Alba fatale

William A. Wellman

Nevada 1885. Al saloon di Derby arrivano due cowboy, Art Croft e Gil Carter (Gil si illudeva di incontrare a Bridger’s Wells la sua fidanzata, Rose) che ben presto si trovano coinvolti nella ricerca dei responsabili di un furto di bestiame e della morte dell’allevatore Larry Kinkaid. Alla caccia, guidata da Jeff, amico di Kinkaide, e dal vice sceriffo Butch, partecipano in tanti in città, dal mandriano Monty all’ex maggiore sudista Tetley, a “Ma” Jenny Grier, tutti animati da un cieco spirito di vendetta che invano l’anziano e saggio Arthur Davies prova a placare. Un terzetto di cowboy composto da Martin, un allevatore che sostiene di aver legalmente acquistato la mandria da Kinkaid, e dai suoi aiutanti un vecchio, ormai poco sano di mente, e un messicano dal passato non certo raccomandabile, che stanno bivaccando per la notte al passo di Ox-Bow Canyon, vengono individuati come colpevoli e sommariamente messi a morte per impiccagione, nonostante che Davies, Gil, Art e pochi altri provino ad opporsi. L’alba è ormai passata quando, con l’arrivo dello sceriffo, si chiarirà come Kinkaid sia stato solo ferito e come i veri colpevoli siano già stati presi. Al gruppo dei giustizieri non resta che confrontarsi con i proporsi sensi di colpa (Tetley si suicida) e sta a Gil di leggere, al saloon, la straziante lettera di addio che Martin ha chiesto di far avere alla moglie e ai figli.

The Ox-Bow Incident
USA 1943 (77′)

  Fin dalle prime scene, con Gil che non sa capacitarsi di non aver trovato la sua ragazza ad attenderlo e prende a pugni il primo venuto non appena si parla di bestiame scomparso e di stranieri non graditi, Alba fatale mette le basi per un racconto ispido, per un’atmosfera di tensione che non promette niente di buono. Ci vuole poco infatti perché venga pronunciato il termine linciaggio e che il becero Monty mimi un’impiccagione legandosi un cappio al collo: tutta la città è in fermento quando si viene a sapere che un importante allevatore della zona, è stato ucciso e il vice sceriffo, più incline alla di vendetta che alla legalità, ha gioco facile nel radunare un manipolo e mettersi a caccia dei colpevoli. La speranza che la ragione e la legge possano avere ragione dell’odio che acceca Jeff e gli alti, è ciò che riesce a dar anima e corpo, come in una tragedia shakespeariana, al dipanarsi di un kammerspiel della frontiera, che azzera eroismi e istanze epiche in favore di una riflessione sulla giustizia e sulla responsabilità individuale che anticipa quel sur-western a cui Bazin e la nouvelle vague avrebbero dato credito una decina d’anni anni dopo. Lo sguardo di Wellman non ha pietà per gli aguzzini, stigmatizza la loro disumanità con le incombenti ombre dei tre impiccati (essenziale il bianco e nero di Arthur C. Miller), lascia che sia il fuori campo di un colpo di pistola a mettere la parola fine alla tracotanza del maggiore Tetley, ferma la macchina da presa sul tardivo dramma interiore degli assassini mentre Gus legge, nel saloon, la toccante lettera di addio di Martin alla moglie, sigillo magistrale nella sceneggiatura di Lamar Trotti.

Ezio Leoni


diritti e delitti

 

 

  

 

interpreti: Ben Henry Fonda (Gil Carter), Harry Morgan (Art Croft), Victor Kilian (Darby, il barista), Marc Lawrence (Jeff Farnley), Harry Davenport (Arthur Davies), Dick Rich (vice sceriffo Butch Mapes), Paul Hurst (Monty Smith), Leigh Whipper (Sparks), Matt Briggs (giudice Daniel Tyler), Frank Conroy (maggiore Tetley), William Eythe (Gerald Tetley), Jane Darwell (“Ma” Jenny Grier), Chris-Pin Martin (Poncho), Dana Andrews (Donald Martin), Anthony Quinn (Francisco Morez), Francis Ford (Alva Hardwicke), Mary Beth Hughes (Rose Mapen), Willard Robertson (sceriffo Risley)

  

NOTE:
Il senso generale del film è certamente fedele al romanzo originario di Walter Van Tilburg Clark, ma ci sono alcune differenze. La più significativa sta nell’atteggiamento dello sceriffo Risley che, dopo aver fissato ogni membro del gruppo, dichiara che farà finta di niente e che non vuole saperne più nulla.
La resa della messa in scena, cupa e claustrofobica, trova rispondenza anche nelle scelte produttive che, per ridurre i costi, portarono a girare in studio molte delle sequenze in esterni.

FRASI:
Gil: “Dimmi, cosa c’è da fare in questa città, comunque?” – Darby, il barista: A meno che tu non voglia metterti in fila e corteggiare la figlia di Drew.” – Art: “Noi no.” – Darby: “L’unica altra donna non sposata che conosco ha 82 anni, è cieca e Paiute. Questo ti lascia cinque scelte. Mangiare, dormire, bere, giocare a poker o combattere. Oppure puoi giocare a biliardo. Ho un nuovo tavolo nella stanza sul retro.” – Gil: “È semplicemente fantastico.”
Sparks: “È l’uomo che prende su di sé la vendetta del Signore” – Gil: “Pensi che al Signore importi molto
di quello che sta succedendo qui stasera?” – Sparks: “Lui nota la caduta del passero.”
sceriffo Risley: “Signor Davies, la conosco abbastanza bene da sapere che lei non ha avuto niente a che fare con questo. Conto su di lei per dirmi chi è stato.” – Davies: “Tutti tranne sette.” – sceriffo Risley: “Dio avrà pietà di voi. Non ne avrete da me.”

SEQUENZE:
il colloquio tra Gil e Spikes (0.33)
le ombre degli impiccati ()
la carrellata sul bancone del bar (0.22)
la lettera di Martin (1.42)

 

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