1918, la guerra è al suo termine. Un giovane soldato austriaco, solo e spaventato, fugge oltrepassando lo sbarramento delle linee italiane. Nel suo percorso in quella terra nemica, così simile alla sua, i pensieri della terribile esperienza sul fronte si alternano ai ricordi. L’avvicinarsi della fine sarà per lui un rientrare nel flusso della natura, a cui ha sempre sentito di appartenere. Ispirato a un soldato ungherese realmente esistito. Si chiamava Peter Pan.
Italia 2023 (84′)
Il “soldato Peter” in questione è ispirato a Peter Pan, giovane militare austroungarico caduto sul Grappa nella prima guerra mondiale e sepolto nel sacrario della cima: la sua è una delle tombe più visitate e omaggiate, soprattutto da quando è diventata di dominio pubblico la sua curiosa omonimia con il protagonista dell’immortale fiaba di James Matthew Barrie. L’azione, nel film, viene spostata appunto sull’Altopiano, dove Peter diserta e cerca una salvezza che non può non coincidere con un abbraccio sempre più profondo con la natura, che simbolicamente gli toglie ad una ad una le armi e, nella struggente scena finale, lo fa ritornare nell’aula di una scuola abbandonata, saldando i suoi ricordi di bambino felice nelle campagne di Timisoara, inseriti nella vicenda come flashback girati in un super8 sfuocato. Ancora più originali, le animazioni “live-painting” di Cosimo Miorelli che evocano quel mondo di credenze popolari e fantasie anche terrificanti che fa da substrato alle emozioni del popolo mandato a combattere. Di grande impatto visivo, tra paesaggi, boschi, prati e insediamenti rurali splendidamente fotografati da Matteo Calore, il film è imperniato sulla recitazione di Ondina Quadri, non nuova a interpretare ruoli maschili, che conferisce candore alla figura di Peter, personaggio che i registi immaginano come una specie di elfo.
Alessandro Comin – ilgiornaledivicenza.it
C’è una tomba molto visitata, al limite della venerazione, nel Sacrario del Monte Grappa, quella del soldato ungherese Peter Pan, morto a pochi giorni dalla fine del conflitto, il 19 settembre 1918, casuale omonimia col personaggio creato da James Matthew Barrie nel 1902. Partendo dalla sua storia i due registi Pedote & Carli immaginano che il ragazzo più che finire su una pallottola nell’assalto a una trincea italiana a Col Caprile, decida, dopo la morte di Maty, il suo più caro amico, di perdersi nella natura, tra boschi, animali e alture solitarie dove la guerra è appena evocata. Siamo sull’altopiano di Asiago, che a Peter ricordano i suoi Carpazi (oggi la sua località d’origine, vicino a Timisoara, in Transilvania, è in Romania), evocati dai filmati in super8 che evocano un mondo idilliaco ormai perduto o forse solo distante come l’isola in mezzo al mare che Peter vorrebbe raggiungere. Ma la morte lo accompagna vestita da popolana e lo segue passo passo, come la pattuglia italiana sperduta capitanata da un don Chisciotte che vede solo fantasmi e ombre. Denso di una natura che pare voglia riprendere il sopravvento quanto prima, il film, forse anche per la scena asiaghese richiama l’ultimo Ermanno Olmi di torneranno i prati, d’un lato, dall’altro il cinema di Franco Piavoli, dove la terra respira, pulsa attraverso il microcosmo di lumache, lucertole, formiche, piante, alberi, camosci e caprioli. E la guerra è lontana, danni ne ha già fatti e ne farà, ma almeno non lì vicino. L’osmosi che si respira nel film si percepisce non solo nei silenzi che hanno il sopravvento, mentre la parola dei protagonisti non è mai lucida e cosciente, nella fotografia di Matteo Calore o nell’aver fatto interpretare Peter da un’attrice, Ondina Quadri, non nuova a ruoli androgini (Arianna, Piccolo corpo): essa è data soprattutto dal mescolare le immagini, digitali e super8, con i live painting di Cosimo Miorelli che contribuiscono a dare un ulteriore aura fiabesca al Soldato Peter…
Michele Gottardi – mattinopadova.gelocal.it
Ci sono gli echi del cinema di Ermanno Olmi ma anche le tracce del documentarismo familiare di Alina Marazzi nei ricordi d’infanzia che sono tra i momenti più coinvolgenti del film per il modo in cui dà forma al diario privato del protagonista (…) Nella scena in cui Peter si rivolge a un immaginario soldato italiano davanti a lui, su una sedia dove c’è la divisa e l’elmetto, la parola diventa l’elemento dissonante, il segno per definire quella follia di cui Soldato Peter era riuscito a far avvertire la presenza solo accennandola (…) Il viaggio che, forse, è già memoria, è una delle intuizioni di un cinema dove torna ancora Olmi, tra Il mestiere delle armi e il bellissimo torneranno i prati, dove la guerra diventa solo lo spunto di partenza per lasciare invece prevalere soprattutto le ‘voci di dentro’.
Simone Emiliani – mymovies.it
Gianfilippo Pedote e Giliano Carli hanno pensato per la prima volta al film quando un’altra guerra «vicina» devastava il paesaggio e rendeva incerti confini e futuro, quella nella ex Jugoslavia. «Mi era capitato un giornale con la notizia che era stata ritrovata la tomba del soldato Peter Pan – racconta Carli – ero in un bar e per la fretta ho strappato la pagina e sono corso a raccontare questa storia a Gianfilippo. Ho scoperto che davvero era esistito un soldato che si chiamava come il ragazzo creato da James M. Barrie e la sua storia mi è rimasta dentro. Quel nome fiabesco che ricordava quel ragazzo che non voleva crescere e il nostro soldatino che aveva trovato la morte sul Monte Grappa, e sicuramente voleva vivere: c’erano tutti gli elementi per farne un film».
Ci è voluto un po’ di tempo. Da quella pagina strappata al film che ora arriva nelle sale sono passati oltre vent’anni, ma l’idea è rimasta quella, ragionare per opposti: raccontare la vita e la morte, la guerra e la pace, la natura e la tecnica. Gli anni passati hanno solo spostato il confine tra guerra e pace: «La durezza dei tempi contemporanei ci ha dato un motivo in più per affrontare il tema – dice Pedote – certo nemmeno mentre giravamo, un anno fa, immaginavamo che saremmo arrivati in una situazione così drammatica e pericolosa per tutta l’umanità». La potenza distruttrice della guerra, che dentro il soldatino produce una battaglia, nel film è resa dal live painting di Cosimo Miorelli, che rappresenta la natura come un possente dio Pan che spaventa, ma che gli incute rispetto e nei confronti dei quali prova un senso d’appartenenza, mentre dall’altro c’è un drago meccanico che per lui rappresenta la guerra con le sue tecnologie che portano morte». Il soldatino ha il volto dell’attrice Ondina Quadri, pensata come un elfo che attraversa i boschi ed è dedicato alla memoria del pilota Renato Fornaciari, morto per un malore mentre era a bordo di un aereo durante alcune riprese per il film.
Sara D’Ascenzo – corrieredeltrentino.corriere.it