La promessa – Il prezzo del potere

Thomas Kruithof

Clémence, impavido sindaco della periferia parigina si è sempre spesa per la comunità, afflitta da disuguaglianze, disoccupazione e povertà. Ora, allo scadere del suo mandato, riceve l’offerta della carica di Ministro. La sua integrità politica e le promesse elettorali come sopravvivranno alle nuove aspirazioni?

 

Les promesses
Francia 2021 (98′)


Opera seconda di Thomas Kruithof dopo il noir La meccanica delle ombre, Les promesses mette in campo sin dal titolo le parole della politica, il loro peso specifico e la loro dimensione simbolica. Sono le parole, in particolare, di Clémence (Isabelle Huppert), che prima di completare il secondo – e ultimo, come ha promesso – mandato come prima cittadina vorrebbe ottenere un cospicuo finanziamento per riqualificare un complesso abitativo allo sfacelo, minato dalle carenze strutturali e da sfruttatori senza scrupoli. Al suo fianco, il devoto capo dello staff Yazid (Reda Ketab, una faccia che è la cartografia di un mondo), che in una di quelle case ai margini ci è nato e da lì se ne è andato. Un sodalizio strettissimo, in un certo senso rappresentazione del rapporto di fiducia costruito dalla sindaca con i cittadini che le riconoscono impegno e dedizione, che però viene messo alla prova quando Clémence si lascia sedurre dalla prospettiva di diventare ministro.


Come un altro film francese dedicato alla politica e ai suoi meccanismi, l’ottimo Alice e il sindaco, Le promesses è una riflessione sul senso del fare politica (anche) nella Francia di Macron – il giovane capo di gabinetto ne è l’immagine visivamente efficace; il navigato tecnocrate ne è quella meno esposta ma sempre presente – e, più in generale, nell’Europa in affanno nel dialogare con i popoli che la compongono. Con un atto per certi versi davvero controcorrente rispetto ai venti che soffiano più forti, Kruithof – che ha scritto il film con Jean-Baptiste Delafon – fa della politica un affresco complesso e stratificato ma pieno di ammirazione, riuscendo a tradurre l’impianto teorico in una narrazione ben congegnata, pur con qualche caduta nel ritmo. E lo fa senza mai sconfinare nel santino, anzi mettendo in luce gli aspetti anche spigolosi e perfino urticanti dei due personaggi principali, dagli sguardi di Clémence travolta dal desiderio di potere agli istanti in cui Yazid perde il controllo tornando il giovane nato e cresciuto nelle banlieue. È anche la storia di un’amicizia insolita tra due idealisti che fanno di tutto per non apparire più puri e visionari: e in questo film spesso grigio e plumbeo, l’unico raggio di sole verso il finale annuncia la fine di un cammino e l’inizio di un nuovo corso.

Lorenzo Ciofani – cinematografo.it

Il film di Thomas Kruithof si muove a piedi, avanti e indietro, tra il centro e la periferia, tra i ristoranti affollati dei pranzi di lavoro e le sale gremite dall’assemblea dei condomini: è la traiettoria di un ponte in lenta costruzione, quotidianamente minacciato di sabotaggio. Le telefonate, invece, viaggiano veloci, e arrivano fino all’Eliseo, ma quello che interessa a Kruithof è un pedinamento, sulle tracce di quella politica locale che è fatta ancora di sentimenti, di conoscenza diretta, di preoccupazioni reali, oltre che di strategia, di scambi di favori e di arte della retorica. Anche la tentazione di Clémence, cioè la lusinga dell’ambizione, che complica presto e volutamente il racconto e il suo personaggio, è vista attraverso la lente della crisi di identità anziché del lavorìo del potere; una lente che, pur non edulcorando le conseguenze, rende conto, senza ideologismi, anche del suo essere donna. Nella fotografia in movimento del mestiere della politica (locale ma non solo), non mancano i luoghi comuni, le scarpe di lusso da un lato, la facilità alla violenza dall’altro, ma è proprio in quanto luoghi comuni, e cioè verità apparenti, che questi elementi hanno posto nel film. Ciò che è più interessante, invece, e merita di essere testimoniato dalla cinepresa, è il ruolo del dialogo. Cinema e politica si incontrano, con perizia e leggerezza, sul terreno artistico della negoziazione verbale. Da questo scambio, occhi negli occhi, dipende la capacità di farsi ascoltare, di farsi credere, sullo schermo come dentro la cucina di un appartamento occupato.

Marianna Cappi – mymovies.it

 

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