Texasville

Peter Bogdanovich

Anerene, Texas1984. Duane (Jeff Bridges), marito infedele e insoddisfatto arricchitosi con il petrolio ma coperto di debiti, e Jacy (Cybill Shepherd), mediocre attrice di ritorno dall’Italia, devono affrontare il torpore e la noia di una provincia texana segnata dal disagio esistenziale.

USA 1990 (125′)

Bogdanovich, dopo vent’anni, torna in quel Texas profondo e immobile che gli regalò la fama mondiale agli albori della New Hollywood con una pellicola che riprende gli stessi protagonisti de L’ultimo spettacolo (1971). Operazione rischiosa, in bilico tra la nostalgia e abuso di rendita, il film prosegue sugli stessi binari dello storico capitolo precedente, lasciando che l’aria paciosa e annoiata della cittadina texana prenda il sopravvento su una vera e propria storia, con il realismo della vita quotidiana che assurge a vero protagonista, tra vittorie e sconfitte del passato e contemplazione del presente…

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Nel 1984 la piccola cittadina di Amarene, in Texas, si appresta a festeggiare il suo centenario, benché del fiorente centro petrolifero di un tempo non sia rimasto che il ricordo. Gli unici promotori della festa sono il sindaco e il suo vecchio amico Duane Jackson, un petroliere sull’orlo della bancarotta, ormai stanco della vita che conduce. Sua moglie Karla lo tradisce apertamente e non perde occasione per discutere, i suoi figli non amano parlargli e lui, frustrato e annoiato, cerca distrazione in avventure fugaci e senza senso. Un giorno, però, qualcosa stravolge la routine del quotidiano: viene scoperto un nuovo e ricco pozzo petrolifero e arriva in città Jacy Farrow, la compagna di scuola di cui Duane è stato sempre innamorato. Jacy porta sul viso i segni del dolore per aver perso la sua famiglia e neanche l’incontro con il suo primo ragazzo può aiutarla a dimenticare. Sarà proprio la sua presenza, però, a aiutare Duane a ricominciare a vivere.

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Peter Bogdanovich, con questo film, torna sugli schermi dopo cinque anni di assenza. Lo fa col sequel dell’ormai mitico L’ultimo spettacolo. Al contrario del film del ’71 che era in bianco e nero, questa volta c’è giustamente il colore. Anarene, il paesino dove è ambientata la storia, non ha nessun tipo di attrattiva. Ritroviamo quasi tutti tranne Sam, interpretato da Ben Johnson, che era il proprietario del cinema. Qualcosa è cambiato, la facciata esteriore del luogo perlomeno, ma quasi tutto è rimasto uguale. I due amanti Duane e Jacy non riescono, nonostante la forte attrattiva, a stabilire un contatto. Lui è sposato con figli, lei è stata in Europa e si è “malamente” sposata. C’è anche il vecchio amico Sonny che ormai è cerebroleso. Una festa di paese è occasione per il buon umore generale che però nasconde l’ombra della rassegnazione. Senza voler fare paragoni col capolavoro del ’71 questo è un film che sa vivere di luce propria.

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Texasville, vent’anni dopo l’uscita de L’ultimo spettacolo (1971), il film che rese celebre l’ex critico cinematografico Peter Bogdanovich, un microcosmo in bianco e nero affondato dalla malinconia crudele di un’America maccartista e di un paesaggio difficile dall’immagine sogno (il cinema) a quello dell’incubo il salotto (la televisione). Quel ragazzino un po’ suonato, Billy, che amava spazzare le strade di Anarene, non potrà più togliere dalla città sprofondata nel Sud la polvere che seppellisce i suoi abitanti. È morto travolto da un camion e dopo trent’anni (dalla realtà filmica) i protagonisti de L’ultimo spettacolo si ritrovano sotto una patina più spessa che li fa disperare
Texasville è subito flop negli Stati Uniti anche perché la videocassetta del primo capitolo è stata distribuita in ritardo e il pubblico giovane non l’ha mai visto. Chi ricorda Duane Jackson (Jeff Bridges) innamorato della bella r smorfiosa Jacy Farrow (Cybill Sheperd) che seduce anche l’amico Sonny Crawford (Thimothy Bottoms) reso quasi cieco da un pugno del rivale? Ora molti degli ex liceali seppelliti ad Archer City (diventata Annarene per assonanza con Abilene, la città di Red River di Hawks) hanno fatto soldi con i pozzi di petrolio e vivono in tinozze all’aperto sparecchiando a bersagli casuali. Noia, noia e girare a vuoto. Anche le mille storie di sesso che incrociano le vite dei sopravvissuti – crudeli “incesti” con figli accidentali – non accendono scintille. Tutti lo fanno con tutti e qualcuno prende anche il fucile, ma poi spara la cuccia del cane con il desiderio di essere il cane e morire.

 

Un film che penetra maestoso e maledetto nel cuore di chi guarda. Niente nostalgia però, dice regista, ma sgradevole perquisizione nelle illusioni del “sogno americano”. Però quanta voglia di trasformazione affiorano nell’omai sfatto Duane e nei suoi amici. Tutti sono sul punto di piangere quando commettono crimini di vario genere. A cominciare da donne e bambini. Saccenti, corporative, pansessualiste le prime, e micidiali dispositivi di tutte le perversioni adulte i secondi. I due gemellini di Duane posano per foto porno (bimba) e lanciano mattoni nei cessi (bimbo). Il figlio maggiore, Dickie, spaccia droga per passatempo, si sposa e divorzia il giorno dopo, fa l’amante svaporato di tutte le signore di Anarene. Il padre guarda la moglie Karla e pensa sua moglie un tempo, Jacy, che non ha perso il fascino torbido e lo stuzzica. lo segue e lo tiene a bada. Di ritorno dall’Europa dove ha girato (in Italia) una sub-carriera di attrice in un film di Tarzan (!), Lucy divide la scena con Ruth (Cloris Laechman, Oscar per L’ultimo spettacolo) Genevieve (Eileen Brennan), Lester (Randy Quaid) e tutti si guardano desolati mentre distillano veleno. Solo l’ex ragazzino perdente, Sonny, ormai folle, guarda il cielo come se fosse uno schermo bianco dove si immagina film che nessuno più realizza. Tranne l’irriducibile Bogdanovich. Difficilmente si è visto tra i film recenti qualcosa di più acutamente doloroso e spietato nella messa in scena dei ricordi e pure così leggero, umoristico e incalzante. Infinita pietà per gli abitanti di Anarene, dove c’era un sogno, ma purtroppo non era quello giusto. Aveva il sapore di petrolio e successo- Il petrolio è finito e il successo non è mai arrivato. Per fortuna che i sogni (ancora per poco) non costano niente..

Mariuccia Ciotta – il Manifesto


>>L’ultimo spettacolo + Texasville<<

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