1941: l’Italia fascista precipitava nella guerra, ma le donne si affannavano per partecipare al concorso ideato da Zavattini e raccontare la loro vita. Il progetto era di farne un film: avrebbe potuto essere questo….
1941, l’Italia è in guerra. Ma il regime tende a rassicurare su una vittoria vicina. C’è tempo ancora per innamorarsi dei divi del cinema, della radio, di Cinecittà. In questo clima la casa cosmetica di proprietà di Giuseppe Visconti di Modrone, padre di Luchino, lancia un concorso associato a una cipria di nuova uscita, “Velveris, velo di primavera”. Il concorso invita le donne italiane a inviare la storia, vera, della loro vita, al giornale “L’Illustrazione del Popolo”. Le più belle saranno pubblicate e radiosceneggiate, la vincitrice addirittura trasformata in un film. Tra gli ideatori del concorso c’è Cesare Zavattini, la giuria di vaglia: Alba De Cespedes, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, lo stesso Zavattini. È un successo, le storie arrivano a centinaia. La giuria proclama persino tre vincitrici. Poi tutto si interrompe. La guerra si rivela tragica. Tutto si polverizza, come cipria al vento. Rimangono però le storie di quelle donne. Vive, attualissime, e riemerse dalle pagine dei giornali. Ritrovate, lette, selezionate: così, ottanta anni dopo, il film tratto dalle loro vite è finalmente realizzato.
cinemaitaliano.info
…Il film sfumò, travolto dagli eventi bellici. A mantenere la promessa, a 80 anni di distanza, ci hanno pensato, scoprendo il materiale, l’affermato documentarista Giovanni Piperno e Anna Villari, che ha scritto il soggetto e la sceneggiatura insieme a lui, mischiando Vita ai margini della Girardo Beretto, alla storia di Zefferina Bianco La bimba da circo e a quella di Donata Falchi Ciclone alle Filippine. Le prime due di segno chiaramente neorealistico, l’ultima un mix di avventura o fumetto d’amore, una sorta di anticipo di fotoromanzo. Il tutto fatto tuffandosi e pescando a piene mani in archivi di ogni tipo, a cominciare da quello Nazionale del film di famiglia, Cineteca d’impresa, Edison, Centro storico cinema, Archivio Audiovisivo del Movimento operaio e democratico, archivio storico Eni e così via. Ricostruendo in bianco e nero, con questi materiali, come in un gioco puzzle, personaggi luoghi ed epoca. Ma anche illusioni e fantasie con l’irruzione di proiezioni di immagini sulle immagini: fantasmi delle fantasie. Un bel riciclo.
A interpretare solo la voce narrante di Maria che introduce, oltre la sua, anche la storia di Donata e Zefferina, è Lucia Mascino. Ottavia Bianchi è il fantasma di Maria, mentre la Voce della Radio è di Marco Cavalcoli.
Marina Pertile – bookciakmagazine.it
Siamo nel 1941 quando l’imprenditore Giuseppe Visconti di Modrone affida al grande pubblicitario Dino Villani la campagna promozionale di una nuova cipria. Villiani, insieme allo sceneggiatore Cesare Zavattini, lancia il concorso: “Il film della nostra vita”, con le seguenti parole: Migliaia di donne hanno vissuto una commedia o un dramma che potrebbe suonare irreale se uscito dalla penna di uno scrittore, ma sono invece cose della vita di tutti i giorni. Ora, noi vogliamo fare un film della vita vissuta di una donna reale, in carne e ossa. Nella vostra vita c’è stata una vicenda romanzesca? Un episodio curioso o interessante? Fatene un breve racconto. Con il seguente premio: La trama più bella diventerà argomento di un film di successo. Le storie che giungono sono molteplici e le prime tre raccontano di altrettante donne, ognuna impegnata a vivere l’Italia del Ventennio e non solo.
C’è Maria che nasce in campagna, destinata a essere contadina viene invece fatta studiare e da studiata vive la fattoria finché… A me fa dolore pensare al papà ubriaco e la mamma chiusa nel suo dolore È allora il momento di muoversi in città, e così avviene. Là attende Maria un destino diverso, in fabbrica e poi negli uffici della stessa, a contatto con una realtà sociale differente nei confronti della quale si vuole essere all’altezza. Ma oltre al mondo lavorativo c’è di più, per esempio il ballo e le amiche, e,,, Una di loro mi ha insegnato a guardare negli occhi gli indecisi per convincerli a invitarmi a ballare e non rimanere nel terrore di fare solo il pezzo di tappezzeria.
E le amiche parlano, raccontano di loro e di altre amiche, come Donata che un giorno si è ritrovata su un treno, povera in canna, e ha sentito il signore davanti parlare di un posto di lavoro nelle Filippine per una coppia sposata. E allora che fare? Chiedergli di sposarlo… Ok, saremo marito e moglie, ma a condizione che rimarremo due estranei fino al giorno in cui scioglieremo il contratto e riavremo la nostra libertà. E Filippine siano, tra ponti e amori repressi, covati.
E poi c’è Zefferina, la più piccola danzatrice e macchiettista d’Europa. Figlia di uno stupro, non ha padre finché la madre non incontra un clown alla fiera del paese. Il clown fa ridere l’una e l’altra, e non si ferma alle risate.
Passato al Torino Film Festival 40, Cipria – Il film della nostra vita è un piccolo capolavoro. Lo è per la capacità di sfruttare il fascino attuale di cui godono i filmati in bianco e nero, lo è per la capacità di prendere le storie da quel concorso e creare una linea narrativa forte nella quale adagiare le altre vincitrici. Lo è per la bravura nel disporre i pezzi di passato, quali essi siano – fotografie, riprese, fumetti -, e proiettarli fisicamente sul presente, rendendo contemporaneo e interessante il narrato. Lo è, infine, per la voce di Lucia Mescino che dà voce alla protagonista e le rende così corpo oltreché immagine, o meglio, immagini, perché di un delizioso collage di un tempo andato si sta parlando.
Detto ciò, a onor di cronaca, quale fu il destino del concorso? Il concorso “Il film della nostra vita” ha un tale successo da essere protratto fino al 1942. A causa dell’avanzare della guerra, il film non fu mai realizzato. Almeno, fino a oggi.
Francesco Bonfanti – close-up.info
“Cipria è un film di fantasmi: tre donne italiane vissute durante il fascismo avevano raccontato le loro vite sperando potessero diventare un film, ma la guerra aveva spezzato il sogno. Di loro non avevamo nemmeno un’immagine: solo i racconti, ancora attuali, delle loro esistenze, che aspettavano da ottanta anni di essere visti ed ascoltati. La sfida è stata quella di visualizzare le loro storie con materiale di repertorio girato tra gli anni Venti e gli anni Quaranta e nuove riprese”
Giovanni Piperno