I guerrieri della notte – The Warriors

Walter Hill

New York, Bronx. Nove delegati, uno per ognuna delle maggiori gang cittadine, sono convocati, disarmati, da Cirus, capo dei Riffs, che vuole proporre un’alleanza per il controllo delle strade. Durante il discorso viene però ucciso da un esponente dei Rogues che poi accusa i Guerrieri, testimoni dell’omicidio. Perso il loro capo Cleon e recuperata nel tragitto Mercy, i superstiti si affideranno a Swan per tornare a Coney Island, sfuggendo alla polizia e a tutte le bande che cercano vendetta.

USA 1979 (94′)
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   Horror, western, musical, film sulle gang giovanili, thriller urbano. I Guerrieri della Notte è un’autentica miscela esplosiva di cinema puro, un cult movie epico ed epocale, per varie ragioni: i ribelli di Walter Hill, senza causa che non sia la pura sopravvivenza del gruppo, replicano il clima di (vera) paura che all’epoca regnava nelle (vere) strade di New York. Una New York però spogliata dei suoi tratti distintivi, assimilata a una qualsiasi città mitologica del passato. E infatti il linguaggio delle gang è volutamente criptico, il senso dello spazio è chiaramente magico.

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 Ciò che colpisce di The Warriors è al tempo stesso la sua classicità e la sua modernità. Classicità e modernità che sono fuori da ogni categoria temporale, perché l’opera di Hill è prima di tutto ‘estranea al Tempo’. Quindi gli aggettivi ‘classico’ e ‘moderno’ non sono rispettivamente sinonimi di ‘antico’ e ‘nuovo’. Tutt’altro. La struttura classica di The Warriors emerge innanzitutto dalla propria origine letteraria, il romanzo omonimo di Sol Yurick pubblicato nel 1965. Lo scrittore si era ispirato a un testo di Senofonte, l’Anabasi, e aveva immaginato di riaggiornarlo trasportando la vicenda (diecimila soldati mercenari, lontani dalla patria, senza capi, che cercano di tornare a casa e incontrano sulla propria strada gente sconosciuta e ostile) nelle strade di New York. Non solo. Hill rispetta, soprattutto a livello di scrittura, le tre unità della tragedia greca: luogo, tempo, azione. Il luogo è strettamente delimitato dalle barriere urbanistiche di New York. La ruota del luna park che apre il film e che ricompare, all’alba, in una delle ultime scene, è l’oggetto-segno di un punto di partenza/ritorno, di una circolarità narrativa ellissoidale.

È quello il vero nucleo da cui sembrano prendere origine tutte le arterie che conducono nelle varie zone della metropoli. Una New York spogliata anche dei suoi tratti architettonici distintivi, assimilata dalla fotografia notturna di Laszlo – che accentua ancora di più i contorni chiaroscurali di oggetti e corpi (gli stessi Warriors sembrano essere disegnati con tratti quasi scultorei sia nei lineamenti fisici sia nelle espressioni del volto) – a una qualsiasi città/mito del passato. […] Horror, western, musical, film sulle bande giovanili, thriller urbano. The Warriors è un’autentica miscela esplosiva di cinema puro. Opera classicista anche a livello formale […] il film si mantiene continuamente “dentro la tradizione” e “fuori della tradizione”. Forse sta in questo non solo la sua modernità ma soprattutto un’indubbia funzione anticipatrice che ha condizionato opere successive ma ha anche formato, più o meno dichiaratamente, il linguaggio di molti cineasti futuri.

Simone Emiliani – sentieriselvaggi.it

   Un adrenalinico e vorticoso viaggio notturno in una New York da far west. Una terra di nessuno, facile preda di giovani delinquenti che rispondono allo sbando e all’emarginazione sociale con l’adesione sentita e convinta a una bandiera. Che non è quella a stelle e strisce, ma ha i colori sgargianti della divisa che indossano come una seconda pelle. E che non si toglierebbero mai, anche a costo della vita. Una vita ufficialmente sregolata, ma che segue in realtà una disciplina da soldati e le leggi di un capo e dell’appartenenza a un gruppo che schiaccia, e al contempo protegge, l’individuo. (…) La fuga notturna e metropolitana dei Warriors, intenti a schivare gli agguati nemici, ha la tensione incalzante di un action thriller, le dinamiche di un film bellico, la solennità di un western, i costumi e i brani di un musical. Il tutto concepito con uno stile visionario degno di un incubo allucinatorio dai colori psichedelici e la colonna sonora elettro-dance, sotto la direzione di un regista che pesca a piene mani nella sottocultura underground tipicamente anni ’70 e la inframmezza a citazioni classiche tratte dalla storica Anabasi di Senofonte. Come in ogni western che si rispetti, conta l’ambientazione in esterni, che però qui è rigorosamente metropolitana, esaltata da una notturna fotografia bluastra, macchiata qua e là da sprazzi di colore. Ma il luogo simbolo di questa eccitante avventura on the road è la metropolitana, protagonista assoluta della memorabile sequenza di apertura, luogo elettivo di caccia di tribù urbane di guerrieri pellerossa senza macchia e senza paura. Che, armati di mazze da baseball, spargono una spettacolare e irrealistica violenza priva di sangue.

Annalice Furfari – mymovies.it

 Folgorante rappresentazione espressionista di una metropoli divisa in tribù, I guerrieri della notte è anzitutto innegabilmente divertente, diretto con perizia e sceneggiato (dal regista con David Shaber) in modo da non lasciare tempi morti e rilanciare continuamente l’azione. Pur senza cercare riflessioni profonde, individua con precisione la centralità di alcuni elementi (la metropolitana, la radio, i “colori” di ogni banda) che oggi sono anche manifesto di un’epoca. Indovinato il look di quasi tutti i gruppi di gangster e il mix dei caratteri tra i Guerrieri, che restano comunque tutti ragazzi spavaldi, ossessionati dal sesso anche quando sono in pericolo di vita e, in fondo, soprattutto sbruffoni, incoscienti e spaventati come un’intera generazione metropolitana. Pietra miliare dell’intrattenimento anni Ottanta e fonte di ispirazione inevitabile per tante pellicole successive, è stato tratto da un romanzo di Sol Yurick.

longtake.it

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