caso, ma a seguito di eventi sfortunati e segreti colpevoli. Akram (Nazar Goma) e Mona (Eiman Yousif) vivono in una bella casa, ma fuori l’atmosfera è estremamente tesa e pericolosa: è il 2005 e la morte accidentale di John Garang, il leader del Sud, provoca disordini nelle strade della capitale sudanese. Si spara, le finestre vanno in frantumi e Akram imbraccia le armi (…) Insabbiato un omicidio che l’ha coinvolta, Mona, consumata dal senso di colpa, trova Julia, la vedova, che cerca disperatamente e invano il marito scomparso, e la assume come collaboratrice domestica, offrendo a lei e al figlio Daniel un tetto sopra la testa, senza però rivelare loro le sue vere motivazioni e nascondendo la verità anche al marito. Ma tutti questi segreti possono reggere mentre le due donne si avvicinano e diventano amiche nel corso del tempo, e mentre si profila il voto per la divisione del paese nel 2010? E questi segreti non nascondono forse altri segreti, segreti di donne? Attraverso le relazioni che si sviluppano in questa “famiglia” riunita dalle circostanze sotto lo stesso tetto, e sulla base di un’ottima sceneggiatura, Mohamed Korfani fotografa, radiografa e decifra meravigliosamente tutte le sfumature degli acuti problemi sudanesi dell’epoca. Ignoranza totale dell’altro, razzismo istituzionalizzato: come ristabilire il dialogo? Possiamo liberarci dai fantasmi del passato, anche a livello più privato, dove soprattutto le donne hanno molto in comune? Queste sono solo alcune delle domande esistenziali a cui Goodbye Julia cerca di rispondere attraverso la sua coppia di splendidamente interpreti…

Fabien Lemercier – cineuropa.it

Qualcosa si sta muovendo in Sudan se parliamo di cinema? In uno dei Paesi scossi negli ultimi anni da una delle guerre interne più devastanti a livello mondiale? C’è spazio per una nuova generazione di cineasti che sappia farsi portatrice di uno sguardo potente per raccontare il proprio Paese, le tensioni che lo attraversano, le storie comuni, i riflessi politici, senza dimenticare la relazione con il Sud Sudan – nato nel 2011 dopo un referendum previsto dagli accordi di pace che posero fine a decenni di guerra civile? A vedere Goodbye Julia, opera d’esordio di Mohamed Kordofani, i dubbi sorgono e concernono proprio lo sguardo adottato per descrivere i complessi rapporti tra la popolazione musulmana del Nord e quella cristiana del Sud in un preciso periodo storico. Nato a Khartoum, Kordofani (non l’unica voce, va ricordato, di un cinema sudanese che cerca comunque un posto sulle mappe cinematografiche odierne), ambienta il suo primo lungometraggio nella capitale sudanese in due date – poste come didascalie – che corrispondono alle due parti che compongono il film: il 2005 e il 2010. Vale a dire, prima della separazione del Sud dal Nord (sulla quale termina Goodbye Julia con la partenza dei sudanesi meridionali, trattati come schiavi in Sudan, verso il nuovo stato). Bastano poche scene, poste in apertura, nella Khartoum dell’agosto 2005, per esprimere il clima di tensione che si respira. C’è un interno familiare, la casa di una coppia musulmana benestante (Mona ha dovuto abbandonare il piacere del canto per via dell’opposizione del marito falegname Akram, possessivo e conservatore). E c’è un esterno dove fervono rivolte dei cristiani alla notizia della morte in un incidente del loro leader John Garang, strade piene di gente che assalta le abitazioni e dà fuoco alle automobili.

[Spoiler] Bakri, vicino di casa di Mona e Akram, non esita a sparare, pur se in aria. Julia, il marito Santino e il figlio Daniel sono invece cristiani del Sud, malvisti, si vogliono bene ma sono impauriti dai nuovi accadimenti. Il pre-testo per fare incontrare questi personaggi, queste due famiglie, in particolare le due donne, è un piccolo incidente: Mona in auto investe, senza conseguenze, Daniel e, presa dal panico, scappa, inseguita in moto da Santino fin sotto casa. Sulla soglia, Akram reagisce e spara a bruciapelo a Santino uccidendolo e, con la complicità della polizia, cancella le prove della sua colpevolezza. Sarà Mona a inventarsi una soluzione, che innescherà tanto ulteriori tensioni quanto nuove e inattese relazioni, per riparare quanto successo.
E la menzogna diventa il perno della narrazione perché a volte è meglio mentire che dire la verità, anche se poi quest’ultima affiora o, meglio, è già affiorata e a sua volta tenuta nascosta. Fino al momento in cui si dovranno fare delle scelte. E qui ai due personaggi femminili è affidato il riscatto e l’inizio di una nuova fase delle loro vite ((siamo nel dicembre 2010 nel pieno della transizione)): Mona tornerà a cantare. Julia si imbarcherà, come migliaia di altri, su un battello verso il Sud Sudan indipendente…

Giuseppe Gariazzo – duels.it

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