Gli invincibili

Cecil B. DeMille

1873. Sulla nave che la trasporta in America, dove un tribunale inglese l’ha condannata all’esilio come schiava in vendita, la giovane (e bella) Abigail ‘Abby’ incontra il malvagio Martin Garth che vorrebbe acquistarla ma non riesce poiché, in una combattuta gara d’asta, è il capitano Chris Holden ad aggiudicarsela. Holden è intervenuto per puro spirito umanitario verso la ragazza e subito la lascia libera allontanandosi verso gli impegni che lo aspettano a Norfolk (tra questi un matrimonio che poi non andrà a buon fine). Ne approfitta così Garth che fa carte false per appropriarsi di Abby e la costringe a seguirlo mentre si avventura nei suoi loschi traffici: l’uomo è in combutta con gli indiani (ha sposato Hannah la figlia di Guyasuta) fornendo le armi che serviranno loro per scendere in guerra. Delawares, Shawnees, Chippewas, Wyandots stanno infatti per radunarsi sotto la guida di Pontiac, capo degli Ottawa, ma a Peakestown sia Colonnello Washington che commissario per gli affari indiani, concentrati sulle problematiche geo-politiche dei confini in divenire di Virginia, Pennsilvania e Ohio, non percepiscono la gravità del pericolo incombente; solo il capitano Holden se ne rende conto e si fa avanti offrendosi volontario per portare dei dispacci di pace ai vari capi tribù. La sua missione viene però sabotata da Garth e anche il tentativo di riprendersi Abby (la accompagna orgogliosamente al ballo degli ufficiali a Pittsburg) è un totale fallimento perché i lacci burocratici danno ragione a Garth che alfine riesce a riavere la “sua” donna. La situazione precipita quando arriva la notizia che Clapham, a sole venti miglia, è stata distrutta dagli indiani; il Capitano Ecuyer ordina a Holden di organizzare la difesa, ma questi disobbedisce perché, venuto a sapere che Abby, abbandonata nelle mani dei pellerossa, è destinata a morte sicura, si precipita al campo indiano per salvarla. Ci riesce con un astuto stratagemma e dopo una rocambolesca fuga attraverso una cascata i due si dirigono verso Boston, ma scoprono che anche Venango è stata distrutta e che l’avanzata degli indiani, con il subdolo aiuto di Garth e del suo braccio destro Bone, è inesorabile; gli insediamenti inglesi vengono annientati perché chi si lascia convincere ad alza bandiera bianca viene barbaramente ucciso. Così Holden torna con Abby a Pittsburg per avvisare la comunità del pericolo incombente, ma (complice l’intervento traditore di Garth) non viene creduto e anzi è imprigionato per diserzione. Ben presto gli indiani arrivano a circondare Fort Pitt: l’attacco è cruento e la capitolazione si prospetta imminente. Holden riesce però a fuggire e raggiunge il colonnello Bouquet per chiedere aiuto, ma, quando si rende conto che la guarnigione non ha abbastanza uomini per muoversi in soccorso degli assediati, mette in atto un coraggioso piano guidando una colonna di rinforzi in cui quelli assiepati sui carri non sono altro che i soldati morti nell’ultimo precedente combattimento. All’arrivo a Fort Pitt il trucco funziona e gli indiani si ritirano, rinunciando all’assedio. Holden riesce anche ad arrivare in tempo per salvare Abby con la quale Garth e Bone stavano per fuggire; Holden uccide Garth e si riprende alfine la donna che ama. Sarà il Capitano Ecuyer a sposare Chris e Abby e ad affidare loro il compito di portare avanti il cammino dei pionieri verso l’Ovest.

