Beth, dopo il discreto successo del suo primo libro è alle prese con il suo secondo lavoro, sempre incoraggiata da suo marito Don. Ma quando per caso viene a scoprire che a Don in realtà il nuovo romanzo non piace, la donna mette in discussione tutto, a partire dal proprio matrimonio.
You Hurt My Feelings
USA 2023 (93′)
Se siete più riflessivi, alleniani e un po’ cerebrali, se vi piacciono le commedie fatte di relazioni un po’ contorte, se a stimolarvi sono le sfaccettature che fanno dialogare ma anche discutere dopo una serata al cinema, allora A dire il vero fa per voi. Il titolo originale è You Hurt My Feelings e parla di una scrittrice newyorkese di mezza età. Per caso, al suo ultimo romanzo, scopre che il marito psicoterapeuta in realtà mente dicendole che il libro gli piace molto. Julia Louis-Dreyfus e Tobias Menzies, nell’impeccabile direzione di Nicole Holofcener, inscenano un attualissimo affresco di bugie bianche per ammortizzare verità altrimenti brutali o scomode. E se la disonestà fosse il prezzo della gentilezza? La regia riesce a descrive l’insicurezza che le persone creative lasciano scoperta quando si mettono in gioco, stilettando con intelligenza e umorismo piccole e grandi fragilità nella coppia.
Francesco Di Brigida – ilfattoquotidiano.it
Nel film scritto e diretto da Nicole Holofcener c’è una coppia, quella formata da Beth e Don (Julia Louis-Dreyfus e Tobias Menzies), scrittrice e insegnate lei, psicoterapeuta lui, che pare vivere una vita tutto sommato perfetta. Perfetta nella misura in cui può esserlo quella di chiunque, specialmente di due persone che stanno iniziando a invecchiare (non è dichiarato, ma i due sono attorno ai 50), e che comunque devono fare i conti con le insicurezze personali e professionali. Lei vede il suo nuovo libro respinto dalla sua agente, lui deve fare i conti con pazienti poco soddisfatti del suo operato, per dire. Però la loro coppia è unita e funziona bene. Fino al momento in cui Beth sente Don rivelare a Mark, marito di sua sorella Sarah, che quel libro nuovo, che di fronte a Beth ha sempre sostenuto, per due lunghi anni di stesura, in realtà proprio non gli piace. Apriti cielo. La ferita che si apre in Beth non è solo narcisistica. È esistenziale. Come sono ferite non solo narcisistiche, ma esistenziali, quelle di Don che si vede troppo invecchiato allo specchio e distratto al lavoro; della sorella di Beth che è frustrata dalla sua attività di designer d’interni, e di suo marito attore, che non riesce a trovare una scrittura come si deve. (…)
“Il mondo cade a pezzi ma tu ti preoccupi di queste cose?”, chiede a un certo punto Don alla moglie, la quale risponde che, sì, è consapevole della contraddizione, ma che le cose stanno così. Perché in fin dei conti – ed è questo, tra le altre cose, che fa funzionare il film della regista americana così bene – con questi piccoli, grandi dolori, che sono magari niente riguardo ai grandi problemi dell’umanità, ma sono i nostri, ci dobbiamo fare i conti tutti. Non è solo di bugie bianche, e insoddisfazioni e crisi di mezza età, che parla A dire il vero. Parla anche di vecchiaia, di impegno professionale, di realizzazione personale. Parla di vita matrimoniale, di rapporti familiari, perfino di genitorialità. E lo fa sempre con un tono che è in apparenza leggero e umoristico (ma mai esplicitamente comico) ma che sotto sotto è tagliente e doloroso, ancor di più vagamente dolente e un po’ malinconico. Ai suoi personaggi Holofcener vuole bene, ma non per questo si risparmia dal mettere in scena tutte le loro contraddizioni, le debolezze, le vanità. E, nei salvifici, essenziali novantatre minuti del suo film, è anche capace di lasciarci di fronte a interrogativi, senza offrire soluzioni sempliciste e consolatorie. (…) In questo suo film così parlato, così esteticamente fuori dal nostro tempo, che è una boccata d’ossigeno per chi rimpiange un cinema oramai lontano dalle mode e dagli schermi, così aperto, e così amaro, Holofcener dimostra di aver saputo apprendere lezioni importanti (Woody Allen, Nora Ephron…)
Federico Gironi – comingsoon.it
In realtà, il film non si limita a esaminare le complicazioni del matrimonio, ma si estende a una riflessione più ampia sulla natura umana e su come le verità nascoste possano plasmare il nostro destino. Nicole Holofcener offre una prospettiva delicata sulla ricerca dell’autenticità e su come la sincerità, anche se dolorosa, possa agire come catalizzatore per la crescita personale e la riscoperta della connessione con gli altri. Attraverso la trama intricata, il regista invita gli spettatori a esplorare i territori vulnerabili delle relazioni umane, evidenziando la potenza trasformativa della verità nell’ambito personale e interpersonale. Holofcener affronta con maestria il tema della crescita attraverso la consapevolezza, offrendo uno sguardo ricco e penetrante sui percorsi emotivi e psicologici dei personaggi. In questo contesto, il film diventa una sorta di viaggio esistenziale che spinge gli spettatori a riflettere sulla propria autenticità e sulle dinamiche interpersonali che modellano le esperienze umane.
Francesco Ippolito – fai.informazione.it