Funérailles

Antonio Bido

Miriam, pianista di chiara fama votata alla musica, per non compromettere la carriera rifiuta con forza la maternità nonostante l’insistenza di Andrea, suo compagno e modesto pianista. Tuttavia l’ostinazione di quel rifiuto non è casuale né puramente egoista e ha radici e motivazioni lontane nel tempo: un tragico passato, che Miriam pensava rimosso per sempre e che invece torna prepotente a incombere su entrambi tra feroci ossessioni, incubi e conseguenze fisiche e psichiche terribili.

Italia 2023 (76′)

Lux Padova Logo

   Antonio Bido è un regista dalla filmografia non molto nutrita di titoli, ma molto interessante per la varietà e l’eccentricità. Nella mente dell’amante del cinema di genere rimane soprattutto impresso il dittico di thriller della seconda metà degli anni ’70 (Il gatto dagli occhi di giada e Solamente nero) che sembrava preludere a sviluppi sul medesimo solco che invece non ci sono stati, disattesi proprio dall’eccentricità del percorso autoriale di Bido, che ha preso direzioni diverse. Adesso, dopo un leggero iato di circa 45 anni, il regista padovano torna con Funérailles a occupare quel medesimo territorio narrativo, ma lo fa in modo molto diverso, cercando soprattutto di affrontare una particolare e interessante tematica cui il genere è solo strumentale. Già Solamente nero era molto più personale e autoriale nell’affrontare il “giallo” de Il gatto dagli di giada facendo capire come Bido intendesse arricchire le meccaniche del genere con umori più profondi ed esistenzialisti, se così si può dire. Funérailles rappresenta, in questo senso, dopo così tanti anni, un’ulteriore evoluzione. La storia è molto semplice, ma, come sempre, a contare sono soprattutto i dettagli e il modo di raccontarla. Miriam Grieco (Alessandra Chieli) è un’affermata pianista che vive con difficoltà la sua storia d’amore con Andrea (Fausto Morciano), anche lui pianista, ma di categoria chiaramente inferiore. Miriam cerca di elevarlo al suo livello facendolo suonare con lei. Andrea, invece, sembra puntare soprattutto ad avere un bambino, trovando la ferma opposizione di Miriam, che assolutamente non vuole concepire un figlio. Il motivo è che preferisce seguire la sua carriera e fare quello che le piace, suonare. C’è però qualcosa di più, un trauma evidentemente non superato che proviene dal suo passato. Andrea non si rassegna e il conflitto si acuisce sempre di più sino a conseguenze drammatiche. La ricercatezza traspare sin dal titolo che sembra fatto per lasciar subito intuire che si tratta di un film particolare, non il thriller a tutto tondo che qualcuno si sarebbe potuto aspettare dall’autore deIl gatto dagli occhi di giada. Il film infatti sfida ogni classificazione. Tracce di thriller e persino anche di horror si trovano di certo, forse più nell’estetica di certi momenti, nelle scelte espressive riguardo alla raffigurazione del dramma interiore, ma complessivamente il film è più rivolto agli aspetti psicologici della vicenda, allo sfaccettato personaggio principale e alla profonda ingiustizia che deve vivere per l’impossibilità di affermare in maniera indipendente la propria volontà e la propria scelta. È quindi soprattutto un film di introspezione che si propone di indagare nell’animo umano, scandagliando le ragioni che lo muovono o lo bloccano, nella ricerca della realizzazione e dell’appagamento, della felicità, per quanto ciò sia possibile. Scegliere lavoro, passione e anche, sì, successo in luogo della maternità – con il conseguente tragico dilemma che sembra sempre porre come presupposto un necessario abbandono di quanto caratterizza la propria personalità, con una cosa che sembra dover escludere le altre – rappresenta il fulcro del dramma, un fardello classico, magari, per la donna, ma di certo problematico. Tutto questo dal film emerge con forza e naturalezza, pur restando in un contesto di suspense psicologica ben assicurato dalle immagini e dai risvolti anche torbidi della trama… La raffinatezza della messa in scena è ragguardevole non solo nella composizione delle scene e nei movimenti di macchina, ma anche nella fluidità delle transizioni e nella precisione del montaggio (dello stesso Bido in collaborazione con il coproduttore Gianni Del Popolo), mostrando come Bido abbia mantenuto e anzi affinato ulteriormente le qualità che lo avevano segnalato come regista di vaglia per tutta la sua carriera.

Rudy Salvagnini – rudysalvagnini.blogspot.com

Lascia un commento