Unconquered
USA 1947 (146′)

  Quello di Cecil B. DeMille è un cinema popolare, fatto di narrazioni ardite e sequenze spettacolari. Qui siamo agli albori di quello che diventerà la mitica conquista del West. La wilderness che si apre oltre i confini della Virginia è un Ovest ancora più vasto (siamo a sole 500 miglia dall’Oceano Atlantico), ancora da “formalizzare” (quel “vai ad Ovest, giovanotto, e cresci col paese” è del 1865) e le tribù indiane non hanno i nomi altisonanti di Apache, Sioux o Cheyenne, ma la fascinazione dell’epopea della frontiera è già pronta ad esplodere. Il carisma di Gary Cooper e la conturbante bellezza di Paulette Godddrd sono due carte vincenti in mano alla sapiente regia di DeMille, che sa trovare per loro anche per momenti di commedia sofisticata, pur mantendo sempre, come linea portante, lo scontro tra Holden, eroe senza macchia e senza paura, e Garth, il suo viscido antagonista. Ma ciò che rende memorabile Gli invincibili è il susseguirsi di situazioni cruciali a cadenzare la narrazione (l’asta per Abby a bordo della nave, il dibattito a Peakestown sui confini territoriali, lo scontro alla taverna e il ballo per il compleanno del Re, la scoperta dei corpi della famiglia Salter, la liberazione di Holden propiziata dalla moglie indiana di Garth, l’ultimatum di Guyasuta agli assediati) e di avvincenti scene madri: la vedova che, con la figlia ferita tra le braccia, annuncia la distruzione di Clapham – la nuvola di fumo che avvolge Holden quando si presenta al campo indiano per salvare Abby con la “magia della bussola – l’inseguimento in canoa nelle rapide col salto finale nella cascata – l’attacco “infuocato” dei Senecas a Fort Pitt – l’arrivo del convoglio dei soccorsi preceduto dalla brigata scozzese… La verosimiglianza latita, ma l’emozione tiene banco.

Ezio Leoni


diritti e delitti in bianco e nero

 

interpreti: Gary Cooper (Captain Christopher Holden), Paulette Goddard (Abigail Martha Hale, ‘Abby’), Howard Da Silva (Martin Garth), Boris Karloff (capo Guyasuta), Cecil Kellaway (Jeremy Love), Ward Bond (John Fraser), Virginia Campbell (Mrs. Fraser), Katherine DeMille (Hannah), Henry Wilcoxon (capitano Steele), Victor Varconi (capitano Simeon Ecuyer), C. Aubrey Smith (Lord Giudice capo della corte d’Inghilterra), Richard Gaines (col. George Washington), Mike Mazurki (Dave Bone), Porter Hall (Leach)

    

