In un villaggio sull’isola della Réunion, Nelson, 10 anni, sogna di diventare un grande cantante e di rendere orgogliosa la madre che lo sta crescendo da sola. Quasi per caso e con un po’ di fortuna, Nelson riesce a convincere Pierre Leroy, celebre chanteur ormai a fine carriera in tournée nell’isola, a fargli da un coach per prepararsi alla gara del talent Star Kids. Una commedia vitale, che celebra l’amicizia e l’importanza della trasmissione del sapere.
Francia 2021 (95′)
In un piccolo e paradisiaco villaggio sull’isola della Réunion, vive Nelson, un bambino di 10 anni, con un grande sogno nel cassetto, che in pochi conoscono. Lo sanno infatti solo la migliore amica Mia e il fratellino Zidane, detto Zizou. Nemmeno la mamma Ella immagina che il suo bambino desideri diventare un cantante famoso e si sia iscritto niente meno che al programma televisivo Star Kids. Nelson ha una voce angelica e una forte determinazione, ma soffre di ansia da palcoscenico. Motivo per cui Mia cerca di dargli una mano, consapevole che dal futuro dell’amico dipende anche il suo e quello di Zizou. Alla ricerca di qualcuno che possa fargli da mentore e aiutarlo a prepararsi (non solo tecnicamente), Mia rintraccia un famoso cantante, ospite sull’isola, nell’albergo dove lavora Ella. Pierre Leroy sembra proprio fare al caso loro, se non che non si rifiuta categoricamente di incontrare i ragazzini. Dopo vari, esilaranti, tentativi, tra l’uomo e Nelson scatta qualcosa, una scintilla, che porterà tutti a riflettere su ciò che davvero si desidera e che conta, e a mettere in prospettiva. Con il canto a fare da trait d’union… Come evidente, la componente musicale gioca un ruolo di primissimo piano all’interno del progetto, garantendone un surplus di emozioni non indifferente. Analogamente a La famiglia Belier anche in questo caso, la musica diviene un mezzo tramite cui veicolare i messaggi. La narrazione segue così un ritmo tutto suo, vivace, allegro, che accompagna lo spettatore, lo intrattiene e lo avvolge. E la superficialità appare bandita, sebbene si trattino temi alquanto comuni e semplici. Dall’amicizia alla passione, dal rapporto tra una madre single e il suo unico figlio alla società che non sa proteggere chi più ha bisogno, dalla generosità al rimorso.
Sabrina Colangeli – newscinema.it
Leggero, scanzonato, a tratti ingenuo, il film diretto da Gérard Jugnot, Le Petit Piaf, è ambientato in un villaggio sull’Isola della Réunion, un luogo sperduto e popolato da pochi abitanti dove il ritmo delle giornate scorre lento, cullato dalle onde dell’oceano e senza particolari scossoni (…) Niente di particolarmente nuovo e originale, ma tutto costruito nei dettagli, con delicatezza e intelligenza. La storia di partenza è infatti semplice, il tono leggero e a tratti divertente e la tematica, già ampiamente dibattuta, non brilla per originalità e per spunti innovativi. Tuttavia, l’alchimia esistente tra il distaccato Pierre e il magnetico Nelson regge l’ossatura dell’intreccio e riesce, soprattutto nella seconda parte del film, a coinvolgere lo sguardo dello spettatore che si ritrova a seguire piacevolmente, come davanti a una bella ” favola”gli sviluppi della storia, pur pregustando, almeno in parte, il probabile finale. La magica storia di Nelson, pur essendo abbastanza scontata, riesce ad accarezzare con delicatezza e dolcezza la sensibilità dello spettatore. E lo fa proprio come tutte le storie di cui si conosce il finale ma che non ci si stanca di ascoltare, come la visione di un film non particolarmente originale e con qualche difetto, ma che continuiamo a guardare perché rassicurante, pieno di entusiasmo genuino e a suo modo rigenerante. Il sogno di ” gloria” di Nelson, reso possibile grazie alla sua determinazione e ostinazione, riesce a “coccolare” lo spettatore senza voler essere particolarmente nuovo o stimolante a tutti i costi. L’ aspirazione a cantare “perché è l’unica cosa che sa fare” è un sogno accessibile e quindi realistico e più vero. Rilassante, spensierato e senza la pretesa di voler essere altro, come si diceva, Le Petite Piaf risulta, in definitiva, gradevole, delicato e adatto tanto a un pubblico di adulti quanto a quello dei giovanissimi.
Sarah Mataloni – close-up.info
C’era una volta da qualche parte sull’isola di Réunion… Così inizia Le Petit Piaf e con questo incipit il film, diretto e interpretato dall’attore francese Gérard Jugnot, non può che evolversi come una favola che fa sognare. Nelson (interpretato da Soan Arhimann, vincitore dell’edizione francese di The Voice Kinds) vive insieme alla mamma e la nonna in una piccola casa a Réunion, un’isola francese nell’oceano Indiano. E non solo per l’ambientazione, il film è immerso in una meravigliosa atmosfera esotica. Il giovane protagonista e la sua famiglia hanno origine africane, come Mia e il suo fratellino, sempre in cerca di qualcosa da rubacchiare… Ma la cultura e la tradizione africana nel film si concentrano principalmente sul personaggio della saggia e affettuosa nonna di Nelson, che non smette mai di sostenere il suo piccolo usignolo. E lo fa soprattutto invocando gli spiriti che le prevedono un grande destino per il nipote, che sogna di diventare un grande cantante. Le Petit Piaf rappresenta il sogno di un bambino in maniera delicata e umana. È l’umanità, infatti, la vera forza motrice del film, lo spirito di solidarietà e bontà che si profila tra i personaggi. Non ci sono cattivi e tutti sono al servizio del sogno di Nelson, anche il direttore dell’albergo, interpretato dal regista. Gérard Jugnot realizza una commedia senza pretese, una favola che racconto l’amore. Come quello che si scambiano Nelson e Pierre. Inizialmente sembrano chiari i loro ruoli. Il primo l’allievo e il secondo il mentore. Ma se Pierre dona a Nelson la piuma che gli dà il coraggio di volare, il ragazzo dà al cantante la possibilità di provare l’amore paterno, forse perduto anni prima. Il film è forse un po’ troppo languido in alcuni punti, ma comunque in sintonia con il contesto e la cornice favolistica. La scelta di ambientare La storia è ambiantata sull’isola di Réunion e il luogo senza dubbio aiuta a dare un tocco esotico alla vicenda, anche se sarebbe stato meglio, come prevedeva il progetto iniziale, girare Le Petit Piaf in Africa. Purtroppo il regista non si sentiva fornito di una conoscenza tale per descrivere il Continente Nero e insieme a Serge Lamadie, uno degli sceneggiatori, ha preferito riadattare tutto con una nuova ambientazione…
Luca Bove – taxidrivers.it