Olga, ginnasta ucraina di 15 anni, lascia il suo paese natale e si trasferisce nel 2013 in Svizzera (il padre possiede la cittadinanza elevetica) con l’obiettivo di partecipare ai campionati europei e magari alle Olimpiadi. La ragazza è pronta a ogni sacrificio per realizzare il suo sogno, ma a Kiev è scoppiata la protesta popolare conosciuta come “Rivoluzione della Dignità”: oltre alla prospettiva di non poter più fare ritorno nel suo paese, Olga è soprattutto preoccupata per sua madre, una giornalista d’inchiesta che sta seguendo da vicino i tumulti e che rischia ogni giorno la vita…
Francia/Ucraina/Svizzera 2021 (85′)
“Vedremo se te lo meriti, il tuo posto”. Nello sport ad alto livello così come nell’impegno rivoluzionario, sei sfidato e metti alla prova te stesso: scelte difficili, perseveranza e rischi sono essenziali per perseguire i tuoi ideali. È questo il cuore del tema affrontato in Olga, opera prima molto fisica e dinamica del regista francese Elie Grappe, presentata in concorso alla 60ma Semaine de la Critique del 74° Festival di Cannes. A 15 anni Olga (Anastasia Budiashkina) è una campionessa in erba, tra le migliori ginnaste ucraine e punta ai prossimi Campionati europei. Ma le inchieste di sua madre giornalista sulla corruzione ai più alti livelli dello Stato nel 2013 a Kiev sollevano minacce dirette alle loro vite. Per proteggere Olga senza dover rinunciare alle sue ambizioni sportive, la madre manda l’adolescente (una ragazza molto determinata: “il capo sono io!”) in Svizzera, il paese del defunto padre. Vivendo con una famiglia ospitante a due passi dal centro di allenamento della nazionale svizzera, Olga dovrà mettersi alla prova sugli attrezzi (con il suo nuovo allenatore e circondata da compagne di squadra che non sono tutte contente del suo arrivo), ma anche sopportare, così giovane, la quotidianità del suo esilio (fatto di comunicazioni su Skype con sua madre e con Saha – Sabrina Rubtsova – la sua migliore amica ed ex compagna di squadra) e considerare di rinunciare alla sua nazionalità ucraina. Un bivio complicato per l’adolescente e improvvisamente amplificato dalle manifestazioni che si accendono a Kiev, piazza Maidan, una febbre rivoluzionaria contro un potere che si difende brutalmente, con la madre di Olga in prima linea… Eventi esplosivi che la giovane ginnasta assimila intensamente per immagini interposte (esclusivamente video ripresi dai telefoni) nella grande calma dell’altopiano svizzero dove si ostina ad allenarsi perché si avvicina l’Euro di Stoccarda… Film incentrato sui corpi delle sportive in azione con i loro rituali, le loro poche parole e il carattere implacabile di successi e fallimenti, Olga racconta, con una notevole capacità di catturare le atmosfere, i paradossi degli adolescenti che operano un controllo totale sulle proprie emozioni ribollenti. Una tensione di fondo permanente (incarnata perfettamente dalla protagonista) e un conflitto interiore che riecheggia intelligentemente il più ampio gioco delle dualità tra la Svizzera e l’Ucraina, dove è in atto un conflitto esterno. Ideali speculari che si sposano perfettamente con una delle canzoni rivoluzionarie di Maidan: “per la libertà, daremo corpo e anima”.
Fabien Lemercier – cineuropa.org
Olga, basato su una storia vera, è stato girato prima e dopo la pandemia, con in mezzo una lunga pausa dovuta al lockdown, e il percorso di riprese ha visto la situazione ucraina precipitare. Il regista franco-svizzero Elie Grappe aveva solo 22 anni quando ha iniziato a scrivere la sceneggiatura, e ha concluso le riprese appena 27enne: probabilmente la sua giovane età gli ha consentito di sintonizzarsi perfettamente con i dubbi e la paure di un’adolescente che, oltre al consueto carico emotivo legato all’età, deve confrontarsi con una situazione politica difficile, con la preoccupazione per un genitore costantemente in pericolo, e con la tensione per le gare sportive in arrivo. Per interpretare Olga e le sue compagne Grappe ha scelto vere atlete (Olga e la sua amica Sasha dalla squadra ucraina, le atlete svizzere – fra cui due svizzere italiane – dalla formazione locale), e anche gli allenatori sono professionisti nel loro campo ma non in quello della recitazione: una scelta intelligente non solo per la preparazione sportiva che ha consentito al regista di effettuare riprese del tutto realistiche degli allenamenti e delle competizioni, ma anche per la naturalezza di questo non attori davanti alla cinepresa. In particolare Anastasia Budiashkina è credibilissima nei panni di Olga, e sul suo viso apparentemente di ghiaccio (“un cazzo di robot”, come sintetizza la caposquadra italo-svizzera Steffi), abituato a nascondere soprattutto la sofferenza, in realtà filtrano chiaramente tutte le emozioni: la paura, l’ansia per le sorti della madre, il senso di abbandono, la solitudine in un Paese straniero di cui parla a stento la lingua, la nostalgia di casa, il senso di colpa nell’essere al sicuro mentre il suo popolo rischia la vita. Grappe racconta molto bene le lealtà divise all’interno della mente della ragazza, che ha tutto il diritto di investire sul suo futuro sportivo ma anche tutto il rimpianto di doverlo fare lontana da Kiev e da sua madre. In questo anticipa lo strazio dei tanti profughi ucraini emigrati all’estero allo scoppio della guerra, alieni in terra straniera tormentati dall’idea di aver tradito la patria per aver abbandonato la battaglia: il che si traduce, tanto per Olga quanto per molti profughi, in un’implosione autolesionista e un’incapacità di entrare veramente a far parte del luogo dove sono emigrati. La scena in cui Olga trascorre il Natale a casa dei parenti svizzeri del padre mostra inoltre l’incomprensione dell’Europa benpensante nei confronti della complessità della situazione ucraina. In questo senso il film di Grappe, già narrativamente riuscito, diventa efficace metafora di una situazione comune a molti e dolorosamente attuale.
Paola Casella – mymovies.it