Gloria, ex moglie di un gangster del Bronx, si ritrova tra capo e collo un bambino portoricano in fuga da dei malavitosi, che vogliono mettere le mani sul ragazzino per vendicarsi di un torto subito dai suoi genitori. I due si mal sopportano, ma lei si affezione e quando sono costretti a scappare insieme trova in se stessa una grinta che lascia spiazzati gangster e pubblico…
USA 1980 (123′)
VENEZIA 37° – Leone d’oro (ex aequo con Atlantic City)
John Cassavetes si tuffa in una rappresentazione urbana a misura di grande città, mettendo in scena il rapporto a metà tra buddy movie e film gangsteristico di una coppia improbabile come altre che hanno già abitato i suoi film ma legata, in questo caso, dal vincolo di una parentela non genetica ma acquisita. C’è qualcosa di magico nel modo in cui Cassavetes si approccia allo spazio e all’umanità sbruffona e petulante del personaggio di Gloria, affidato alla moglie Gena Rowlands, qui carismatica e gigiona…
longtake.it
Probabilmente Gloria, a differenza degli altri fìlm di Cassavetes, sarà un film da difendere; e non dalla censura del mercato, dai silenzi, dalle indiscriminate mutilazioni cui sono state fatte oggetto le opere precedenti dell’autore, ma dalle tendenze contrapposte dei tradizionali suoi ammiratori da un lato e degli appassionati del genere ‘nero’ o d’azione dall’altro. Infatti il film, mentre per i primi può risultare superficialmente spettacolare, vuoto della precisione sociologica e dell’accuratezza introspettiva che costituivano l’ossatura portante delle realizzazioni precedenti, ai secondi, contraddittoriamente, può apparire scarno di azione drammatica, privo, comunque, di gran parte dei topoi dei genere. Effettivamente Gloria, se da un lato, trascinato dal proprio dinamismo, è impossibilitato a soffermarsi sull’analisi microscopica e tagliente, dall’altro sviluppa la propria azione sulla base di un unico evento iniziale, senza affiancargli, a livello di puro plot, nessun “fatto” ulteriore. Le incessanti azioni spettacolari bloccano sul nascere le meditazioni introspettive, così come gli improvvisi e insistenti primi piani caricano di sottili implicazioni fughe e scontri a fuoco. Nero travestito da spaccato di vita urbana e, viceversa, romanzo psicologico sotto le spoglie dei film d’azione, Gloria trova il proprio equilibrio in questo sovraccarico di stimolazioni (peraltro lucidissimo, mai ridondante), che si risolve in una deliberata assenza di contenuti, tanto più rinnegati e derisi quanto più sono apertamente strombazzati. Nel film si parla troppo e si corre troppo perché parola e corsa possano essere dei tutto prese sul serio; l’eccedenza e la reciproca negazione di entrambe danno luogo, in maniera inavvertita e divertente, a una sintesi compatta che ha come oggetto primario il senso dello spettacolo cinematografico.
Che, dopo film quali Minnie e Moskowitz, La sere della prima, Assassinio di un allibratore cinese, Cassavetes dovesse giungere a un film sul cinema era tutto sommato ovvio; molto meno ovvie erano le modalità attraverso le quali questo irriducibile emarginato avrebbe fatto i conti con il cinema proprio e altrui, con Hollywood e con la propria precisa scelta antihollywoodiana. Le strade erano tutte più o meno abbozzate e percorribili: dalla antinarratività programmatica di Mariti e Una moglie alla rivisitazione/decodificazione dei nero di Assassinio di un allibratore cinese, dall’analisi esplicita di ruoli e maschere di La sera della prima alla beffarda divagazione sulla commedia rosa di Minnie e Moskowitz. Con l’elegante disinvoltura di un maestro, Cassavetes raccoglie una manciata di spunti differenti per creare un prodotto tanto raffinato da risultare, paradossalmente, commerciale. Senza l’astio dell’outsider nel confronti dello spreco dell’industria, ma anche senza i sensi di colpa dell’integrato, con la precisa consapevolezza della natura fondamentalmente onirica dei cinema (di tutti i film, dei film verità, dei film critici, dei film antihollywoodiani e, quindi, anche dei suoi film), supera l’impostazione, ormai di prammatica, delle rivisitazione, per approdare a un atto d’amore, sfrontato ma non beotamente acritico, verso l’immagine cinematografica, verso il film-favola. Gloria, attraverso una serie successiva e concatenata di ribaltamenti (dei nero, dei melodramma, dei film “alla Cassavetes”), si propone non tanto come viaggio critico attraverso gli stereotipi, quanto come consapevole viaggio nel sogno…
Emanuela Martini – cineforum