Riuscirà un’incauta giornalista francese a realizzare un film-intervista su Salvador Dalì?
Francia 2023 (77′)
VENEZIA – Un pianoforte da cui esce un getto d’acqua e su cui è piantato un cipresso in mezzo alla campagna, una musica accattivante, che diventerà indimenticabile perché presente durante l’intera durata del film (composta da Thomas Bangalte, ex componente dei Daft Punk). La prima immagine del film è come un quadro di Dalì, ma rimanda anche alla Fontana-Orinatoio di Duchamp. “È un modo di dire agli spettatori, salite a bordo, comincia la montagna russa. Non volevo fare un tour guidato nel mondo di Dalì, stile museo. E’ l’immagine che racconta la storia.”
Così il geniale e sempre imprevedibile regista francese, molto amato dai Festival (Venezia, Cannes, Berlino, Locarno, Torino) e poco dai distributori delle sale italiane, introduce il suo ultimo lavoro, presentato Fuori Concorso alla Mostra di Venezia. Già dalle prime immagini appare chiaro come Dupieux non sia minimamente interessato al ritratto del celebre artista spagnolo, ciò che conta per il regista è la strabordante personalità dell’uomo, la sua immagine pubblica. “Salvador Dalì non viveva: andava in scena. È stata un’avventura al limite della follia, un omaggio pazzo a un genio, uno dei primi a promuovere la libertà come forma d’arte.”
Fin dai suoi primi film, dal copertone assassino di Rubber al recente Yannick presentato a Locarno, Dupieux mette in scena una serie di maschere con cui irridere e nello stesso tempo esaltare la natura folle del mondo. Qui egli si confronta con Dalì, attraverso una dichiarata connessione con la “coscienza cosmica” del Maestro, mettendo in scena il senso di impotenza di una giornalista che non riuscirà mai a realizzare un film-ritratto del Genio, perché sempre soverchiata dall’intemperanza di un personaggio, che per tutta la vita ha coltivato la propria natura iconica. Dupieux quindi da un lato cerca di restituire l’inafferrabilità dell’artista, ricorrendo alla scelta di farlo interpretare da cinque attori diversi, ma nello stesso tempo prova a contenerla attraverso una struttura in cui sogno e realtà, come in Bunuel, si intrecciano. “Insieme al pittore ho fatto visita a Bunuel (i due erano amici e girarono due film insieme) per carpirne immagini e idee e mi ha condotto a forza nelle profondità della sua angoscia morbosa e nei suoi sogni. Alla fine ho quasi ritrovato il controllo del mio film, per farne semplicemente una dichiarazione d’amore nei confronti di quell’uomo.”
Ecco allora che Dupieux costruisce una narrazione basata sulla necessità di esporre ed enfatizzare le idiosincrasie e quindi le stravaganze dell’uomo, sollevando la comicità attraverso le sue stranezze comportamentali. Corridoi percorsi all’infinito, sogni che vengono raccontati e risvegli che non sono altro che lo stesso sogno, oggetti che tornano, un’intervista che non inizia mai… rendono il film tanto il frutto della frustrazione della ragione quanto il trionfo dell’invenzione surreale. Con la sua fantasia fuori controllo e una carriera alle spalle che è un perpetuo work in progress (iniziò come musicista col nome Mr Oizo) il regista francese realizza con Daaaaaali! (che fortunatamente verrà distribuito dalla Lucky Red) un film altrettanto bizzarro e onirico, funambolico e paranoico dell’artista a cui è dedicato e sulla cui scia egli stesso si colloca nel nome della “libertà come forma d’arte”.
Cristina Menegolli – MCmagazine 86