Le persone affette da Alzheimer si ritrovano molto spesso prive di coscienza e non riescono più ad avere una piena percezione di se stessi e/o della realtà circostante. Il documentario vede Paolo Ruffini attraversare l’Italia per confrontarsi con persone malate e con i loro cari, su cui si riflette il morbo non solo per il carico fisico, ma anche emotivo. Tante le storie che raccontano l’amore vero, quello che rimane anche quando la memoria ci abbandona.
Italia 2021 (76′)
“Io non so chi sei, ma so di amarti”
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, determinando decadimento fisico e cognitivo, perdita della memoria, della coscienza e della percezione del sé e della realtà. Paolo Ruffini attraversa l’Italia per intervistare persone affette dalla malattia di Alzheimer e i loro familiari, definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, che si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino della malattia. Dalla malattia di Alzheimer, ad oggi, non è possibile guarire, tuttavia è possibile curarla, nel senso di “prendersi cura” di chi si ama, e l’unica cura possibile è l’amore. Il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari. Attraverso le interviste si raccontano diverse storie d’amore, e soprattutto diverse dimensioni dell’amore: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle. In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece la memoria emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda.