Italia 1600. Michelangelo Merisi è un artista geniale e ribelle nei confronti delle regole con cui il Concilio di Trento tracciava coordinate esatte nella rappresentazione dell’arte sacra. Saputo che Caravaggio usava nei suoi dipinti sacri prostitute, ladri e vagabondi, Papa Paolo V decide di commissionare a un agente segreto del Vaticano, l’Ombra, una vera e propria indagine, per decidere se concedere la grazia al pittore su cui pendeva la sentenza di condanna a morte per aver ucciso in duello un suo rivale in amore.
Italia 2022 (120′)
È un ritratto intimo e violento quello che Michele Placido tratteggia per descrivere Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio, un artista che ha fatto delle luci e delle ombre, tanto nella sua arte quanto nella sua vita, un marchio di fabbrica e che ne L’Ombra di Caravaggio cerca di svincolarsi dal mito per andare a fondo sulla sua storia. Il film, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, esplora, infatti, l’intricata e avventurosa esistenza di Caravaggio soffermandosi sulle contraddizioni e sul tormento del suo animo più segreto. Ribelle e inquieto, devoto e scandaloso, indipendente e trasgressivo, il Caravaggio che Placido mette in scena è un artista maledetto dal talento assoluto ma, soprattutto, una rockstar ante litteram, un rebel without a cause costretto ad affrontare gli inquietanti risvolti di una vita spericolata – con le sue donne e i suoi demoni – in cui genio e sregolatezza convivono per regalarci un personaggio fuori dal tempo. Siamo nell’Italia del 1600. Michelangelo Merisi è un artista geniale che non nasconde la sua ostilità nei confronti di alcune regole dettate dal Concilio di Trento, in modo particolare quella che traccia le coordinate esatte per la giusta rappresentazione dell’arte sacra da parte di pittori e scultori. Dopo aver appreso dell’utilizzo nelle sue opere di ladri, prostitute, e vagabondi, Papa Paolo V decide di commissionare a un agente segreto del Vaticano, conosciuto come Ombra, una vera e propria indagine per decidere se concedere o meno la grazia che il pittore continua a chiedere dopo la sentenza per aver ucciso in duello un suo rivale in amore. L’Ombra di Caravaggio ha, così, una duplice valenza: rappresenta sia il lato oscuro che Placido sente di voler mettere in scena, ma anche il nome dell’investigatore che avvia le sue attività di inchiesta e spionaggio per capire qualcosa di più sul pittore (…) Un piccolo gioiellino che speriamo vedano i ragazzi delle scuole, trovando una qualche affinità con un uomo che ha lottato con le unghie e con i denti per difendere le sue idee e portare avanti la sua arte.
Mario Manca – vanityfair.it
A quale tipo di Inquisizione sarebbe sottoposto Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, se vivesse nei nostri giorni? Forse quella del politicamente corretto? E per quali battaglie si immolerebbe il pittore? A rispondere a questi interrogativi Michele Placido, autore e regista del film L’ombra di Caravaggio, che ha dichiarato che oggi il pittore, secondo lui, si schiererebbe dalla parte dei più poveri, scegliendo di fare il reporter di guerra per cogliere l’attimo del presente. Da qui la sua urgenza di girare questo film che riporta all’attenzione del grande pubblico la figura attuale di Caravaggio, artista e uomo che, rivoluzionando la pittura, ha cambiato il modo di concepire la rappresentazione del sacro. Il desiderio che ha portato alla nascita del film ha una maturazione antica, Placido ne concepisce il seme più di 50 anni fa all’ombra della statua di Giordano Bruno a Roma. Ventenne, appena arrivato nella capitale per recitare a teatro, scopre nelle chiese romane i dipinti di Caravaggio e la sua affascinante storia di artista fuori dal tempo. Era il ‘68, periodo di ideali, quando gli artisti si incontravano a Piazza Campo de’ Fiori per costruire il futuro senza bruciare il passato. Placido immagina un incontro tra Caravaggio e Giordano Bruno: è il seme del film. Ma manca l’idea per la sceneggiatura che arriva solo cinque anni fa, grazie alle penne di Sandro Petraglia e Fidel Signorile che, insieme al regista, hanno dato forma alla storia di questo ultimo Caravaggio cinematografico, interpretato da Riccardo Scamarcio. Il film è ambientato nell’Italia del XVII secolo, dove Caravaggio era conosciuto sia per la sua arte che per il suo carattere irruento. Dopo essere stato condannato a morte per aver commesso un omicidio a Roma, fugge dal suo destino rifugiandosi a Napoli. Chiede la grazia a Papa Paolo V, il quale commissiona all’agente segreto del Vaticano, chiamato Ombra e interpretato da Louis Garrel, di raccogliere informazioni su di lui. La ricostruzione della sua vita avviene attraverso i ricordi delle persone che lo avevano incontrato. L’agente scopre che molti di loro avevano posato per i suoi dipinti di santi e vergini, non rispettando le regole del Concilio di Trento sulla rappresentazione dell’arte sacra: per prostitute, ladri e vagabondi, protagonisti dei suoi dipinti, non c’era spazio nell’immaginario, ieri come oggi. Ombra lo giudica artista blasfemo e lo condanna a morte. Gli spettatori assistono alla sua uccisione inermi sprofondando nelle poltroncine del cinema, interrogandosi sull’eterna dicotomia tra il bene il male e sul valore del “vero” nella società contemporanea dove il sacro è il grande assente. Alla continua ricerca di anestetizzanti per non sentire il dolore, si sfugge dalla sofferenza e dall’umanità della realtà e ci si immedesima in Ombra, desiderando contraddittoriamente essere liberi, trasgressivi e talentuosi come Caravaggio.
L’autenticità è la cifra del film, declinata anche nei costumi di Carlo Poggioli confezionati da 20 sarte, nelle dettagliate scenografie di Tonino Zera ricreate a Cinecittà, nella scelta delle locations. Grazie all’ospitalità della Curia napoletana, Malta e molte chiese romane sono state ricostruite a Napoli, dove si è girato per circa un mese, all’interno di chiese barocche, tra cui Santa Maria la Nova, Santa Maria del Purgatorio ad Arco, Donnaregina e Santi Severino e Sossio. I dipinti di Caravaggio, dalla Crocifissione di San Pietro, alla testa di Medusa, all’Amor vincit omnia, sono stati duplicati con delle tecniche che hanno riprodotto il caratteristico chiaroscuro caravaggesco. Ma non vediamo mai Caravaggio dipingerli perché secondo Placido non aveva uno sguardo da pittore ma da regista teatrale, e sceglie di inquadrarlo mentre crea le sue mise en scène.
Lorenza Fruci – insideart.eu