Senza lasciarsi intimidire dall’ancora notevole influenza che l’esercito aveva sulla loro fragile, nuova democrazia, nell’Argentina del 1985 Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo formarono un giovane team legale di improbabili eroi per indagare e perseguire i responsabili della fase più sanguinosa della dittatura militare del loro Paese. Un cinema appassionato e appassionante.
Argentina 2022 (140′)
VENEZIA – Nonostante la giovane età (41 anni) il regista argentino Santiago Mitre ha già partecipato e ricevuto premi in svariati festival europei, dalla Quinzaine e la Semaine de la critique di Cannes a Locarno, e sempre con film di grande impegno civile e sociale; da El estudiante (2002), sui moti studenteschi degli anni 70, a Paulina al più recente El Presidente, sui meccanismi delle alte sfere della politica.
Quest’anno, con Argentina 1985, in concorso, alza il tiro su quello che è il tragico culmine (a parte la epopea peronista) della travagliata storia del suo paese nella seconda metà del novecento: la sanguinaria, abietta dittatura che governò la nazione dal ‘76 all’83 ad opera dei folli vertici militari delle tre armi, i quali, col pretesto della lotta al comunismo e al terrorismo ridussero un paese da sempre democratico ad un mattatoio. Si scatenò una caccia all’uomo indiscriminata contro chiunque (studenti, operai, intellettuali) manifestasse una qualche opposizione al regime; arresti illegali, torture, stupri, esecuzioni sommarie, fino alla eliminazione fisica dei prigionieri (i cosiddetti ‘desaparecidos’) che venivano gettati nell’oceano, a volte ancora vivi, con i tristemente famosi voli della morte.
Gli argentini, attoniti e incapaci di ribellarsi, la definirono da subito la ‘guerra sucia’, sporca; si arrivò alla vergogna di togliere i neonati alle partorienti per affidarli a famiglie di provata fede governativa. Ultimo crimine della giunta (e causa determinante della sua caduta) fu poi nel 1982 la sciagurata impresa della guerra delle Falkland, scatenata per tenere a bada l’opinione pubblica ormai in rivolta e conclusasi con la morte di duemila soldati e marinai di leva.
Ma nel 1985, ristabilita la democrazia con la elezione del presidente Alfonsin, il popolo argentino, con in testa le famose madri della Plaza de Mayo che vogliono sapere cosa sia successo ai loro figli scomparsi, ottiene che i generali colpevoli vengano chiamati a rispondere dei loro crimini.
Il film di Mitre è appunto questo: la cronaca della istruzione e svolgimento di un processo che prima di tutto era un fatto inedito nella storia della umanità; Mai prima di allora un tribunale civile era riuscito a sottoporre a giudizio (e condannare) dei militari di alto rango come i generali Videla, Gualtieri, Viola, Massena e altri che si erano succeduti alla testa della giunta. E sempre concedendo il diritto alla difesa. L’incarico di indagare, trovare le prove , istruire il processo e soprattutto indurre a testimoniare i pochi superstiti e gli spaventati parenti delle vittime è affidato al procuratore Julio Strassera (il solito superlativo Ricardo Darin), coadiuvato dal giovane debuttante Luis Moreno Ocampo (l’altrettanto efficace Peter Lanzani). Impresa titanica: logicamente l’ambiente militare esercita ancora grande influenza sulla società’, i media non prendono apertamente posizione, la paura regna sovrana.Di fronte al defilarsi di molti colleghi, i due dovranno costruirsi un team di giovanissimi avvocati, entusiasti ma inesperti, i quali però nel giro di due anni riescono ad istruire il processo.
Argentina 1985 è, se vogliamo, un court movie come nella migliore tradizione americana, ma con momenti di estrema drammaticità, sopratutto nella sfilata delle madri-testimoni (le vittime erano tutte giovanissime) nonché nella protervia con cui gli imputati negano ogni imputazione e anzi si vantano di aver agito in difesa della “democrazia“. (D’altra parte era l’epoca della cosiddetta Operazione Condor, ispirata dagli Stati Uniti, che condusse a risultati simili anche in Brasile e in Cile con Pinochet). Mitre però intelligentemente, per abbassare la tensione (e rendere più scorrevoli i 140 minuti di durata del film ), alterna le scene della tetra aula del tribunale ad altre della vita familiare di Strassera, con la moglie e i figli spaventati ma partecipi (abbiamo visto qualcosa di simile recentemente in tv nel biopic sul giudice Borsellino), oppure le visite al vecchio amico giudice in pensione da cui cerca consiglio e conforto. Dall’altra parte, vi sono gli incontri del suo assistente Ocampo con la madre alto borghese che, come la maggior parte degli argentini, per anni ha finto di non vedere e non capisce tanto accanimento e anzi si vanta di essere andata a messa ogni domenica nella stessa chiesa frequentata da Videla.
La scena clou, che scatena l’applauso (in platea a Venezia così come era accaduto in aula a Buenos Aires) è la commovente lettura dell’arringa da parte di Strassera: “Nessuno nega ad un governo, qualunque esso sia, il diritto di difendersi; ma questo deve essere fatto nelle forme e nei modi della Legge. Lo Stato è di per se un ente morale e non può esercitare alcuna forma di vendetta o sadismo ne dichiarare guerra ad una parte consistente dei suoi cittadini…” – “Nunca mas” (mai più) sono le sue ultime parole. Segue la lettura della sentenza, che condannò la maggior parte degli imputati a lunghe pene detentive, Videla e Massera all’ergastolo.
Giovanni Martini – MCmagazine 76