NOTE:
L’appassionante crescendo dell’avventura non deve fa perdere di vista l’intento celebrativo di DeMille. Gli invincibili parte con una fotografia attuale di Pittsburg e la voce furi campo rende conto in primis dell’importanza strategica della città nell’economia industriale americana (“In un punto dell’Ohio, c’è una caratteristica città americana, un colosso di acciaio, con altiforni e officine che producono tanto da dar vita ad un’intera nazione”), poi del valore storico dell’insediamento che alla fina del XVIII secolo ne costituì le origini: “Poco più di un secolo fa un avamposto solitario difendeva questo punto. Si chiamava il Forte Pitt. Sorgeva al limite di una terra inesplorata, anello della lunga catena dei Forti che dalla Virginia andava ai grandi laghi. Al di là di questa linea cominciava l’ignoto. La civiltà era ad Est dei Monti Allegheny. La sopraffazione, l’avventura e la morte, regnavano nell’Ovest. Intorno al Forte Pitt c’era una vasta foresta, molto bella ma molto pericolosa. Gli uomini venivano qui a cercare varie cose, alcuni la ricchezza, altri un rifugio, altri la libertà. Ma per gli indiani, quegli uomini non erano che degli invasori. La lotta a morte fra pellirossa e bianchi minacciava di spazzar via quei Forti. Eppure, gli uomini continuavano ad andare verso l’Ovest. Alcuni per costruirsi una fortuna, altri per costruire una Nazione, sia pure a rischio della vita. Essi appartengono a quel genere di uomini che possono chiamarsi Gli invincibili, uomini che portano sempre più avanti la frontiera della libertà umana.”
Oltre a questo c’è nel lavoro di DeMille un sincero tentativo di dare al film una minima valenza storica: nella riunione a Peakestown, oltre al Colonnello Washington e al commissario per gli affari indiani William Johnson, risultano presenti il signor Mason e il signor Dixon, due astronomi londinesi che, oltre a ricordare aver calcolato la distanza dalla Terra a Marte, intervengono nella discussione sui confini tra Virginia, Pennsylvania e Ohio. E nella discussione, quasi ad avallarne la credibilità, vengono citati vari riferimenti geografici: Ottawa, Venango, il fiume Monongahela, il passo di Nemacolin, Dunkard’s Creek…
Il periodo storico in cui si svolge Gli invincibili è quello che segue alla Guerra dei sette anni che aveva visto affrontarsi le principali potenze europee dell’epoca per il possesso dei territori del Nord America. Il predomino arrise alla Gran Bretagna e infatti nel film non mancano ossequiosi riferimenti alla Corona (Re Giorgio III).
Il budget produttivo fu uno dei più alti dell’epoca (superò i 5 milioni di dollari); in ogni caso DeMille investì molto sulla resa cromatica del Technicolor, adoperandosi per girare la maggior parte delle scene in studio
Cecil Blount DeMille è uno dei grandi registi-produttori hollywoodiani che partendo dalle esperienze del muto si impose fino agli anni ’50 per la sua visione “colossale” dell’industria cinematografica (l’ultimo suo film fu, nel 1956, I dieci comandamenti). Nel western la sua fama eccelle nel periodo del muto a partire dal suo film d’esordio The Squaw Man del 1917, ma nel sonoro firma solo quattro titoli: La conquista del West (1936), La via dei giganti (1939), Giubbe rosse (1940) e Gli invincibili, esempio perfetto della sua idea di cinema “a gloria” dello spettacolo e dell’eroismo.
Molte e significative le presenze di Gary Cooper nel western: da La conquista del West a Tamburi lontani, da Mezzogiorno di fuoco a Dove la terra scotta. Per Paulette Goddard invece solo un’altra interpretazione nel genere: Giubbe rosse, sette anni prima sempre per la regia di DeMille.
Durante l’assalto a Fort Pitt è di grande effetto il lancio delle palle di fuoco da parte degli indiani. Una di queste colpisce il tamburo di uno dei soldati. La comparsa che la interpretava, Robert Baughman, restò gravemente ustionato alle mani (DeMille lo ricorda nella sua autobiografia).

FRASI:
Garth: “Non c’è una città tanto grande da nascondere una chioma così rossa.” – Abby: “Alcune vanno verso l’ovest.” – Garth: “All’ovest? Sai che succede a un daino braccato dai lupi? O una donna bianca caduta in mano a una tribù indiana?” – Abby: “Solo chi ha perduto la libertà sa quant’ essa valga.” – Garth: “Non vale più nulla, appena sei in mano a degli indiani.”
Chris: “Non è male stare in guardia quando ci si trova ai confini del mondo civile.” – Abby: “Al di là, cosa c’è?” – Chris: “Foreste, selvaggi, la fine del presente e il principio dell’avvenire.”
Chris: “Tante stelle ci sono nei vostri occhi.” – Abby: “Avete fatto cinquecento miglia di viaggio per dirmi che ci sono delle stelle nei miei occhi?” – Chris: “Non credete che sia bello questo?” – Abby: “Una donna crede a quello che desidera.”
Chris: “…nessuno ha il diritto di essere padrone d’un altro essere. Uomini e donne non sono fatti per essere comprati come mercanzia”
Abby: “Non c’è scampo per nessuno in questa terra spietata (in originale wilderness), solo i selvaggi! Solo loro ci vivranno. Incendiando tutto, uccidendo tutti! Restare i padroni.” … – Chris: “Gente come i Salter nessuno può fermarli, Abby. Gli indiani possono ucciderli e cacciarli via. Ma poi ne vengono altri. Sono gli eroi del nuovo mondo. Gli Invincibili! Sono invincibili! Perché, forti e liberi! E perché hanno fede in se stessi. E in Dio!
Capitano Ecuyer: “Il matrimonio vi libera dalla schiavitù signora Holden! Non posso dire lo stesso a voi, Chris!”

SEQUENZE:
l’annuncio della distruzione di Claphamb ()
l’arrivo di Holden al campo indiano ()
la “magia” della bussola ()
l’inseguimento in canoa ()
l’attacco “infuocato” dei Senecas ()
l’arrivo del convoglio dei soccorsi ()

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