Newcastle, 1961. Kempton Bunton, un combattivo tassista sessantenne, è impegnato a lottare per i diritti dei pensionati e dei veterani. Tra una protesta per abolire il canone televisivo e l’altra, decide di rubare il ritratto del Duca di Wellington, firmato da Francisco Goya, e chiedere come riscatto maggiori investimenti a favore degli anziani da parte del governo.
The Duke
Gran Bretagna 2020 (96′)
Roger Michell, regista britannico famoso soprattutto per il suo Notting Hill, spartiacque nel genere delle commedie romantiche, torna dietro la macchina da presa per raccontare un divertente e poco conosciuto episodio avvenuto nell’Inghilterra degli anni Sessanta. Partendo da una storia vera, tornata a galla a distanza di cinquant’anni, Michell dirige un film calibrato, che ha il pregio di non scadere in eccessive banalità e di mantenere un buon ritmo per tutta la durata. Nonostante non ci si trovi davanti a un prodotto di grande originalità, infatti, va riconosciuta al regista la buona padronanza del mezzo e la capacità di non strafare: il film, un po’ commedia, un po’ opera impegnata e un po’ heist movie per la terza età, non ha una virgola di troppo né un attimo di calo. La sceneggiatura, dinamica e condita di perfetti siparietti ricchi di british humor, è firmata da Richard Bean e Clive Coleman che costruiscono personaggi leggeri e pieni di umanità, interpretati da un cast in forma smagliante: dai due protagonisti, Jim Broadbent ed Helen Mirren, a tutti i comprimari, l’intero ensemble diverte e si diverte, dando vita a un’ora e mezza di intrattenimento più che godibile.
longtake.it
…La storia è vera, a darne un resoconto cinematografico è Roger Michell, regista sudafricano d’origine e inglese per domicilio professionale, celebre soprattutto per Notting Hill (1999). Dalla sua la sceneggiatura di ferro e ironia – le battute si sprecano – di Richard Bean e Clive Coleman, e un cast davvero formidabile: oltre a Broadbent, strepitoso e spassoso, Helen Mirren, cui tocca un perfetto contrappunto nei panni della moglie di Kempton Dorothy, nonché Fionn Whitehead, Matthew Goode, Anna Maxwell Martin. Per Michell “nella grande tradizione delle Ealing Comedies (le commedie brillanti a voltaggio satirico e sociale girate agli Ealing Studios londinesi a ridosso della seconda guerra mondiale, NdR), mostra un uomo semplice che parla apertamente ai potenti”.
Il registro è lieve, lo sguardo scanzonato, il mood canzonatorio, eppure The Duke mette in fila temi pesanti e pensanti, dalla discriminazione razziale al lutto familiare, dalla sperequazione sociale al bene comune, dalla tutela dei più deboli, quagli gli anziani, alla criminalità giovanile, senza elogiare il populismo bensì la collettività. Un film riconciliante, che mette alla sbarra – l’epilogo in corte è superlativo – buonumore e diffonde filantropia e umanesimo: mantiene quel che promette, e pure qualcosa in più, complici i tempi comici di Broadbent e Mirren, la cura nelle scenografie e i costumi, una regia che utilizza lo splitscreen come i mattoni di Bunton, nel senso dell’unione fa la forza. E l’umanità.
Federico Pontiggia – cinematografo.it
Se avete voglia di un film leggero, divertente, ma non banale; una commedia che racconti un episodio straordinario, un furto al quale nessuno vorrebbe davvero credere, in cui lo spasso è intelligente, la sceneggiatura perfettamente oliata e gli interpreti straordinari; insomma uno di quei film dai quali si esce soddisfatti, sapendo di avere visto tutto sommato solo una cosuccia di quelle che non definiresti mai imperdibile ma che non ti fa rimpiangere il tempo perso, Il ritratto del duca è indubbiamente una scelta azzeccata. Siamo alla National Gallery di Londra, anno 1961. Kempton Bunton fa il tassista. Ha una sessantina d’anni, non è proprio il padre di famiglia perfetto e soprattutto ha il fiuto per le cause perse, specie se a favore di poveri e pensionati. Proprio per venir loro incontro passò brillantemente alla cronaca come il ladro più estemporaneo e filantropo della storia dei furti, quando riuscì a eludere la sorveglianza e a sottrarre al prestigioso museo britannico il celebre quadro di Francisco Goya, noto come il “Ritratto del Duca di Wellington”, chiedendo come riscatto iniziative economiche a favore dei pensionati, a cominciare dall’abolizione del canone televisivo.
Deliziosa commedia brillante, che altri troveranno piuttosto scontata e classicamente paludata sulla forza consolidata del buon cinema inglese, che il regista sudafricano Roger Michell, al suo ultimo film prima di morire, al contrario, ravviva con una buona energia e un senso ironico delle apparenze e delle sicurezze. Ne esce un ritratto spassoso di un uomo capace non solo di beffare tutto l’apparato investigativo, ma cosciente di essere in qualche modo destinato a scrivere una delle pagine più sarcastiche dei sistemi di sorveglianza, non solo dei musei. Non senza un piccolo colpo di scena finale, la storia è tutta raccolta nella bravura di Jim Broadbent (si vedano le fasi processuali), al quale si offre da spalla, quasi silenziosa e mesta, la sempre godibile Helen Mirren, qui nei panni di moglie e madre, travolta dagli eventi, prima che il tutto si chiuda con un verdetto sensato al processo e una mezza lacrima.
Adriano De Grandis – ilgazzettino.it