Ninjababy

Yngvild Sve Flikke

Rakel ha 23 anni ed è più che indecisa su quale sarà il suo futuro: ogni opzione potrebbe essere quella buona. E quando scopre di essere incinta si ritrova con meno certezze di prima. La novità è destinata a stravolgere la sua vita, ma di certo non può ignorare quel ninjababy che cresce nella sua pancia…

 
Norvegia 2021 (103′)

Il nuovo film della regista norvegese Yngvild Sve Flikke è fresco, pieno di energia e soprattutto di una personalità tutta sua che lo rende impossibile da non consigliare, aggiungendosi alla schiera della sempre più apprezzata commedia norvegese contemporanea. Rakel è una ragazza norvegese di 23 anni che, come tante giovani della sua età, non sa cosa farà in futuro. Tra disegni e scarabocchi, dopo aver abbandonato la scuola di grafica le balenano in testa mille idee e, nell’attesa, si gode questa sua inquietudine tra feste varie, droghe e sesso occasionale. Quando si rende conto di essere incinta, non ci pensa due volte ad andare in clinica per abortire, ma scopre che il bimbo ha già sei mesi e non è più possibile: il piccolo, il cui padre non brilla certo per acume, deve nascere. La ragazza dovrà così rinunciare a tutto – ai propri sogni, a un nuovo ragazzo dolce e innamorato e a tanto altro – e rimettere in ordine le sue priorità, nonché confrontarsi con tutte le proprie incertezze (…) Ninjababy riesce a deviare dai binari noti, brillando per originalità e contemporaneità nel raccontarla. L’esempio perfetto è l’animazione che va a intrecciarsi con il film vero e proprio: il feto di Rakel prende vita dai suoi disegni e diventa l’occasione di confronto interiore sulla faccenda. La trovata non è certo inedita, ma risulta simpatica, intelligente, delicata e mai invasiva, il perfetto contrappunto d’introspezione a cui è dedicato il giusto minutaggio senza mai prendere il sopravvento sulla pellicola, ma anzi restituendo grande personalità e vitalità non solo alla protagonista (che ne ha da vendere) ma all’intero film.

Può essere visto come un Juno più attuale, ambientato in un paese dove la sanità gratuita non è un miraggio, ma Ninjaboy è più che fresco, brillante e puntuale. In primo luogo proprio grazie alla sua protagonista Rakel, personaggio alla moda (quella vera) persa tra mille pensieri e indecisioni, onesta, diretta, irriverente e addirittura volgare se serve. In secondo luogo grazie alla sua assenza di retorica che, su una questione così tanto discussa, merita un plauso. Il problema finalmente è lo sperma e non il bambino: attraverso una storia vera (e, soprattutto, sensata, senza che sia necessario esporre maschilismo, indipendenza e falsi pietismi in maniera didascalica e innaturale) si può raccontare che non volere figli è una cosa normale. Rakel semplicemente non è interessata al suo bambino, nemmeno dopo averlo tenuto in braccio per giorni, e tutto questo può essere raccontato.

Pietro Guerrini – today.it

…Ninjababy affronta le insicurezze e soprattutto la viltà che attanaglia le ultime generazioni senza inserirle forzatamente in un contesto di puro progressismo, come invece è accaduto al suo compatriota Trier con La persona peggiore del mondo, ponendosi perfettamente in bilico tra il cinema più socialmente “impegnato” e quello più immaginifico. Rakel, ragazza di 22 anni colma di sogni ma sempre tendente al più sfrenato fancazzismo, ad un certo punto scopre di essere incinta, facendo fin da subito molta fatica ad accettare questa nuova fase della sua vita. Per tutta la prima parte, Flikke gioca moltissimo col nascondere la gravidanza attraverso le cospicue perplessità personali e momenti d’intima fugacità, facendo del pancione non una questione fisica bensì una condizione puramente mentale. La maternità nuovamente posta non come un aspetto imprescindibile della vita di una donna ma come uno step che solo col tempo e la predisposizione può progredire senza troppi intoppi. E Rakel è un po’ il simbolo del rifiuto giovanile dell’inserimento forzato negli schemi dell’affettività, ponendosi spesso anche in maniera egoistica e scorretta nei confronti del futuro figlio, raffigurato come uno schizzo da cestinare. E se raccontare ciò attraverso i codici del cinema del reale poteva inavvertitamente edulcorare il banco di prova di Ninjababy, l’intuizione di farli incrociare con una rivisitazione fumettistica e dissacratoria dell’immaginazione creativa porta la commedia norvegese a ragionare a più strati sulle innumerevoli possibilità di esplorazione del rifiuto materno e sulla ricerca a circuito chiuso di un senso d’indipendenza che oramai sembra non esistere più.

Lorenzo Levach – sentieri selvaggi.it

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